Problemi di fertilità: un’analisi genetica suggerisce il giusto trattamento

14 settembre 2015
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Problemi di fertilità: un’analisi genetica suggerisce il giusto trattamento



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L'infertilità idiopatica, quella che non ha una causa identificabile con certezza, è un problema ancora difficile da risolvere e può dipendere sia dall'uomo sia dalla donna. Ma un gruppo di ricerca statunitense guidato da Stephen Krawetz, professore di diagnosi e terapia fetale alla Wayne state school of medicine di Detroit, ha da poco pubblicato sulla rivista Science translational medicine i risultati di un lavoro che ha messo in luce la possibilità di identificare le coppie che dovrebbero far ricorso alla fecondazione in vitro per riuscire ad avere un bimbo.

«Circa il 13 per cento delle coppie ha problemi di fertilità» dicono gli autori dello studio, ricordando che esistono numerosi test per valutare la fertilità femminile, ma che quelli dedicati all'uomo sono - al contrario - molto scarsi. «In pratica ci si limita a valutare fisicamente gli spermatozoi: movimento, volume e concentrazione nello sperma» afferma Krawetz, «questo però significa limitarsi a guardare le apparenze, senza capire molto della qualità dello sperma».

In effetti, gli spermatozoi potrebbero apparire in perfetta forma ma non essere in grado di portare a termine il compito di fecondare la cellula uovo. Per studiare più a fondo la qualità dello sperma, i ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione sugli spermatozoi e in particolare sul loro Rna, la molecola utilizzata dall'organismo per codificare, decodificare e generare informazioni genetiche, scoprendo un insieme di elementi vitali per la fertilità maschile. «La maggior parte di questi elementi corrisponde a geni coinvolti nello sviluppo dello sperma: capacità degli spermatozoi di muoversi, fertilizzazione e formazione dell'embrione» dice Krawetz precisando che la mancanza di uno o più di questi elementi poteva identificare una potenziale causa di infertilità per gli uomini e di conseguenza per la coppia. «E maggiore è il numero di elementi mancanti, minore è la probabilità di concepire» dice.

«Anche se mancano alcuni dei fattori genetici identificati come importanti per la fertilità maschile, non significa che la coppia è destinata a non avere figli ma solo che ha bisogno di più assistenza medica per raggiungere l'obiettivo» sostiene l'esperto, che assieme ai colleghi ha coinvolto nello studio 96 coppie apparentemente sane, ma che non riuscivano a concepire. Utilizzando tecniche di riproduzione assistita, nelle quali spermatozoo e uovo vengono "fatti incontrare" in vitro, i tassi di fertilizzazione e di parti di bambini nati vivi erano molto simili a quelli osservati nelle coppie che erano riuscite a concepire con tecniche meno invasive come per esempio i rapporti sessuali programmati e l'inseminazione intrauterina.

«I risultati dello studio non sono definitivi e devono essere ancora confermati da altre ricerche, ma rappresentano un passo avanti nell'identificazione delle cause dell'infertilità maschile, un campo ancora troppo poco conosciuto» commenta Rebecca Sokol professore di ostetricia e ginecologia alla University of California keck school of medicine. Come spiega l'esperta, se si riuscisse a mettere a punto un test basato sull'analisi dell'Rna semplice da eseguire e poco costoso sarebbe possibile indirizzare subito le coppie al trattamento adatto a loro (anche se magari più invasivo) risparmiando tempo ed evitando terapie invasive e destinate a fallire.



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