12 settembre 2007
Aggiornamenti e focus
Prevenzione in famiglia
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Se in famiglia ci sono parenti stretti che soffrono o hanno sofferto di malattia cardiaca, il rischio aumenta significativamente. E' la conclusione cui sono giunti ricercatori britannici dopo aver riesaminato gli studi precedenti sulla malattia cardiaca e in particolare su come si sviluppa all'interno delle famiglie. Più nel dettaglio, se confrontato con la popolazione generale il rischio raddoppia per i fratelli in conseguenza della condivisione di stili di vita, fattori di rischio e predisposizione genetica. Ma anche eredi e consorti sono ad aumentato rischio. In più i parenti hanno un'aumentata prevalenza di fattori di rischio modificabili tra cui ipertensione, dislipidemia e fumo. Non è casuale, perciò, che molte linee guida raccomandino lo screening familiare. Con successo? A giudicare dalla metanalisi britannica, non del tutto. I buoni propositi, così, difficilmente si traducono in pratica. Ma come si è svolto lo studio? I ricercatori hanno scelto tra tutti gli articoli sull'argomento quelli considerati più rilevanti. Con conclusioni piuttosto interessanti.
La malattia coronarica è un elemento aggregante della famiglia. Lo afferma chiaramente lo studio Euroaspire II, dal quale emerge come il 10% dei fratelli su 1289 pazienti con malattia coronarica prematura hanno a loro volta sviluppato la malattia. E lo conferma uno studio analogo dove il 16% dei parenti di primo grado dei sopravvissuti a un infarto hanno riportato un precedente infarto contro il 9% dei parenti dei soggetti controllo. E il rischio può aumentare da due fino addirittura a 15 volte, in particolare quanto più è precoce l'episodio coronarico. In più il rischio aumenta ulteriormente quanti più sono i soggetti colpiti. Sull'aspetto della predisposizione genetica e dello stile di vita condiviso, invece, i risultati sembrano contrastanti e variano in funzione della famiglia considerata. Ciò non toglie, precisano i ricercatori, che l'alta prevalenza di fattori di rischio modificabili suggerisca come le famiglie colpite dovrebbero intervenire modificandoli. Nell'Euroaspire II, citato in precedenza, il 30% dei fratelli fumava, il 20% era obeso, il 23% iperteso e l'8% con il diabete.
Ma il punto critico della review britannica riguarda l'applicazione delle linee guida. L'affermazione che i parenti di primo grado degli infartuati siano più a rischio, non è infatti una novità assoluta. Ma nella pratica clinica esiste questo tipo di prevenzione? Molto poco, dicono i ricercatori. Tra i fratelli di 325 pazienti con la malattia coronarica prematura solo l'83% di quelli ipertesi e il 33% di quelli ipercolesterolemici hanno ricevuto adeguato trattamento medico. E anche la consapevolezza dei pazienti è piuttosto bassa. Quando si effettua lo screening, oltretutto, è per la maggior parte dei casi parte di un check-up generale. Tutte ragioni per cui spesso i parenti non modificano adeguatamente il loro stile di vita. Serve una migliore prevenzione, concludono gli autori, garantire, infatti, servizi ai soggetti con una storia familiare della malattia, aumenterebbe la sopravvivenza per le condizioni cardiache. I parenti devono diventare un target di prevenzione.
Marco Malagutti
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Il rischio aumenta
La malattia coronarica è un elemento aggregante della famiglia. Lo afferma chiaramente lo studio Euroaspire II, dal quale emerge come il 10% dei fratelli su 1289 pazienti con malattia coronarica prematura hanno a loro volta sviluppato la malattia. E lo conferma uno studio analogo dove il 16% dei parenti di primo grado dei sopravvissuti a un infarto hanno riportato un precedente infarto contro il 9% dei parenti dei soggetti controllo. E il rischio può aumentare da due fino addirittura a 15 volte, in particolare quanto più è precoce l'episodio coronarico. In più il rischio aumenta ulteriormente quanti più sono i soggetti colpiti. Sull'aspetto della predisposizione genetica e dello stile di vita condiviso, invece, i risultati sembrano contrastanti e variano in funzione della famiglia considerata. Ciò non toglie, precisano i ricercatori, che l'alta prevalenza di fattori di rischio modificabili suggerisca come le famiglie colpite dovrebbero intervenire modificandoli. Nell'Euroaspire II, citato in precedenza, il 30% dei fratelli fumava, il 20% era obeso, il 23% iperteso e l'8% con il diabete.
Linee guida poco applicate
Ma il punto critico della review britannica riguarda l'applicazione delle linee guida. L'affermazione che i parenti di primo grado degli infartuati siano più a rischio, non è infatti una novità assoluta. Ma nella pratica clinica esiste questo tipo di prevenzione? Molto poco, dicono i ricercatori. Tra i fratelli di 325 pazienti con la malattia coronarica prematura solo l'83% di quelli ipertesi e il 33% di quelli ipercolesterolemici hanno ricevuto adeguato trattamento medico. E anche la consapevolezza dei pazienti è piuttosto bassa. Quando si effettua lo screening, oltretutto, è per la maggior parte dei casi parte di un check-up generale. Tutte ragioni per cui spesso i parenti non modificano adeguatamente il loro stile di vita. Serve una migliore prevenzione, concludono gli autori, garantire, infatti, servizi ai soggetti con una storia familiare della malattia, aumenterebbe la sopravvivenza per le condizioni cardiache. I parenti devono diventare un target di prevenzione.
Marco Malagutti
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