01 aprile 2005
Aggiornamenti e focus
L'aspirina non fa per lei
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Come in altre occasioni, si rivela ancora una differenza tra i due sessi nell'impiego dei farmaci, questa volta in funzione profilattica e non terapeutica. Si tratta infatti dell'uso dell'aspirina a bassi dosaggi , per prevenire gli incidenti cardiovascolari, e della vitamina E. Com'è noto, l'impiego dell'aspirina come antiaggregante, cioè allo scopo di mantenere "fluido" il sangue, vanta un gran numero di studi a supporto, condotti però a grande maggioranza su pazienti di sesso maschile. A riparare alla mancanza sono venuti ora i risultati del Women's Health Study, ricerca cominciata dieci anni fa, che si proponeva di indagare diversi aspetti tra cui i due citati. Il campione arruolato comprendeva poco meno di 40000 donne di almeno 45 anni di età senza precedenti di malattie di cuore o di tumori.
Primo risultato, quello sull'aspirina. Nello studio al campione venivano somministrati 100 mg di aspirina un giorno sì e uno no oppure, con le stesse modalità, un placebo. I risultati cercati, sulla scorta di quanto provato nell'uomo, erano la prevenzione del primo accidente cardiovascolare grave (infarto o icuts non mortali, morte per cause cardiovascolari), come risultati secondari si osservava invece l'eventuale verificarsi di attacchi di ischemia, la necessità di intervenire sulle coronarie e la mortalità per tutte le cause. E qui le prime sostanziose differenze rispetto alla popolazione maschile: nelle donne, la riduzione degli eventi cardiovascolari gravi era del 9%, cioè statisticamente non significativa. Un effetto c'era, ma riguardava gli altri obiettivi: diminuiva il rischio totale di ictus, del 17%, dovuto a una diminuzione della frequenza degli ictus ischemici, cioè quelli in cui sia ha una riduzione del flusso, in quanto l'ictus emorragico casomai aumentava sia pure in modo non significativo. Coerentemente, anche gli attacchi di ischemia transitoria (il TIA) diminuivano anch'essi, del 22% circa. Inoltre il beneficio era più spiccato tra chi aveva smesso di fumare o non aveva mai fumato, mentre nelle fumatrici anche sull'ictus l'effetto preventivo, è il caso di dirlo, sfumava. Anche tra le ultrasessantacinquenni aumentava la protezione, e questo era l'unico gruppo in cui c'era un miglioramento anche in fatto di infarto.
Resta la questione della vitamina E, ma qui il discorso è più semplice. Somministrata a giorni alterni, al dosaggio di 600 UI (Unità internazionali), non ha avuto nessun effetto rispetto al placebo, cioè non funziona.
I commenti allo studio non sono ovviamente mancati. Vi è anche stato chi ha detto che non si deve restare troppo sorpresi: che donne e uomini siano differenti dal punto di vista cardiovascolare, non è una novità. E anche rispetto al farmaco, se l'aspirina ha lo stesso effetto nei due sessi cioè, come si dice tecnicamente, mantiene la stessa farmacodinamica, cambia però le modalità in cui raggiunge i tessuti bersaglio (cioè cambia la farmacocinetica). Anche il fatto che i risultati siano stati migliori nelle più anziane è indicativo: dopo i 65 anni i profili ormonali e lipidici di uomo e donna sono molto più vicini, essendo cessata da tempo l'attività ovarica. Il commento più generale è che non si devono estendere a cuor leggero a tutti indicazioni provate su popolazioni particolari per sesso, età o altro. Visto che la somministrazione di aspirina ha comunque effetti collaterali a carico dell'apparato gastrointestinale, secondo Richard L. Levin dell'Università di New York, che ha scritto un editoriale di commento sul New England Journal of Medicine, è meglio evitare di prescriverla alle più giovani, mentre può ancora avere un notevole valore nelle donne dopo i 65 anni con elevato rischio cardiovascolare. Insomma, guai a non guardare alle differenze... E la vitamina E? Meglio dimenticare i supplementi.
Maurizio Imperiali
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
100 mg al giorno non levano l'infarto di torno
Primo risultato, quello sull'aspirina. Nello studio al campione venivano somministrati 100 mg di aspirina un giorno sì e uno no oppure, con le stesse modalità, un placebo. I risultati cercati, sulla scorta di quanto provato nell'uomo, erano la prevenzione del primo accidente cardiovascolare grave (infarto o icuts non mortali, morte per cause cardiovascolari), come risultati secondari si osservava invece l'eventuale verificarsi di attacchi di ischemia, la necessità di intervenire sulle coronarie e la mortalità per tutte le cause. E qui le prime sostanziose differenze rispetto alla popolazione maschile: nelle donne, la riduzione degli eventi cardiovascolari gravi era del 9%, cioè statisticamente non significativa. Un effetto c'era, ma riguardava gli altri obiettivi: diminuiva il rischio totale di ictus, del 17%, dovuto a una diminuzione della frequenza degli ictus ischemici, cioè quelli in cui sia ha una riduzione del flusso, in quanto l'ictus emorragico casomai aumentava sia pure in modo non significativo. Coerentemente, anche gli attacchi di ischemia transitoria (il TIA) diminuivano anch'essi, del 22% circa. Inoltre il beneficio era più spiccato tra chi aveva smesso di fumare o non aveva mai fumato, mentre nelle fumatrici anche sull'ictus l'effetto preventivo, è il caso di dirlo, sfumava. Anche tra le ultrasessantacinquenni aumentava la protezione, e questo era l'unico gruppo in cui c'era un miglioramento anche in fatto di infarto.
Resta la questione della vitamina E, ma qui il discorso è più semplice. Somministrata a giorni alterni, al dosaggio di 600 UI (Unità internazionali), non ha avuto nessun effetto rispetto al placebo, cioè non funziona.
Utile dopo una certa età
I commenti allo studio non sono ovviamente mancati. Vi è anche stato chi ha detto che non si deve restare troppo sorpresi: che donne e uomini siano differenti dal punto di vista cardiovascolare, non è una novità. E anche rispetto al farmaco, se l'aspirina ha lo stesso effetto nei due sessi cioè, come si dice tecnicamente, mantiene la stessa farmacodinamica, cambia però le modalità in cui raggiunge i tessuti bersaglio (cioè cambia la farmacocinetica). Anche il fatto che i risultati siano stati migliori nelle più anziane è indicativo: dopo i 65 anni i profili ormonali e lipidici di uomo e donna sono molto più vicini, essendo cessata da tempo l'attività ovarica. Il commento più generale è che non si devono estendere a cuor leggero a tutti indicazioni provate su popolazioni particolari per sesso, età o altro. Visto che la somministrazione di aspirina ha comunque effetti collaterali a carico dell'apparato gastrointestinale, secondo Richard L. Levin dell'Università di New York, che ha scritto un editoriale di commento sul New England Journal of Medicine, è meglio evitare di prescriverla alle più giovani, mentre può ancora avere un notevole valore nelle donne dopo i 65 anni con elevato rischio cardiovascolare. Insomma, guai a non guardare alle differenze... E la vitamina E? Meglio dimenticare i supplementi.
Maurizio Imperiali
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