05 dicembre 2021
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Disturbi gastrointestinali, peggiorati con smartworking
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Tre italiani su quattro soffrono abitualmente di almeno un disturbo gastrointestinale: una tendenza in aumento dovuta alla pandemia e allo smartworking (47,8% nel 2019 vs 56,0% nel 2021), in particolare nella fascia di età 25-34 e per gestirli ricorrono a farmaci di automedicazione (40,0%) o curano la propria alimentazione (49,3%). È quanto emerge da una ricerca condotta da Human Highway per Assosalute, presentata oggi in occasione dell'evento stampa "Disturbi gastrointestinali e Covid-19: quali impatti?".
Secondo la ricerca, gli adulti che a causa della pandemia lavorano in smartworking, con più frequente accesso a snack e una accresciuta irregolarità dei pasti, e i giovani che, limitati nelle interazioni sociali, hanno riversato stati di ansia e solitudine anche nell'approccio con il cibo. Del resto, «se l'apparato digerente viene definito come un "secondo cervello", tutto ciò che incide sulla nostra vita può avere ripercussioni in ambito digestivo - spiega Attilio Giacosa, gastroenterologo e docente presso l'Università di Pavia. - I dati raccolti durante il primo lockdown evidenziano come circa il 17% degli intervistati ha avuto una riduzione dell'appetito, mentre, al contrario, il 34% ha manifestato un aumento del senso di fame e del desiderio di cibo, con un 48% che ha aumentato il peso corporeo. Queste variazioni di peso hanno portato sia a maggiori difficoltà digestive, sia ad alterazioni delle funzioni intestinali».
Questi fenomeni sono fortemente condizionati dalla sedentarietà (47,5%), che ha influenzato non solo l'appetito ma anche la funzionalità di stomaco e intestino. Conseguenza diretta è il presentarsi di sintomi come gonfiore, dolore e fastidio addominale, associati o separati rispetto alle difficoltà digestive. Anche fattori psicologici, ovvero stress e ansia (62,7%), soprattutto tra le donne, «hanno avuto un impatto sulla funzione digestiva, determinando l'attivazione di squilibri nella interconnessione della testa con la pancia». Il Professor Giacosa segnala anche comprovate connessioni tra l'infezione da SARS-CoV-2 e le alterazioni del microbiota intestinale: «Il virus può portare a effetti negativi per gli equilibri della flora intestinale, sia nella sede del colon che nell'intestino tenue. Ciò assume importanza rilevante per lo sviluppo di sintomi importanti, come il SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth), ovvero l'aumento di batteri nel piccolo intestino, che può determinare gonfiore, sensazioni di malessere, tensione addominale, irregolarità delle funzioni intestinali, nervosismo, accentuazione della percezione negativa del proprio corpo».
Il comportamento degli italiani e i consigli dell'esperto
Rispetto al periodo pre-pandemico e nel caso di insorgenza di disturbi gastro-intestinali, gli italiani fanno sempre più frequentemente riferimento al medico di base, attenendosi alle sue indicazioni (44% del campione), con il 24,1% degli intervistati che si rivolge al farmacista e segue il suo consiglio. Come rimedi, gli italiani, soprattutto le donne, ricorrono abitualmente ai farmaci di automedicazione (40,0%), curano la propria alimentazione (49,3%) e utilizzano i tradizionali "rimedi della nonna" (31,6%). La scelta dei farmaci da banco è guidata dai sintomi: «Se si soffre di disturbi come bruciore, acidità, dolore alla bocca dello stomaco, sensazione di pienezza, nausea e vomito, diarrea e stitichezza per la parte intestinale, esiste una serie di farmaci di automedicazione che interviene sui sintomi, come gli antiacidi, gli antigas (i cosiddetti adsorbenti intestinali) contro il gonfiore e i procinetici che aiutano lo svuotamento gastrico - afferma il Professor Giacosa. - È sempre bene, tuttavia, monitorare la situazione: se il dolore persiste, se il vomito non si arresta e in caso di perdita di sangue, sia per bocca che per via rettale, è indicato contattare il proprio medico».
Fonte: Farmacista33
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Pandemia e smartworking: troppi snack e pasti irregolari
Secondo la ricerca, gli adulti che a causa della pandemia lavorano in smartworking, con più frequente accesso a snack e una accresciuta irregolarità dei pasti, e i giovani che, limitati nelle interazioni sociali, hanno riversato stati di ansia e solitudine anche nell'approccio con il cibo. Del resto, «se l'apparato digerente viene definito come un "secondo cervello", tutto ciò che incide sulla nostra vita può avere ripercussioni in ambito digestivo - spiega Attilio Giacosa, gastroenterologo e docente presso l'Università di Pavia. - I dati raccolti durante il primo lockdown evidenziano come circa il 17% degli intervistati ha avuto una riduzione dell'appetito, mentre, al contrario, il 34% ha manifestato un aumento del senso di fame e del desiderio di cibo, con un 48% che ha aumentato il peso corporeo. Queste variazioni di peso hanno portato sia a maggiori difficoltà digestive, sia ad alterazioni delle funzioni intestinali».
Sedentarietà, stress e ansia pesano su stomaco e intestino
Questi fenomeni sono fortemente condizionati dalla sedentarietà (47,5%), che ha influenzato non solo l'appetito ma anche la funzionalità di stomaco e intestino. Conseguenza diretta è il presentarsi di sintomi come gonfiore, dolore e fastidio addominale, associati o separati rispetto alle difficoltà digestive. Anche fattori psicologici, ovvero stress e ansia (62,7%), soprattutto tra le donne, «hanno avuto un impatto sulla funzione digestiva, determinando l'attivazione di squilibri nella interconnessione della testa con la pancia». Il Professor Giacosa segnala anche comprovate connessioni tra l'infezione da SARS-CoV-2 e le alterazioni del microbiota intestinale: «Il virus può portare a effetti negativi per gli equilibri della flora intestinale, sia nella sede del colon che nell'intestino tenue. Ciò assume importanza rilevante per lo sviluppo di sintomi importanti, come il SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth), ovvero l'aumento di batteri nel piccolo intestino, che può determinare gonfiore, sensazioni di malessere, tensione addominale, irregolarità delle funzioni intestinali, nervosismo, accentuazione della percezione negativa del proprio corpo».
Il comportamento degli italiani e i consigli dell'esperto
Rispetto al periodo pre-pandemico e nel caso di insorgenza di disturbi gastro-intestinali, gli italiani fanno sempre più frequentemente riferimento al medico di base, attenendosi alle sue indicazioni (44% del campione), con il 24,1% degli intervistati che si rivolge al farmacista e segue il suo consiglio. Come rimedi, gli italiani, soprattutto le donne, ricorrono abitualmente ai farmaci di automedicazione (40,0%), curano la propria alimentazione (49,3%) e utilizzano i tradizionali "rimedi della nonna" (31,6%). La scelta dei farmaci da banco è guidata dai sintomi: «Se si soffre di disturbi come bruciore, acidità, dolore alla bocca dello stomaco, sensazione di pienezza, nausea e vomito, diarrea e stitichezza per la parte intestinale, esiste una serie di farmaci di automedicazione che interviene sui sintomi, come gli antiacidi, gli antigas (i cosiddetti adsorbenti intestinali) contro il gonfiore e i procinetici che aiutano lo svuotamento gastrico - afferma il Professor Giacosa. - È sempre bene, tuttavia, monitorare la situazione: se il dolore persiste, se il vomito non si arresta e in caso di perdita di sangue, sia per bocca che per via rettale, è indicato contattare il proprio medico».
Fonte: Farmacista33
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