23 giugno 2006
Aggiornamenti e focus
Cuore nel pallone
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Frasi come "una stretta al cuore", un tuffo al cuore e simili sono patrimonio dei cattivi scrittori alle prese con la descrizione di forti emozioni. Ma corrispondono alla realtà, anche quando la causa dell'emozione è da cercare in una partita di calcio o in altri eventi sportivi. Infatti, se lo stress acuto può avere effetti cardiovascolari, allora anche le partite di calcio. E' una storia lunga: i primi studi sul rapporto tra partite viste in tv e infarto è lungo, i primi studi al riguardo risalgono agli anni settanta. Tra i più recenti, invece, ce ne sono due svizzeri, che hanno dimostrato un cospicuo aumento degli interventi del servizio di soccorso d'urgenza (il 118) della Svizzera Romanda nelle quattro settimane in cui si sono svolti i Mondiali di calcio del 1998 e del 2002. Gli interventi per arresto cardiaco sono stati 45 rispetto ai 27 delle quattro settimane precedenti e i 15 delle quattro successive. Insomma, un bella differenza, che ha riguardato gli uomini nel 75% dei casi. Come detto, non si tratta di un'esclusiva dei mondiali pedatori, lo stesso fenomeno si presenta anche in caso di catastrofi e calamità.
Molto significativo anche un altro studio, britannico, centrato sui Campionati del 1998. Gli elementi misurati, in questo caso, erano i ricoveri per infarto acuto del miocardio, ictus, atti di autolesionismo e traumi da incidenti stradali. Quanto all'intervallo di tempo, si consideravano i giorni in cui giocava la nazionale inglese e i cinque successivi, paragonando il dato con quello rilevato nello stesso periodo dell'anno e del mese precedenti. Il discorso si fa più articolato, in questo studio, in quanto si è sì osservato un aumento degli infarti (del 25%), ma soltanto in concomitanza dell'incontro in qui gli inglesi persero ai rigori contro l'Argentina. Per le altre diagnosi non si notarono aumenti attribuibili all'evento, ed è una consolazione che nessuno abbia pensato di tagliarsi le vene o prendere il muro a testate. Significativamente, gli infarti in più erano distribuiti equamente tra uomini e donne, segno forse di una maggiore propensione al tifo della popolazione femminile britannica rispetto a quella elvetica. Restando in Europa, merita di essere citato uno studio olandese. Lo scenario cambia, si parla degli europei del 1996, ma l'occasione no: il fatidico 22 giugno in cui la nazionale olandese venne eliminata. La mortalità per infarto e ictus di quella giornata venne confrontata con quella dei cinque giorni precedenti la partita e nei cinque successivi, nonché con lo stesso periodo del 1995 e del 1997. Infine, qui si prendeva in considerazione soltanto la popolazione di età superiore a 45 anni. Malgrado i cambiamenti, il risultato era lo stesso: nel giorno della sconfitta si sono registrati 15 infarti e ictus mortali in più (attenzione: il dato sembra più piccolo, ma qui non si parla di ricoveri, ma di morti). Quasi assoluta la prevalenza maschile (14 casi su 15).
Non si creda poi che il tutto sia limitato all'effetto della compagine nazionale. Un altro studio britannico, che ha abbracciato un arco di 5 anni, relativo alle aree di Newcastle, North Tyneside, Sunderland, Tees e Leeds, ha mostrato che esiste un aumento del rischio relativo di morire di accidenti cardiovascolari, il 28% in più, anche nei giorni in cui gioca la squadra locale. Solo se si è uomini, però.
Ma basta l'emozione a giocare questi tiri mancini cardiovascolari? Secondo i ricercatori svizzeri, no. Quando si assiste ai match si fuma di più, si bevono alcolici e via di questo passo. Tutte situazioni che hanno un peso sia a lungo termine, sia in acuto: se si fumano parecchie sigarette di seguito è un bel carico per il sistema cardiovascolare. Però l'emozione resta un grilletto potente, presumibilmente soprattutto in chi è già un po' malandato (che la diagnosi ci sia o meno). Insomma, troppo tifo... Si cerchi di prendere lo sport con più calma. Tutta questa partecipazione davanti al teleschermo è ingiustificata. A meno che non torni a correre Max Biaggi!
Maurizio Imperiali
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Le inglesi fanno eccezione
Molto significativo anche un altro studio, britannico, centrato sui Campionati del 1998. Gli elementi misurati, in questo caso, erano i ricoveri per infarto acuto del miocardio, ictus, atti di autolesionismo e traumi da incidenti stradali. Quanto all'intervallo di tempo, si consideravano i giorni in cui giocava la nazionale inglese e i cinque successivi, paragonando il dato con quello rilevato nello stesso periodo dell'anno e del mese precedenti. Il discorso si fa più articolato, in questo studio, in quanto si è sì osservato un aumento degli infarti (del 25%), ma soltanto in concomitanza dell'incontro in qui gli inglesi persero ai rigori contro l'Argentina. Per le altre diagnosi non si notarono aumenti attribuibili all'evento, ed è una consolazione che nessuno abbia pensato di tagliarsi le vene o prendere il muro a testate. Significativamente, gli infarti in più erano distribuiti equamente tra uomini e donne, segno forse di una maggiore propensione al tifo della popolazione femminile britannica rispetto a quella elvetica. Restando in Europa, merita di essere citato uno studio olandese. Lo scenario cambia, si parla degli europei del 1996, ma l'occasione no: il fatidico 22 giugno in cui la nazionale olandese venne eliminata. La mortalità per infarto e ictus di quella giornata venne confrontata con quella dei cinque giorni precedenti la partita e nei cinque successivi, nonché con lo stesso periodo del 1995 e del 1997. Infine, qui si prendeva in considerazione soltanto la popolazione di età superiore a 45 anni. Malgrado i cambiamenti, il risultato era lo stesso: nel giorno della sconfitta si sono registrati 15 infarti e ictus mortali in più (attenzione: il dato sembra più piccolo, ma qui non si parla di ricoveri, ma di morti). Quasi assoluta la prevalenza maschile (14 casi su 15).
Ma c'è anche altro
Non si creda poi che il tutto sia limitato all'effetto della compagine nazionale. Un altro studio britannico, che ha abbracciato un arco di 5 anni, relativo alle aree di Newcastle, North Tyneside, Sunderland, Tees e Leeds, ha mostrato che esiste un aumento del rischio relativo di morire di accidenti cardiovascolari, il 28% in più, anche nei giorni in cui gioca la squadra locale. Solo se si è uomini, però.
Ma basta l'emozione a giocare questi tiri mancini cardiovascolari? Secondo i ricercatori svizzeri, no. Quando si assiste ai match si fuma di più, si bevono alcolici e via di questo passo. Tutte situazioni che hanno un peso sia a lungo termine, sia in acuto: se si fumano parecchie sigarette di seguito è un bel carico per il sistema cardiovascolare. Però l'emozione resta un grilletto potente, presumibilmente soprattutto in chi è già un po' malandato (che la diagnosi ci sia o meno). Insomma, troppo tifo... Si cerchi di prendere lo sport con più calma. Tutta questa partecipazione davanti al teleschermo è ingiustificata. A meno che non torni a correre Max Biaggi!
Maurizio Imperiali
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