Un gatto in corsia

02 agosto 2007
Aggiornamenti e focus

Un gatto in corsia



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Storia di ordinaria quotidianità quella raccontata dal New England Journal of Medicine, attraverso le parole di un geriatra che opera nel Rhode Island Hospital: un gatto adottato dall'ospedale che vive la sua vita tra le corsie e i letti dei degenti. In tempi di pet therapy non ci sarebbe nulla di strano in una scelta del genere, il gatto è un animale domestico, silenzioso, docile e tendenzialmente pulito. Ma Oscar, questo è il suo nome, ha una particolarità: riconosce e si avvicina ai degenti del reparto che stanno per morire. Con una metodicità che non lascia spazio all'ipotesi di casualità.

Una giornata particolare


La tipica giornata di Oscar è stata raccontata dal medico osservatore, nell'occasione di uno dei suoi giri in corsia conclusi con il decesso di un'ospite della struttura. Il gatto ha la sua cuccia nella sala dove i medici conservano cartelle cliniche e documentazione, si alza si stiracchia e inizia il suo giro. Con segnali ben chiari tiene lontani alcuni pazienti, entra ed esce dalle camere, sale sui letti annusa l'aria e poi va via. Nell'episodio riportato dalla rivista, in uno di questi momenti, l'animale dopo aver annusato l'aria si ferma come se stesse facendo delle considerazioni, poi, con un movimento tipicamente felino, gira due volte su se stesso e si accuccia acciambellato a fianco del paziente. Passano alcune ore e il gatto resta nella sua posizione. L'infermiera se ne accorge e chiama i familiari, entro due ore il paziente passa a miglior vita con a fianco i familiari e un gatto. La risonanza del caso è dovuta alla reiterazione: è successo già 25 volte, e ormai i medici e il personale dell'ospedale leggono la presenza del gatto al capezzale come l'imminenza del decesso. Dopo la morte, Oscar scende dal letto e torna nella sua cuccia. Comportamenti del genere non li assume in nessun'altra circostanza. Gli eventi, per altro, si svolgono senza alcun cinismo o demonizzazione dell'animale dal momento che tutto ciò accade in un reparto di ricovero di persone molto anziane, colpite da demenza, che non hanno consapevolezza di ciò che accade.

Cani da diagnosi


Senza scomodare antichi pregiudizi da Santa Inquisizione o dinamiche psichiche tra malato e animale, gli esperti di etologia concordano che la spiegazione sia biochimica. Il gatto sente a tutti gli effetti che la morte si avvicina e, anche se non si conosce bene cosa accade nel corpo umano quando smette di funzionare, l'ipotesi è che emetta degli odori che l'olfatto felino percepisce. Un fenomeno che è stato riscontrato anche nei cani: uno studio del 2004, pubblicato dal British Medical Journal, riportava l'esperienza di addestramento di cani per riconoscere la presenza di tumore alla vescica annusando le urine dei pazienti. Nella stessa equipe di ricercatori è stato proposto e realizzato l'addestramento di cani a riconoscere in anticipo un attacco epilettico. Gli animali, senza distinzione di razza, leggevano dei cambiamenti nell'espressione facciale del soggetto, nei suoi movimenti, odori e dilatazione della pupilla e avvisavano il padrone. L'iniziativa ha avuto origine dall'esperienza di un cane che leccava la mano alla sua padrona 40 minuti prima di un attacco epilettico, e l'associazione Support Dogs ne ha addestrati 45. I pazienti che ne hanno adottato uno dicono di sentirsi più sereni. In realtà, per quanto il denominatore comune siano gli animali e la salute dell'uomo, c'è una differenza di fondo, sottolineata da un etologo (lo psicologo degli animali), in un'intervista alla BBC inglese: i cani erano stati addestrati e avevano una motivazione per agire secondo lo schema appreso, nonché un legame affettivo con il padrone. La mancanza di questi elementi nella storia di Oscar, che è anche un gatto perciò un animale molto più solitario e autonomo, adagia sul caso un alone di mistero che per ora nessuno ha saputo sciogliere.

Simona Zazzetta



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