03 novembre 2022
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Effetto yo-yo: perché si recuperano i chili persi?
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Al congresso della Società Europea di Endocrinologia Pediatrica (ESPE) si è discusso del cosiddetto "effetto yo-yo" cioè l'alternarsi tra gli sforzi di perdere chili di peso per vederli poi riguadagnarli velocemente.
Se la perdita di peso è rapida, entro le 24 settimane, gli ormoni intestinali, come ad esempio la grelina, inviano forti segnali di sazietà al cervello dopo un pasto, il desiderio di mangiare non precipita. Questo perché le aeree cerebrali non riescono a rimodulare il senso della fame di pari passo all'intestino. Così la fase di mantenimento è più incline a fallire e i bimbi obesi che hanno perso peso rapidamente, tendono a recuperarlo.
Questi, in sintesi, i risultati di uno studio del Seattle Children's Hospital, appena pubblicato sulla prestigiosa rivista The Journal of Clinical Endocrinology and Metabolisme presentato al congresso ESPE.
In Italia, uno dei paesi europei con il più alto tasso di prevalenza dell'obesità infantile, i bimbi con obesità sono il 9,4% del totale e quelli in sovrappeso circa il 20%. Un problema particolarmente rilevante per la salute futura se si considera che il 40% dei bambini obesi diventeranno adolescenti obesi, e che l'80% degli adolescenti obesi saranno poi adulti obesi. Le conseguenze per la salute possono essere devastanti. L'obesità infatti aumenta, tra gli altri, il rischio di sviluppare diabete di tipo 2, malattie cardiache e cancro.
I ricercatori hanno preso in esame un gruppo di 28 bambini obesi, dai 9 agli 11 anni, dopo un programma dimagrante di 24 settimane, mettendolo a confronto con un altro gruppo di 17 bambini normopeso, a cui non era stata fatta seguire alcuna dieta specifica. Sottoposti a una risonanza magnetica funzionale, mentre guardavano immagini di alimenti ipercalorici, gli studiosi hanno osservato che i bimbi obesi che avevano ripreso peso, dopo essere riusciti a dimagrire rapidamente, mostravano alti livelli di attivazione delle aree cerebrali legati all'appetito, anche dopo i pasti.
Secondo i ricercatori, quindi l'insuccesso della dieta nei bimbi obesi dipende dall'incapacità del cervello di adattarsi alla rapida perdita di peso, a differenza dell'intestino che si adegua presto al nuovo peso del bambino rilasciando correttamente gli ormoni relativi alla sazietà dopo un pasto. Questo spingerebbe il bambino a mangiare di più anche se non ne ha bisogno, portandolo così a riprendere i chili persi in precedenza.
"Questo significa che il cervello dei bambini si trova in modalità "affamato" anche quando l'intestino rilascia ormoni che dovrebbero indurre la sensazione di sazietà-commentano Mariacarolina Salerno, presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP), e Stefano Cianfarani, ordinario di pediatria all'Università Tor Vergata di Roma e responsabile dell'Unità di Diabetologia e patologia dell'accrescimento dell'ospedale Bambino Gesu' di Roma-Insomma, l'intestino si adatta subito al nuovo peso e segnala correttamente che l'organismo non ha bisogno di mangiare. Di contro, il cervello non riesce a stare al passo e continua a lasciare accesa la "spia" della fame, spingendo il bambino a mangiare anche se non ne ha bisogno, portandolo così a riprendere i chili persi in precedenza con la dieta.
I ricercatori concludono che "In generale, questi dati suggeriscono che per trattare più efficacemente l'obesità nei bambini dovremmo evitare interventi che portano a veloci riduzioni del peso corporeo e puntare invece a graduali e coerenti cambiamenti nello stile di vita per raggiungere un peso stabile e migliorare anche la salute".
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...e inoltre su Dica33:
Se la perdita di peso è rapida, entro le 24 settimane, gli ormoni intestinali, come ad esempio la grelina, inviano forti segnali di sazietà al cervello dopo un pasto, il desiderio di mangiare non precipita. Questo perché le aeree cerebrali non riescono a rimodulare il senso della fame di pari passo all'intestino. Così la fase di mantenimento è più incline a fallire e i bimbi obesi che hanno perso peso rapidamente, tendono a recuperarlo.
Questi, in sintesi, i risultati di uno studio del Seattle Children's Hospital, appena pubblicato sulla prestigiosa rivista The Journal of Clinical Endocrinology and Metabolisme presentato al congresso ESPE.
In Italia, uno dei paesi europei con il più alto tasso di prevalenza dell'obesità infantile, i bimbi con obesità sono il 9,4% del totale e quelli in sovrappeso circa il 20%. Un problema particolarmente rilevante per la salute futura se si considera che il 40% dei bambini obesi diventeranno adolescenti obesi, e che l'80% degli adolescenti obesi saranno poi adulti obesi. Le conseguenze per la salute possono essere devastanti. L'obesità infatti aumenta, tra gli altri, il rischio di sviluppare diabete di tipo 2, malattie cardiache e cancro.
I ricercatori hanno preso in esame un gruppo di 28 bambini obesi, dai 9 agli 11 anni, dopo un programma dimagrante di 24 settimane, mettendolo a confronto con un altro gruppo di 17 bambini normopeso, a cui non era stata fatta seguire alcuna dieta specifica. Sottoposti a una risonanza magnetica funzionale, mentre guardavano immagini di alimenti ipercalorici, gli studiosi hanno osservato che i bimbi obesi che avevano ripreso peso, dopo essere riusciti a dimagrire rapidamente, mostravano alti livelli di attivazione delle aree cerebrali legati all'appetito, anche dopo i pasti.
Secondo i ricercatori, quindi l'insuccesso della dieta nei bimbi obesi dipende dall'incapacità del cervello di adattarsi alla rapida perdita di peso, a differenza dell'intestino che si adegua presto al nuovo peso del bambino rilasciando correttamente gli ormoni relativi alla sazietà dopo un pasto. Questo spingerebbe il bambino a mangiare di più anche se non ne ha bisogno, portandolo così a riprendere i chili persi in precedenza.
"Questo significa che il cervello dei bambini si trova in modalità "affamato" anche quando l'intestino rilascia ormoni che dovrebbero indurre la sensazione di sazietà-commentano Mariacarolina Salerno, presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP), e Stefano Cianfarani, ordinario di pediatria all'Università Tor Vergata di Roma e responsabile dell'Unità di Diabetologia e patologia dell'accrescimento dell'ospedale Bambino Gesu' di Roma-Insomma, l'intestino si adatta subito al nuovo peso e segnala correttamente che l'organismo non ha bisogno di mangiare. Di contro, il cervello non riesce a stare al passo e continua a lasciare accesa la "spia" della fame, spingendo il bambino a mangiare anche se non ne ha bisogno, portandolo così a riprendere i chili persi in precedenza con la dieta.
I ricercatori concludono che "In generale, questi dati suggeriscono che per trattare più efficacemente l'obesità nei bambini dovremmo evitare interventi che portano a veloci riduzioni del peso corporeo e puntare invece a graduali e coerenti cambiamenti nello stile di vita per raggiungere un peso stabile e migliorare anche la salute".
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