21 luglio 2004
Aggiornamenti e focus
L'antipsicotico nuoce al cuore
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"I nuovi agenti psicotici prolungano l'intervallo QT è così possibile che possano essere correlati a un incremento del rischio di improvvisa morte cardiaca. Chiaramente una possibile correlazione con i nuovi agenti antipsicotici necessita di ulteriori studi" Così si esprimeva uno studio del 2001, pubblicato sugli Archives of General Psichiatry, a proposito del legame tra consumo di farmaci antipsicotici e morte improvvisa. Ora a distanza di tre anni gli studi attesi sono arrivati, visto che gli Archives of Internal Medicine hanno pubblicato i risultati di uno studio caso controllo olandese a proposito di questa relazione. I risultati non sono confortanti, visto che l'associazione tra impiego di antipsicotici e morte improvvisa sembrerebbe confermata.
Lo studio si è occupato di definire in una popolazione circoscritta l'effettiva esistenza del legame. Per questo è stato consultato un database contenente gli archivi completi di 150 medici di medicina generale. Sono stati, inoltre, revisionati tutti i decessi avvenuti tra il 1995 e il 2001, considerando la morte come improvvisa, in virtù del tempo trascorso tra sintomi ed evento fatale. I risultati? Sono stati riscontrati 554 casi di morte improvvisa in una popolazione con età media di 71 anni e prevalenza di soggetti di sesso maschile. Ma quello che più conta l'uso degli antipsicotici è stato associato a un rischio tre volte maggiore. Un rischio ancor più rilevante per una particolare classe di farmaci i butirrofenoni, come l'aloperidolo, ma anche per chi aveva da poco intrapreso la terapia antipsicotica. Inequivocabilmente, perciò, come si temeva gli antipsicotici anche a basse dosi, o per indicazioni diverse dalla schizofrenia, possono indurre eventi fatali e improvvisi.
Un risultato da non sottovalutare. Secondo i dati recentemente illustrati da Giuseppe Traversa, epidemiologo dell'ISS, nel 2003 in Italia sono state consumate 20 confezioni di antipsicotici ogni 100 abitanti. Cifre in linea con la media europea, il cui uso registra un picco in Francia e in Inghilterra. Numeri non da emergenza ma da riflessione visto che languono gli studi sull'uso appropriato di questi farmaci. Il ricorso agli antipsicotici nella penisola si è, peraltro, ridotto del 5% rispetto al 2000, con cinque dosi al giorno ogni mille abitanti. Ma il dato preoccupante riguarda l'aumentato uso degli psicofarmaci tra i 70 e gli 80 anni d'età; pare, infatti, che vengano somministrati a pazienti con Alzheimer o altre forme di demenza. E si tratta, tra l'altro, del campione d'età prevalente anche nello studio degli Archives. Sempre secondo l'Istituto Superiore di Sanità, i benefici sarebbero, però, inferiori ai rischi cerebrovascolari e ad altri effetti collaterali, le cui segnalazioni sono in aumento. Per non parlare poi dell'uso tra bambini e giovanissimi, senza dati che ne provino l'efficacia, ma anzi, con numerose evidenze scientifiche di eventi avversi. Un fatto è evidente: gli antipsicotici non vanno presi a cuor leggero.
Marco Malagutti
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Lo studio
Lo studio si è occupato di definire in una popolazione circoscritta l'effettiva esistenza del legame. Per questo è stato consultato un database contenente gli archivi completi di 150 medici di medicina generale. Sono stati, inoltre, revisionati tutti i decessi avvenuti tra il 1995 e il 2001, considerando la morte come improvvisa, in virtù del tempo trascorso tra sintomi ed evento fatale. I risultati? Sono stati riscontrati 554 casi di morte improvvisa in una popolazione con età media di 71 anni e prevalenza di soggetti di sesso maschile. Ma quello che più conta l'uso degli antipsicotici è stato associato a un rischio tre volte maggiore. Un rischio ancor più rilevante per una particolare classe di farmaci i butirrofenoni, come l'aloperidolo, ma anche per chi aveva da poco intrapreso la terapia antipsicotica. Inequivocabilmente, perciò, come si temeva gli antipsicotici anche a basse dosi, o per indicazioni diverse dalla schizofrenia, possono indurre eventi fatali e improvvisi.
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Un risultato da non sottovalutare. Secondo i dati recentemente illustrati da Giuseppe Traversa, epidemiologo dell'ISS, nel 2003 in Italia sono state consumate 20 confezioni di antipsicotici ogni 100 abitanti. Cifre in linea con la media europea, il cui uso registra un picco in Francia e in Inghilterra. Numeri non da emergenza ma da riflessione visto che languono gli studi sull'uso appropriato di questi farmaci. Il ricorso agli antipsicotici nella penisola si è, peraltro, ridotto del 5% rispetto al 2000, con cinque dosi al giorno ogni mille abitanti. Ma il dato preoccupante riguarda l'aumentato uso degli psicofarmaci tra i 70 e gli 80 anni d'età; pare, infatti, che vengano somministrati a pazienti con Alzheimer o altre forme di demenza. E si tratta, tra l'altro, del campione d'età prevalente anche nello studio degli Archives. Sempre secondo l'Istituto Superiore di Sanità, i benefici sarebbero, però, inferiori ai rischi cerebrovascolari e ad altri effetti collaterali, le cui segnalazioni sono in aumento. Per non parlare poi dell'uso tra bambini e giovanissimi, senza dati che ne provino l'efficacia, ma anzi, con numerose evidenze scientifiche di eventi avversi. Un fatto è evidente: gli antipsicotici non vanno presi a cuor leggero.
Marco Malagutti
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