Come approcciarsi alla febbre del bambino e dell’adolescente
Le società scientifiche italiane e internazionali hanno implementato linee guida per la gestione della febbre nel bambino, che vengono periodicamente aggiornate.
Negli anni, le conoscenze mediche relative alla gestione del bambino con febbre sono migliorate, ma continuano a resistere comportamenti che poco si conformano alle linee guida ufficiali: molti genitori/caregivers continuano a utilizzare i tradizionali mezzi fisici per abbassare la temperatura (spugnature con alcool, bagni freddi) e a somministrare farmaci antipiretici con indicazioni e posologia inappropriate. Anche tra gli operatori sanitari si riscontra talvolta la diffusione di pratiche discrepanti rispetto a quanto raccomandato dalle linee guida e questo è dovuto alla mancanza di indicazioni universalmente condivise dalla comunità scientifica. (1)
Diverse linee guida internazionali concordano sul fatto che il primo importante aspetto da valutare quando ci si approccia alla gestione della febbre nel bambino è la valutazione del discomfort, ovvero del disagio, provocato dall'evento febbrile. Non esiste una definizione precisa di questo parametro, ma si tende a considerarlo come un sostanziale cambiamento del funzionamento abituale del bambino, sia rispetto alle tappe di sviluppo tipico che in relazione alle caratteristiche individuali e caratteriali. (1)
In particolare, sono segnali aspecifici di disagio:
- cambiamenti sul piano comportamentale
- cambiamenti dell'umore;
- alterazioni del ritmo sonno-veglia, dell'alimentazione, del livello di attività, degli interessi, del gioco;
- comparsa di manifestazioni di irritabilità e agitazione, lamentele, pianto;
- ritiro o disfunzionalità nelle modalità di interazione sociale. (1)
Secondo le linee guida della Società Italiana di Pediatria (SIP) aggiornate al 2016 per un'ottimale gestione della febbre in età pediatrica, paracetamolo e ibuprofene sono i soli farmaci antipiretici raccomandati nei bambini e negli adolescenti. (2) Si tratta di un'affermazione condivisa dalla comunità scientifica, mentre esiste un dibattito sull'uso combinato di tali prodotti. (2)
A seguito di studi precedenti e considerando la mancanza di studi clinici relativi alla sicurezza, le linee guida SIP sconsigliano la somministrazione combinata di ibuprofene e paracetamolo nei bambini con febbre. (2)
Nonostante entrambi gli antipiretici siano raccomandati in monoterapia nella popolazione pediatrica, è il paracetamolo il principio attivo di rifermento per la gestione della sintomatologia febbrile. È inoltre l'unico indicato fin dalla nascita, mentre l'Ibuprofene è indicato a partire dai 3 mesi d'età. (1,2)
Per quanto riguarda la posologia, la SIP raccomanda la somministrazione di paracetamolo alla dose di 15 mg/kg ogni 6 ore fino a un massimo di 60 mg/kg/die. Nel neonato e nel lattante fino a 3 mesi è appropriato un dosaggio prossimo ai 10 mg/kg/dose, fino a un massimo di 40 mg/kg/die.
Sia l'AIFA (Agenzia italiana del Farmaco), che altre agenzie internazionali, tra cui l'ANSM, (Agenzia Francese per la Sicurezza dei Medicinali), raccomandano cautela sull'uso dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Alla base di questa affermazione vi è un recente aumento di segnalazioni di gravi complicanze infettive a seguito dell'assunzione di ibuprofene e ketoprofene nel trattamento della febbre o del dolore in età pediatrica. Inoltre, i FANS sono potenzialmente associati a un superiore rischio di tossicità, tra cui vomito e stato di disidratazione. (1)
Per tali ragioni, il paracetamolo si conferma come l'antipiretico di fiducia nel trattamento della febbre in età evolutiva. (2)
Bibliografia
Doria M, et al. Comprendere il discomfort per il trattamento appropriato della febbre. Il medico pediatra 2019;28(3):11-23
Chiappini E, et al. 2016 Update of the Italian Pediatric Society Guidelines for Management of Fever in Children. J Pediatr 2017 Jan;180:177-183.e1.
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