Troppo zucchero nuoce all'eloquio

07 luglio 2004
Aggiornamenti e focus

Troppo zucchero nuoce all'eloquio



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Il cervello ha bisogno di zucchero, ma senza esagerare. Non si spiegherebbe altrimenti l'osservazione che nelle persone diabetiche, e, forse, anche in quelle che hanno un'alterata tolleranza al glucosio pur senza la malattia propriamente detta, si verifica un decadimento delle capacità cognitive più accelerato.
E' vero che non sono poi molti gli studi che hanno affrontato specificamente questo aspetto, ma dati che indicavano questo effetto erano stati ricavati da parecchi studi controllati.
In ordine di tempo, a mettere sotto accusa l'eccesso di glucosio viene da ultima l'esperienza condotta su un sottogruppo di uno degli studi più lunghi condotti nel mondo: il Rancho Bernardo Health and Chronic Disease Study , cominciato nel 1972. I ricercatori hanno selezionato un campione di un migliaio tra uomini e donne, bianchi, di età compresa tra 42 e 89 anni. Le persone sono state valutate come normoglicemiche, cioè con metabolismo normale, con intolleranza al glucosio o apertamente diabetiche basandosi sia sulla glicemia a digiuno sia sulla glicemia misurata dopo assunzione di zucchero. All'inizio dello studio tutti sono stati sottoposti a tre test tesi a valutare la capacità cognitive: uno basato soprattutto sulla fluenza verbale, cioè sulla capacità di trovare le parole giuste, uno centrato soprattutto su orientamento, attenzione, memoria e ovviamente linguaggio e il terzo dedicato alle capacità visomotorie.

Considerare tutti i fattori possibili


Inoltre, coerentemente al protocollo dello studio in generale, sono stati controllati anche i principali parametri del metabolismo lipidico (trigliceridi, colesterolo) e anche la presenza dell'allele epsilon-4 dell'apolipoproteina E, che è stato identificato come una delle cause genetiche dell'Alzheimer.
Alla prima valutazione neuropsicologica, la media dei risultati non presentava differenze in funzione della tolleranza al glucosio, ma il quadro cambiava quattro anni più tardi quando, quantomeno nella popolazione femminile, era possibile stabilire una correlazione diretta tra il livello glicemico e il cattivo risultato nel test di fluenza verbale. Inoltre, esisteva anche una correlazione tra cattivi risultati e scarso controllo della glicemia, cioè una terapia non adeguata o seguita inadeguatamente, circostanza segnalata da un altro test, la valutazione dell'emoglobina glicata. Un altro aspetto considerato nella ricerca era se il declino cognitivo non potesse essere influenzato, più che dalla glicemia in sé, dal fatto che potesse essersi sviluppata già qualche complicanza del diabete, in particolare la micro o la macro-angiopatia, cioè un danno vascolare cerebrale. Tuttavia anche le donne che mostravano un degrado al test della fluenza verbale non presentavano segni in questo senso. Non avevano effetto, poi, né l'ipertensione né il livello di grassi e colesterolo nel sangue.

La memoria verbale si attenua più facilmente


Due punti restano da spiegare: perché solo uno dei tre test ha rivelato differenze e perché soltanto negli uomini. A quest'ultima domanda i ricercatori hanno risposto soprattutto ricorrendo alla statistica: il campione femminile era in media di due anni più anziano di quello maschile. Rispondere perché solo la fluenza verbale venga intaccata richiede invece di addentrarsi nei meccanismi e della malattia e dei processi cognitivi. Abilità come quella di dare il nome corretto a cose o immagini presentate risentono molto di più dello stato della circolazione sottocorticale. Insomma è un indicatore più fine dello stato della circolazione cerebrale.

Davide Minzoni



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