Tra vecchie, nuove influenze e Sars-Cov-2
Un italiano su 2 esprime preoccupazione per la prossima stagione influenzale, temendo che i virus possano essere particolarmente aggressivi e contagiosi, come accaduto lo scorso anno. Nonostante ciò, il Covid-19 sembra aver perso centralità nelle preoccupazioni quotidiane, anche se 2 italiani su 3, sia uomini che donne, sono consapevoli che il virus non è scomparso e che potrebbe tornare con nuove varianti. Inoltre, il 51,6% degli italiani ora considera il Covid-19 una "normale infezione virale", un dato quasi raddoppiato rispetto al 2023, quando solo il 27% lo assimilava all'influenza. È quanto emerge dalla ricerca condotta da Human Highway per Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione, parte di Federchimica.
Pregliasco: Covid 19 è ancora presente
La stagione delle infezioni respiratorie quest'anno non si è mai veramente conclusa. "Anche durante l'estate", fa notare il Prof. Fabrizio Pregliasco, Direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva - Università degli Studi di Milano - Direttore Sanitario d'Azienda - I.R.C.C.S. Ospedale Galeazzi Sant'Ambrogio di Milano, "a causa degli sbalzi termici, i livelli di contagio non sono scesi sotto la soglia critica, con una persistenza di infezioni causate non solo da virus influenzali, ma anche da 'virus cugini', come il virus respiratorio sinciziale (RSV), il rinovirus, il metapneumovirus e i virus parainfluenzali, insieme al contributo del Covid-19 e di alcuni batteri che hanno provocato problemi polmonari." Questi virus continueranno a circolare anche nella prossima stagione, che sarà, prevede il Professore, "piuttosto intensa, simile a quella del 2022 e più vivace rispetto allo scorso anno, con circa 14 milioni e mezzo di casi di influenza e infezioni respiratorie, tra cui il SARS-CoV-2. Se tra i principali virus in circolazione, per l'influenza segnalo l'A/H1N1 e l'A/H3N2" - continua il Professor Pregliasco - "per quanto riguarda il Covid19, la variante che si diffonderà nei prossimi mesi è la Xec che è immunoevasiva. Ci aspettiamo quindi in autunno una presenza importante del SARS-CoV-2." La percezione di rischio rispetto a quest'ultimo virus sembra essersi notevolmente abbassata. Eppure, ricorda Pregliasco, "l'approccio corretto dovrebbe basarsi sul buon senso, proteggendo i più fragili. Per loro, infatti, è fondamentale eseguire tempestivamente un tampone e per iniziare quanto prima una terapia antivirale, se si manifestano dei sintomi. Per chi gode di buona salute, invece, è sufficiente ricorrere a farmaci da banco ad azione antinfiammatoria".
Italiani e sintomi influenzali
Secondo l'indagine di Human Highway, gli italiani sembrano continuare ad adottare buone pratiche di comportamento. Il 49,3% ritiene che la scelta più prudente, in caso di malessere, sia riposare, assumere medicinali da banco (o di automedicazione) e contattare il medico solo se dopo tre giorni non si osserva alcun miglioramento. Un altro 22,4% preferisce, invece, rivolgersi immediatamente al medico di base alla comparsa dei primi sintomi, sebbene questa percentuale sia in calo rispetto ai picchi del 2020/2021. Le donne, in particolare, sono più inclini al ricorso ai farmaci di automedicazione: il 57% di loro considera riposo, medicinali da banco e il contatto del medico solo in caso di mancato miglioramento la scelta migliore, rispetto al 42,5% degli uomini. Gli over 65, invece, mostrano una maggiore propensione a contattare subito il medico e attribuiscono un'importanza superiore alla vaccinazione antinfluenzale. In caso di comparsa dei sintomi da raffreddamento, il 40% degli italiani considera corretto eseguire un tampone antigenico, 1 su 3 adotta un approccio flessibile, mentre il 24,1% ritiene non sia necessario. Sono i giovanissimi (18-24 anni) e la fascia d'età 55-64 anni i più favorevoli al test, con quasi il 47% che lo considera una buona pratica. Al contrario, i 25-44enni mostrano un atteggiamento più cauto, valutando caso per caso, mentre i meno propensi a fare un tampone sono i 45-54enni e i residenti nel Nord-Ovest dell'Italia.
Doppia vaccinazione
Non solo per il SARS-CoV-2, ma anche per l'influenza. "Raccomando la doppia vaccinazione per le persone fragili che necessitano di una protezione aggiuntiva ma non solo per loro: chi manifesta i sintomi può diventare un potenziale vettore di infezione", dice il Professore. Eppure, sebbene ci sia stato un incremento della copertura vaccinale antinfluenzale negli anni scorsi, in parte dovuto alla preoccupazione per il Covid-19, si osserva ora una flessione nel trend. "È fondamentale che i giovani, che mostrano una diminuzione della propensione alla vaccinazione, non sottovalutino l'importanza di questa misura, poiché l'influenza può avere effetti significativi anche su di loro", commenta il Professore. Per molti, il vaccino antinfluenzale è ormai una routine (40,7%), spesso consigliata dal medico (nel 25% dei casi). La motivazione principale è proteggere sé stessi e i propri cari, specialmente dai rischi di contagio dei bambini. In vista della prossima stagione influenzale, il 34% degli intervistati ha dichiarato l'intenzione di fare il vaccino, mentre il 47% lo ritiene improbabile. I più propensi alla vaccinazione sono gli over 45 (40%), sotto consiglio del medico, e gli over 65 (60,5%) che dichiarano di volerla fare prossimamente.
Italiani e farmaci di automedicazione
Secondo lo studio di Human Highway, i farmaci di automedicazione, riconoscibili dal bollino rosso sulla confezione, si confermano il rimedio più utilizzato dagli italiani in caso di affezioni respiratorie. Il 64% della popolazione sceglie infatti questi medicinali per alleviare la gestione dei sintomi influenzali, dimostrando una forte fiducia in queste specialità medicinali: il ricorso ai farmaci di automedicazione risulta trasversale a tutte le fasce d'età, dimostrando quanto le persone reputino l'utilizzo efficace, sicuro, tempestivo e pratico. In questo contesto, oltre ai farmaci di automedicazione, il Professore ricorda che "l'informazione rimane essenziale per promuovere le buone pratiche di prevenzione, come la ventilazione regolare degli ambienti, il lavaggio frequente delle mani e l'uso della mascherina". Tutti comportamenti che non solo aiutano a prevenire la diffusione del Covid-19 e dell'influenza, ma che riducono anche il rischio di altre infezioni.
Italiani e antibiotici
Accanto a questa tendenza, è ancora significativo il numero di coloro che in caso di sintomi influenzali credono che l'antibiotico sia il rimedio più efficace: dichiarano di ricorrere all'antibiotico il 15% degli italiani, percentuale che raggiunge il 24% tra i giovani tra i 18 e i 24 anni. Tuttavia, si osserva una leggera e costante diminuzione dell'uso di questi medicinali in caso di infezioni virali, un segnale positivo verso un uso più consapevole e appropriato di questi farmaci. "È essenziale che i pazienti (e i medici) siano consapevoli che gli antibiotici devono essere prescritti solo quando strettamente necessario, ad esempio in caso di complicazioni batteriche. L'uso indiscriminato di antibiotici può aggravare la problematica della resistenza e non contribuisce al trattamento delle infezioni virali", precisa il Professore.
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