02 aprile 2008
Aggiornamenti e focus
Figli d'ipertesi più a rischio
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Agire su tutti i fattori di vita correggibili per evitare di sviluppare l'ipertensione è opportuno per tutti, ma è logico che gli sforzi della prevenzione primaria debbano focalizzarsi in particolare sugli individui a rischio più elevato, come raccomandano le linee guida. Tra questi sono compresi coloro che hanno altri componenti della famiglia con la pressione alta, soprattutto i figli di genitori ipertesi, categoria che è stata abbastanza studiata ma con aspetti rimasti da chiarire. E' importante, a fini strategici, sapere per esempio se il rischio associato con l'ipertensione parentale sia costante lungo tutta la vita adulta o maggiore in età più giovanile, se si leghi più alla pressione alta materna o paterna, se sia in relazione all'età d'esordio nei genitori. Il Johns Hopkins Precursor Study ha voluto approfondire meglio la questione ricorrendo a una coorte di 1160 maschi bianchi che hanno studiato nella stessa scuola medica universitaria di Baltimora, evidenziando in effetti una marcata associazione tra l'ipertensione dei genitori e quella incidente lungo la vita adulta dei figli.
Quello della Johns Hopkins University è uno studio longitudinale disegnato nel 1947; i ricercatori hanno preso in considerazione i dati clinici nell'arco di cinquant'anni di un migliaio di iscritti alla scuola di medicina nati tra il 1948 e il 1964, compresi i valori pressori iniziali e misurati ogni cinque anni, più le informazioni raccolte con questionari annuali relative alla pressione arteriosa e alle diagnosi d'ipertensione tra i partecipanti e i loro genitori, e quelle su fumo, attività fisica, consumo di alcol e caffè, indice di massa corporea. Si è definita ipertensione una pressione maggiore o uguale a 160/95 mmHg in un questionario annuale e maggiore o uguale a 140/90 mmHg in due o più questionari; l'ipertensione parentale era classificata in quattro situazioni: nessuna, solo materna, solo paterna, di entrambi i genitori. E' risultato che i valori medi sistolici e diastolici erano significativamente più elevati tra i partecipanti con ipertensione parentale; dopo l'aggiustamento per la pressione arteriosa iniziale e le variabili legate ai comportamenti si è osservato che: il rischio di sviluppare l'eccesso pressorio era aumentato a 1,5 in caso di sola ipertensione materna, a 1,8 per quella solo paterna e a 2,4 per quella di entrambi i genitori, in confronto a nessuna ipertensione parentale. Dato più eclatante, l'esordio abbastanza precoce dell'ipertensione in entrambi i genitori, cioè prima dei 55 anni, si associava a un rischio (aggiustato) 6,2 volte più alto per i figli di sviluppare lo stesso problema nel corso della vita adulta, e addirittura 20 volte più elevato di svilupparlo intorno ai 35 anni d'età.
Sia l'ipertensione paterna sia quella materna sono dunque apparse fortemente e indipendentemente associate con valori pressori più alti e vera e propria ipertensione nei figli; tra questi ultimi i più esposti sono risultati quelli con valori più alti alla fine dell'adolescenza e con l'incremento maggiore durante la vita adulta, specie per la sistolica, oltre che con entrambi i genitori ipertesi o almeno uno che lo è diventato prima dei 55 anni. Per l'ipertensione è stata infatti riconosciuta una familiarità, con una frazione attribuita a ereditarietà compresa tra il 35 e il 65% ma probabilmente dovuta alla condivisione di fattori genetici e ambientali (per esempio i valori pressori concordano di più tra gemelli monozigotici che di zigotici, ma anche più tra coniugi che tra non coniugi). I risultati dello studio, secondo gli autori, enfatizzano l'importanza per i medici di informarsi dai propri pazienti sull'eventuale presenza d'ipertensione parentale, specialmente se manifestata in età più giovane, e questo sia per gli interventi a livello individuale sia per altri a livelli di popolazione. E sottolineano l'opportunità della prevenzione primaria e del monitoraggio della pressione arteriosa da attuare anticipatamente nel caso di uomini con genitori affetti da ipertensione, soprattutto se insorta precocemente.
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Occhio a esordio parentale prima dei 55
Quello della Johns Hopkins University è uno studio longitudinale disegnato nel 1947; i ricercatori hanno preso in considerazione i dati clinici nell'arco di cinquant'anni di un migliaio di iscritti alla scuola di medicina nati tra il 1948 e il 1964, compresi i valori pressori iniziali e misurati ogni cinque anni, più le informazioni raccolte con questionari annuali relative alla pressione arteriosa e alle diagnosi d'ipertensione tra i partecipanti e i loro genitori, e quelle su fumo, attività fisica, consumo di alcol e caffè, indice di massa corporea. Si è definita ipertensione una pressione maggiore o uguale a 160/95 mmHg in un questionario annuale e maggiore o uguale a 140/90 mmHg in due o più questionari; l'ipertensione parentale era classificata in quattro situazioni: nessuna, solo materna, solo paterna, di entrambi i genitori. E' risultato che i valori medi sistolici e diastolici erano significativamente più elevati tra i partecipanti con ipertensione parentale; dopo l'aggiustamento per la pressione arteriosa iniziale e le variabili legate ai comportamenti si è osservato che: il rischio di sviluppare l'eccesso pressorio era aumentato a 1,5 in caso di sola ipertensione materna, a 1,8 per quella solo paterna e a 2,4 per quella di entrambi i genitori, in confronto a nessuna ipertensione parentale. Dato più eclatante, l'esordio abbastanza precoce dell'ipertensione in entrambi i genitori, cioè prima dei 55 anni, si associava a un rischio (aggiustato) 6,2 volte più alto per i figli di sviluppare lo stesso problema nel corso della vita adulta, e addirittura 20 volte più elevato di svilupparlo intorno ai 35 anni d'età.
Prevenzione e monitoraggio da intensificare
Sia l'ipertensione paterna sia quella materna sono dunque apparse fortemente e indipendentemente associate con valori pressori più alti e vera e propria ipertensione nei figli; tra questi ultimi i più esposti sono risultati quelli con valori più alti alla fine dell'adolescenza e con l'incremento maggiore durante la vita adulta, specie per la sistolica, oltre che con entrambi i genitori ipertesi o almeno uno che lo è diventato prima dei 55 anni. Per l'ipertensione è stata infatti riconosciuta una familiarità, con una frazione attribuita a ereditarietà compresa tra il 35 e il 65% ma probabilmente dovuta alla condivisione di fattori genetici e ambientali (per esempio i valori pressori concordano di più tra gemelli monozigotici che di zigotici, ma anche più tra coniugi che tra non coniugi). I risultati dello studio, secondo gli autori, enfatizzano l'importanza per i medici di informarsi dai propri pazienti sull'eventuale presenza d'ipertensione parentale, specialmente se manifestata in età più giovane, e questo sia per gli interventi a livello individuale sia per altri a livelli di popolazione. E sottolineano l'opportunità della prevenzione primaria e del monitoraggio della pressione arteriosa da attuare anticipatamente nel caso di uomini con genitori affetti da ipertensione, soprattutto se insorta precocemente.
Elettra Vecchia
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