09 ottobre 2009
Aggiornamenti e focus
Il colesterolo può diventare un alleato
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Bollato con il marchio di nemico del cuore e delle arterie, il colesterolo è stato oggetto di aspre battaglie a colpi di farmaci molto efficaci e di campagne informative che lo hanno definito "cattivo". In realtà, cattiva è solo una parte del colesterolo circolante, quello legato alle lipoproteine a bassa densità (LDL) da cui la definizione di colesterolo-LDL, ed è contro questo che la ricerca e la clinica si sono impegnate raccogliendo successi che si traducono in meno infarti, meno eventi cardiovascolari e meno mortalità.
Tuttavia gli esperti fanno notare che, nonostante si riesca ad abbattere buona parte (25-40%) del rischio relativo, esiste ancora una quota cospicua di pazienti che resta esposto al rischio di eventi cardiovascolari. Su questo rischio, definito "rischio residuo", è stato condiviso un documento, realizzato dalla Società italiana di terapia clinica e sperimentale (SITeCS), che spiega dove si annida e chi vi è maggiormente esposto. Tutti gli studi hanno messo in evidenza che alla base del rischio cardiovascolare associato all'alterazione dei livelli di grassi nel sangue (dislipidemie), va considerato un profilo lipidico complesso e che, anche quando i valori di colesterolo-LDL sono stati corretti, bassi livelli di colesterolo-HDL e alti livelli di trigliceridi possono spiegare il rischio residuo di eventi, fatali e non. Tuttavia, mentre per il colesterolo-LDL esistono dati clinici certi che considerano già buono un valore di 130 mg/dl, per ora ci sono solo evidenze epidemiologiche che raccomandano che i livelli di colesterolo-HDL siano superiori a 45mg/dl per l'uomo e a 50mg/dl per la donna, e i livelli di trigliceridi siano inferiori a 150mg/dl.
Al di là dei farmaci che hanno dimostrato efficacia nel ridurre la colesterolemia-LDL, che deve restare l'obiettivo primario nel controllo delle dislipidemie, quelli oggi disponibili per aumentare il colesterolo HDL hanno dimostrato di ridurre le lesioni nelle arterie coronariche prodotte dall'aterosclerosi, suggerendo una riduzione della mortalità per eventi cardiovascolari. Anche il controllo dei trigliceridi può essere in parte affidato a terapie con farmaci, quando la dieta non riesce a ottenere un cambiamento favorevole nel livello di trigliceridi. Di certo è stato dimostrato che l'aumento dell'attività fisica, intesa anche come camminare per 30 minuti quattro volte alla settimana, ha un impatto favorevole sui livelli di colesterolo-HDL. Come pure il consumo moderato di alcol, aspetto su cui è tuttora aperta una controversia sull'opportunità del consiglio per alcune persone e sul tipo di alcol da consumare. Resta, inoltre, un validissimo strumento di prevenzione primaria il consumo di acidi grassi della serie omega-3 i cui effetti positivi sul profilo del colesterolo-HDL sono stati ampiamente dimostrati. Consumare pesce grasso, meglio di piccola taglia per scongiurare il pericolo di contaminazione da mercurio, rappresenta un modo efficace per assicurarsi la quota corretta dose di omega-3, con un'elevata biodisponibilità. Sono utili anche per ridurre la mortalità post-infarto, solo che per questi pazienti servono dosaggi maggiori che sono raggiungibili solo con integratori. Le motivazioni dei benefici e dei danni, associate al profilo lipidico vanno ricercate nei meccanismi biologici in cui queste molecole intervengono: per i trigliceridi, per esempio, è noto un ruolo nel facilitare l'insorgenza e il mantenimento di uno stato infiammatorio, che favorisce l'aterosclerosi. Inoltre, stanno emergendo evidenze che legano l'azione "antiaterosclerotica" del colesterolo-HDL, non solo alla funzione di trasporto del colesterolo verso il fegato per eliminarlo, ma anche ad attività antinfiammatoria e di stimolo della produzione di cellule progenitrici endoteliali, le cellule deputate al rinnovo di parte (endotelio) della parete del vaso sanguigno.
Simona Zazzetta
Consensus SITeCS: "Il rischio residuo nelle dislipidemie: ruolo delle lipoproteine ad alta densità e dei trigliceridi plasmatici"
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