12 maggio 2006
Aggiornamenti e focus
Sull'infarto femminile pesa la psiche
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Mal di cuore e depressione, un binomio fondato sia sul piano storico (l'associazione si trova anche in grandi personaggi del passato) sia sul piano dell'epidemiologia. La stessa epidemiologia che, a proposito di depressione, segnala come la popolazione femminile sia più esposta a questo disturbo dell'umore (si veda qui per quali motivi). C'è poi un'altra circostanza: le donne giovani, cioè di età inferiore a 60 anni, hanno una mortalità per infarto o altri accidenti cardiovascolari decisamente superiore agli uomini (dal 50 al 100% in più) anche a parità di gravità della malattia, di trattamento ricevuto e altri aspetti che potrebbero influenzare il corso della malattia. Un gruppo di ricerca statunitense si è chiesto se la differenza non potesse essere data proprio dalla maggiore esposizione che, teoricamente, persone di sesso femminile, e in più giovani, hanno nei confronti della depressione. Una deduzione logica, ma che andava provata.
Per stabilire se il nesso esisteva, era necessario valutare se la frequenza della depressione, e anche la sua gravità, erano maggiori in questo gruppo rispetto agli altri. Così, è stato coinvolto un gruppo di circa 2500 pazienti ricoverati per infarto acuto in 19 centri statunitensi, 1284 di età inferiore ai 60, uomini e donne. Dopo ldopo il trattamento per l'infarto, i pazienti sono stati valutati sul piano psichiatrico con un apposito questionario (Primary Care Evaluation of Mental Disorders Brief Patient Health Questionnaire) e venivano considerati affetti da depressione se facevano registrare un punteggio pari a 10 o superiore. Il primo dato ricavato è che il punteggio medio più elevato, quindi la maggiore sofferenza psicologica, si aveva proprio nei giovani rispetto agli anziani (6,5 contro 5), e nelle donne rispetto agli uomini, senza distinguere l'età (6,8 contro 5,2). Procedendo alla stratificazione in base e al sesso e all'età, erano proprio le donne giovani quelle più sofferenti (con un punteggio medio di 8,2). Quanto al numero di persone depresse in senso stretto, erano sempre loro le più colpite, con il 40%, seguivano gli uomini di parie età (22%), le donne che avevano superato la sessantina (21%), e buoni ultimi gli uomini ultrasessantenni (15%).
Insomma, il medico, di fronte a una donna colpita da infarto prima dei sessanta deve tenere presente che quasi in un caso su due bisogna sospettare la depressione, e trattarla. Cosa che, almeno nella casistica dello studio, accade soltanto nel 18% dei casi. Quale trattamento attuare? Gli studi precedenti non hanno mostrato una chiara efficacia della psicoterapia, non tanto sulla depressione in sé, quanto sulla riduzione della mortalità a seguito dell'infarto o sul ripresentarsi dell'infarto stesso. Diverso il ricorso agli antidepressivi, che qualche risultato l'hanno dato. Niente di clamoroso, ma va considerato che si trattava di studi abbastanza piccoli. Quello che gli autori raccomandano è, quantomeno, di continuare la sorveglianza della paziente e, comunque, di avviare un trattamento specifico quando i sintomi dovessero persistere o, peggio, aggravarsi.
Maurizio Imperiali
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Una bella differenza
Per stabilire se il nesso esisteva, era necessario valutare se la frequenza della depressione, e anche la sua gravità, erano maggiori in questo gruppo rispetto agli altri. Così, è stato coinvolto un gruppo di circa 2500 pazienti ricoverati per infarto acuto in 19 centri statunitensi, 1284 di età inferiore ai 60, uomini e donne. Dopo ldopo il trattamento per l'infarto, i pazienti sono stati valutati sul piano psichiatrico con un apposito questionario (Primary Care Evaluation of Mental Disorders Brief Patient Health Questionnaire) e venivano considerati affetti da depressione se facevano registrare un punteggio pari a 10 o superiore. Il primo dato ricavato è che il punteggio medio più elevato, quindi la maggiore sofferenza psicologica, si aveva proprio nei giovani rispetto agli anziani (6,5 contro 5), e nelle donne rispetto agli uomini, senza distinguere l'età (6,8 contro 5,2). Procedendo alla stratificazione in base e al sesso e all'età, erano proprio le donne giovani quelle più sofferenti (con un punteggio medio di 8,2). Quanto al numero di persone depresse in senso stretto, erano sempre loro le più colpite, con il 40%, seguivano gli uomini di parie età (22%), le donne che avevano superato la sessantina (21%), e buoni ultimi gli uomini ultrasessantenni (15%).
Pazienti da controllare
Insomma, il medico, di fronte a una donna colpita da infarto prima dei sessanta deve tenere presente che quasi in un caso su due bisogna sospettare la depressione, e trattarla. Cosa che, almeno nella casistica dello studio, accade soltanto nel 18% dei casi. Quale trattamento attuare? Gli studi precedenti non hanno mostrato una chiara efficacia della psicoterapia, non tanto sulla depressione in sé, quanto sulla riduzione della mortalità a seguito dell'infarto o sul ripresentarsi dell'infarto stesso. Diverso il ricorso agli antidepressivi, che qualche risultato l'hanno dato. Niente di clamoroso, ma va considerato che si trattava di studi abbastanza piccoli. Quello che gli autori raccomandano è, quantomeno, di continuare la sorveglianza della paziente e, comunque, di avviare un trattamento specifico quando i sintomi dovessero persistere o, peggio, aggravarsi.
Maurizio Imperiali
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