09 novembre 2007
Aggiornamenti e focus
Cuore di donna più esposto
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È ormai da tempo che le ricerche hanno confermato significative differenze tra i due sessi in caso di infarto. Differenze che riguardano sia le caratteristiche biologiche e personali sia le scelte terapeutiche adottate negli uomini e nelle donne. Molti gli studi condotti in materia, a volte anche con qualche sorpresa, nel senso che, facendo la tara di alcune differenze non legate al sesso, per esempio l'età o la presenza di altre malattie, tendevano a ridurre anche le differenze nell'esito del trattamento. Per esempio, è ampiamente provato che le donne ricoverate per infarto sono di norma più anziane degli uomini e più frequentemente sono diabetiche. Non la pensano così i ricercatori del trial GUSTO (Global Utilization of Streptokinase and Tissue Plasminogen Activator to Treat Occluded Arteries), uno dei più importanti tra quelli dedicati alla valutazione del trattamento medico dell'infarto, in cui si usano particolari farmaci, i trombolitici, per riaprire le arterie occluse. A loro avviso le donne con infarto acuto hanno una maggior mortalità anche indipendentemente da queste caratteristiche di partenza sfavorevoli, e sono anche trattate in modo diverso, perché sono più raramente avviate all'angioplastica pur essendo dimostrato che, una volta trattate con questo intervento, gli esiti sono uguali a quelli degli uomini.
Un'altra difformità tra i sessi, ed è quella indagata dall'ultimo sviluppo del GUSTO, è la risposta alla terapia trombolitica, che nelle donne è più spesso seguita da emorragie. Per valutare tutte le cause e le implicazioni di questo aspetto, sono stati elaborati i dati di oltre 16.000 pazienti trattati in circa 800 ospedali per infarto con elevazione del segmento S-T. Nello studio, è bene precisare, si confrontavano due diversi trattamenti trombolitici.
L'analisi ha confermato che le donne giunte in ospedale con infarto sono "messe peggio" dei maschi: più spesso soffrono di ipertensione, diabete e ipercolesterolemia inoltre sono più anziane e più minute. E, purtroppo, hanno una mortalità entro i primi 30 giorni decisamente superiore all'altro sesso: il 9,8% contro il 4,4%. Questo svantaggio si mantiene anche a un anno, pur riducendosi di entità. Spesso si è sostenuto che questo era dovuto a un minore ricorso alla trombolisi nella donna ma, siccome qui tutte le donne erano trattate con i farmaci, non può essere questa la ragione. È anche confermato che meno spesso le donne vengono sottoposte ad angiografia delle coronarie (il 37,8% contro il 42,3%), e questo malgrado il fatto che se si esegue l'esame, il numero delle pazienti che ha l'indicazione per l'angioplastica sia uguale a quelli dei pazienti uomini. Infine, ed era il dato cercato, le donne sono più esposte alle emorragie a seguito della terapia trombolitica, e questo succede anche quando il dosaggio è definito in base al peso corporeo: non si dimentichi che una delle più macroscopiche differenze tra i due sessi è proprio la struttura fisica e, per quanto banale, è un aspetto importante. Peraltro le emorragie, riporta la letteratura, non si verificano solo nell'infarto, ma anche nel trattamento delle tromboembolie e di altri incidenti vascolari. Sulle cause, però, il dibattito è ancora aperto: una prima spiegazione possibile è che spesso le donne hanno problemi renali e la ridotta escrezione del farmaco attraverso i reni può di fatto determinare un'overdose del farmaco. Di conseguenza si ha l'emorragia, la terapia viene necessariamente sospesa e, quindi, diviene più probabile una ricaduta anche mortale. Ma non è solo questo: potrebbe entrare in gioco anche una differenza nei meccanismi della coagulazione e della fibrinolisi specifica per il sesso. Allo stesso modo potrebbe cambiare la risposta infiammatoria dell'organismo femminile, con una maggiore propensione alla rottura dei vasi. Insomma, concludono i ricercatori, le differenze ci sono, sia nella caratteristiche di base sia nella presentazione e nel trattamento. Ora è venuto il momento di passare a studi che indichino perché e, si spera, che cosa fare.
Maurizio Imperiali
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Un'altra difformità tra i sessi, ed è quella indagata dall'ultimo sviluppo del GUSTO, è la risposta alla terapia trombolitica, che nelle donne è più spesso seguita da emorragie. Per valutare tutte le cause e le implicazioni di questo aspetto, sono stati elaborati i dati di oltre 16.000 pazienti trattati in circa 800 ospedali per infarto con elevazione del segmento S-T. Nello studio, è bene precisare, si confrontavano due diversi trattamenti trombolitici.
Conferme e sospetti
L'analisi ha confermato che le donne giunte in ospedale con infarto sono "messe peggio" dei maschi: più spesso soffrono di ipertensione, diabete e ipercolesterolemia inoltre sono più anziane e più minute. E, purtroppo, hanno una mortalità entro i primi 30 giorni decisamente superiore all'altro sesso: il 9,8% contro il 4,4%. Questo svantaggio si mantiene anche a un anno, pur riducendosi di entità. Spesso si è sostenuto che questo era dovuto a un minore ricorso alla trombolisi nella donna ma, siccome qui tutte le donne erano trattate con i farmaci, non può essere questa la ragione. È anche confermato che meno spesso le donne vengono sottoposte ad angiografia delle coronarie (il 37,8% contro il 42,3%), e questo malgrado il fatto che se si esegue l'esame, il numero delle pazienti che ha l'indicazione per l'angioplastica sia uguale a quelli dei pazienti uomini. Infine, ed era il dato cercato, le donne sono più esposte alle emorragie a seguito della terapia trombolitica, e questo succede anche quando il dosaggio è definito in base al peso corporeo: non si dimentichi che una delle più macroscopiche differenze tra i due sessi è proprio la struttura fisica e, per quanto banale, è un aspetto importante. Peraltro le emorragie, riporta la letteratura, non si verificano solo nell'infarto, ma anche nel trattamento delle tromboembolie e di altri incidenti vascolari. Sulle cause, però, il dibattito è ancora aperto: una prima spiegazione possibile è che spesso le donne hanno problemi renali e la ridotta escrezione del farmaco attraverso i reni può di fatto determinare un'overdose del farmaco. Di conseguenza si ha l'emorragia, la terapia viene necessariamente sospesa e, quindi, diviene più probabile una ricaduta anche mortale. Ma non è solo questo: potrebbe entrare in gioco anche una differenza nei meccanismi della coagulazione e della fibrinolisi specifica per il sesso. Allo stesso modo potrebbe cambiare la risposta infiammatoria dell'organismo femminile, con una maggiore propensione alla rottura dei vasi. Insomma, concludono i ricercatori, le differenze ci sono, sia nella caratteristiche di base sia nella presentazione e nel trattamento. Ora è venuto il momento di passare a studi che indichino perché e, si spera, che cosa fare.
Maurizio Imperiali
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