Il calendario non fa paura

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Il calendario non fa paura



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La scoperta di una ruga, il fiatone dopo una breve rampa di scale, quel senso di sfinimento al termine di una partita di calcio con gli amici, quel dolore insistente alla schiena, rappresentano alcuni degli elementi che favoriscono la prima presa d'atto del tempo che scorre: il fisico non sembra più reagire prontamente come in passato, la memoria, a volte, riserva amare sorprese e ci si ritrova a dovere fare i conti con le proprie possibilità, ancora prima che con i propri progetti d'azione. In tale processo, tuttavia, non si devono dimenticare lo sguardo indagatore altrui ed il relativo giudizio implacabile.

Ma che cosa è la vecchiaia e quando inizia?


Una definizione possibile

Secondo lo psichiatra Claude Olievenstein la vecchiaia è "un confronto iniquo tra il desiderio, i desideri, e la possibilità sempre più ridotta di soddisfarli, a causa dei tabù della società contemporanea o della condizione del corpo, oppure per paura di essere additati come incapaci".

In questa fase di vita, più che mai, i modelli sociali influiscono ampiamente sulla definizione dell'immagine di se stessi e sulle scelte da compiere. Tali modelli impongono una condizione di bellezza e di giovinezza eterne, al punto tale che, la stragrande maggioranza delle persone cerca di adattarsi a tali canoni, al fine di essere accettata ed integrata socialmente.
La sensibilità ai giudizi esterni diventa estrema e si accentua sempre più col trascorrere degli anni: gli altri rappresentano una sorta di specchio che rimanda la nostra immagine. La definizione di vecchio deriva dagli altri, prima ancora che da se stessi.

Un esempio di tale atteggiamento si rinviene, per esempio, nei conteggi laboriosi e frequenti che le persone anziane compiono tra loro, nei quali anche un anno in meno può rendere estremamente significativa la differenza.
Ma il confronto, lo sguardo, il giudizio altrui, a volte, fanno paura, perché costituiscono una minaccia di segregazione, di isolamento, se non si risulta più in grado di rispettare i canoni imposti dalla società e necessari per partecipare ad essa.

Per questo, molte persone si oppongono a questo declino progressivo, in modo particolare del corpo, primo elemento tangibile che gli altri possono giudicare, quello che diventa, ancor più e prima dell'età anagrafica, il metro di paragone e di discriminazione tra anziani e non. Quindi, comincia la lunga successione di trattamenti intensivi, di operazioni chirurgiche, a volte, al limite del paradosso. Molti rischiano, in tale fase, di superare quel confine sottile tra necessaria cura di sé e tentativo disperato, a volte, addirittura ossessivo, di fermare il tempo, scolpendo e ristrutturando il loro corpo, come se potesse essere immortalato al pari di una statua di marmo.

Spesso, si tende a evitare, fin da giovani, il contatto con le persone anziane, nel tentativo di non pensare a quella che potrebbe essere la propria esistenza negli anni e venire. E così ci si limita a vivere in una sorta di eterno presente, nell'illusione di una giovinezza senza fine, come, peraltro, la società propone, isolando le persone anziane e definendole tramite allusioni, perifrasi, circonlocuzioni ed espedienti vari.
In questo modo, però, non si fa altro se non rafforzare il timore di una fase di vita che non si conosce neanche per interposta persona, alimentando le paure, gli stereotipi ed i pregiudizi e rendendo ancora più doloroso e devastante quello che sarà l'ingresso futuro.

E' possibile una riscossa


Eppure, la vecchiaia non comporta solo limiti e carenze.
La prima sfida consiste in una sua definizione non in negativo, in base a ciò che manca o che viene meno, ma in positivo, in base alle nuove abilità, competenze ed esperienze acquisite. Se una funzione come la memoria può indebolirsi, si può notare come sia possibile compensarla, per esempio, con la creatività: non sono infrequenti i casi di persone che, nel mezzo di un discorso, nonostante una momentanea perdita del 'filo', riescono a sottrarsi alla deifaillance proseguendo a braccio, completando l'intervento, magari con maggiore enfasi e coinvolgimento di quanto avrebbero potuto fare seguendo lo schema che si erano prefissati.

Una corretta educazione, sia a livello sociale, sia individuale, a scopo preventivo, contribuirebbe a eliminare almeno una buona parte di quell'alone di mistero che aleggia intorno alla vecchiaia e che incute un forte timore.
A livello sociale, sarebbe auspicabile eliminare i pregiudizi, frutto dell'ignoranza ed i preconcetti che gravano su tale fase di vita, oltre che consentire agli anziani di avere un loro spazio ed un ruolo socialmente attivo, a seconda delle loro possibilità e dei loro interessi.
A livello individuale, potrebbe essere utile una campagna informativa a scopo preventivo, al fine di fugare dubbi e incertezze, invitare alla cura sia del proprio fisico, sia della propria mente, ma soprattutto per veicolare l'idea che la vecchiaia è una fase di vita, non sempre, né necessariamente, legata alla patologia e che rappresenta la logica prosecuzione di ciò che si era prima.
Non c'è una cesura netta tra il 'prima' e il 'dopo': chi vedeva il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto in precedenza, lo farà anche in seguito. Nonostante questo, però, c'è ancora spazio e tempo per cambiare.

Ecco, quindi, una delle risorse della vecchiaia: essa potrebbe essere definita come una ulteriore opportunità che viene offerta per compiere cose che fino a quel momento, per vari motivi, non si erano attuate, per migliorare se stessi, ma, soprattutto, per ricercare il senso del proprio esistere e del proprio agire.
In questa ultima accezione, la vecchiaia, insieme all'adolescenza, rappresenta una delle età privilegiate per compiere tale percorso.
Ed ecco che la ricerca di senso trova le sue risposte, ad esempio, in una fede religiosa, qualunque possa essere, oppure nella trasmissione transgenerazionale, in cui si sente di possedere ancora qualcosa da offrire e che, come tale, permarrà anche al termine della propria vita terrena.

Il momento di nuove relazioni

Ma la vecchiaia è anche un ottimo momento per coltivare nuovi interessi e passioni, così come per ri-scoprire quelli che, in passato, si erano accantonati. E' il momento in cui, nonostante le indiscutibili difficoltà, si possono intrecciare nuove relazioni amicali o affettive. Il rischio, ancora una volta, consiste nella disapprovazione sociale, frutto di una non consapevolezza e, in ultima analisi, della non accettazione della presenza di una vita affettiva che, a volte, può essere molto intensa, anche tra le persone anziane. Senza rasentare gli estremi di coloro che passano da un'amante all'altra, tutte rigorosamente giovanissime, per tentare di ottenere le tanto attese conferme circa il vigore delle prestazioni al pari di una persona giovane, è possibile instaurare un rapporto affettivo più realistico, a volte disilluso, tollerante, ma, comunque, molto arricchente.
La ricerca spasmodica di conferme di sé, del proprio potere di attrazione corporeo e intellettuale, se finalizzato solo ad esorcizzare il timore del decadimento psicofisico, è destinato, prima o poi, a fallire. Se inserito in un rapporto affettivo profondo, può schiudere nuovi e stimolanti orizzonti affettivi e di completamento di sé.

Quello che conta maggiormente nella definizione della vecchiaia, quindi, è il proprio vissuto soggettivo nei suoi confronti, cioè, come viene percepita, anche in virtù della non coincidenza tra età anagrafica e biologica.

Quando inizia?

Non è possibile stabilire una data precisa di inizio della vecchiaia, né in generale, né, tantomeno, per il singolo individuo.
Le variabili che sanciscono l'inizio di tale fase di vita sono numerose, fisiche, psicologiche, ambientali, per citarne alcune.
Lo stato fisico, senza dubbio, è il primo fattore che segna lo scarto tra ciò che si vorrebbe compiere e le reali possibilità. Il dolore che nasce dal confronto tra questi due estremi può essere anche molto intenso, se non, a volte, devastante.
Gli aspetti psicologici determinano il vissuto individuale, in relazione a tutto il complesso della vita fino a quel momento vissuta e a quella che resta ancora a disposizione.
Gli aspetti ambientali si riferiscono non solo ai già citati atteggiamenti sociali, ma anche a quelli più ristretti a livello familiare. Il puntualizzare costantemente le manchevolezze, l'irritazione, il pietismo, oppure la preoccupazione assillante con cui vengono additati tali deficit possono aggravare il vissuto soggettivo già di per sé doloroso.

Tali variabili operano in sinergia tra loro, si influenzano e si rafforzano a vicenda, creando situazioni uniche.

La vecchiaia, inoltre, non ha un esordio istantaneo neanche per il singolo: non esiste un momento netto e preciso che segna tale transizione. Esistono, piuttosto, tanti piccoli gesti, eventi sociali, sintomi che si sommano, si consolidano e diventano sempre più ricorrenti, fino a cronicizzarsi.
Le donne, d'altra parte, hanno un'occasione meglio delimitata che ricorda loro lo scorrere del tempo, la menopausa, che delinea il primo grande divario tra senescenza fisica e vitalità psichica e/o psicologica.

In sintesi: che fare?

Di fronte alle paure che il diventare anziani comporta, l'isolamento, la solitudine, il decadimento fisico, il non essere più desiderati, il senso di inutilità, la perdita di qualsiasi ruolo sia nella società, sia nella famiglia, la malattia, la morte, non esistono ricette né magiche, né valide per tutti per vivere appieno questa fase di vita.
E' fondamentale rendersi conto che anche la vecchiaia è una fase di vita e, come tale, va vissuta, facendo tesoro dell'esperienza e della consapevolezza raggiunte fino a quel momento, senza chiudersi di fronte alle occasioni per crescere ulteriormente come persone e per migliorarsi. Sta al singolo individuo trovare l'equilibrio, la dimensione più confacente per proseguire il proprio cammino.

Se, per esempio, la fine dell'attività lavorativa è accompagnata, in un primo momento, dall'entusiasmo e della soddisfazione per il 'meritato riposo', successivamente, in breve tempo, tali vissuti saranno inevitabilmente sostituiti dal senso di noia e di inutilità.
La sfida consiste nell'essere in grado di impiegare il tempo libero a disposizione, secondo i propri interessi, disposizioni e possibilità, in altre attività, ad esempio nel volontariato, che può essere utile non solo per le persone a cui tali azioni sono rivolte, ma anche per se stessi, in quanto mezzo per riempire quel vuoto che il termine della attività professionale crea, nonché per contribuire a dare un senso alla propria esistenza ed al proprio operato.

Essere in grado di trovare e valorizzare l'aspetto positivo in tutte le situazioni, anche in quelle più disagiate, rappresenta un ottimo modo per rivolgere le situazioni a proprio favore. Come ne caso della solitudine che, a volte, può essere anche molto dolorosa, ma può essere utilizzata come occasione per entrare in contatto profondo con se stessi ed avviare un percorso di analisi e di crescita spirituali.

Anna Fata



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