05 febbraio 2003
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Alleviare il lieto evento
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Il ricorso all'anestesia è oggi la scelta del 60% delle donne, nonostante i dubbi sugli effetti collaterali, rimane un metodo efficace e molto diffuso
Già a metà dell'800 venivano fatti dei tentativi per sedare la sofferenza che prova la donna durante il parto e per migliorare le condizioni del lieto evento. Il ricorso all'anestesia è oggi la scelta del 60% delle donne che spesso sono sottoposte all'anestesia epidurale o combinata spinale-epidurale. L'obiettivo è eliminare il dolore che sopraggiunge all'inizio del travaglio, trasmesso attraverso le radici dei nervi sacrali, lombari e basso toracici. La tecnica consiste nell'inserimento, a livello lombare, di un catetere molto sottile che permette all'anestetico di raggiungere lo spazio epidurale, un tessuto situato nella colonna vertebrale adiacente alle fibre nervose. In alternativa, la tecnica combinata raggiunge uno "strato" più profondo e inietta, con un ago più sottile, la soluzione anestetica nello spazio subaracnoideo, sottostante l'epidurale.
Le donne che scelgono il parto non doloroso sono più frequentemente alla prima gravidanza, giungono in ospedale con travaglio in fase iniziale, hanno una dilatazione cervicale più lenta e un'apertura pelvica minore e danno alla luce neonati più grandi.
L'analgesia somministrata con queste tecniche agisce molto più efficacemente di quella indotta dagli oppiacei assunti per via endovenosa, ma comporta delle modificazioni più profonde nel controllo muscolare che possono condizionare il metodo con cui avviene il parto. Tuttavia non è ancora possibile stabilire una correlazione tra l'anestesia epidurale e la variazione della percentuale di parti cesarei, di parti vaginali aiutati con il forcipe o con l'aspirazione, condizioni associate a un maggior rischio di complicanze, e di prolungati travagli.
Gli studi in merito continuano a dare risultati variabili e contraddittori. Per esempio, una recente metanalisi su 2400 partorienti, assegnate a terapia del dolore, ha rilevato un prolungamento nella prima e nella seconda fase del travaglio nel gruppo sottoposto a epidurale rispetto al gruppo con oppioidi per via parenterale, mentre non risultavano differenze significative nella percentuale di parti cesarei.
Al contrario, uno studio ha dimostrato che il 17% di un gruppo di pazienti affidate all'anestesia epidurale aveva fatto ricorso a taglio cesareo a causa di difficoltà durante il parto, contro il 2% del gruppo sotto oppioidi.
Sono numerosi gli studi di questo genere che si alternano nel sostenere l'una o l'altra tesi, ma è probabile che tali oscillazioni dipendano dalla pratica ostetrica applicata e dalla popolazione osservata: in uno studio con 1533 pazienti seguite da 11 équipe diverse, la percentuale di parti cesarei variava dal 19 al 41%.
E' certo, invece, che l'impiego dell'anestesia epidurale aumenta il ricorso al forcipe e ad altri ausili durante il parto: nel confronto con l'analgesia con oppioidi la percentuale passa dal 3% al 12%. Una possibile spiegazione è data dal blocco motorio indotto dall'epidurale che impedisce alla madre di spingere adeguatamente. Inoltre, la tecnica è associata a una maggior frequenza della posizione occipitale posteriore del feto, condizione che contribuisce ad aumentare la percentuale di parti aiutati.
Se l'anestesia epidurale negli altri pazienti abbassa la temperatura corporea, somministrata alle donne in fase di travaglio la fa aumentare a 38°C. Il sintomo, per quanto apparentemente banale, solleva sospetti su possibili infezioni della madre o del neonato favorite, magari, proprio dalla tecnica, con conseguente diagnosi di setticemia e terapia antibiotica. Molti ricercatori tendono a escludere questa ipotesi, se così fosse l'incidenza attesa di neonati, nati con anestesia epidurale, con setticemia dovrebbe essere più alta. Si pensa, invece che la febbre sia attribuibile ad alterazioni della produzione e dissipazione di calore. Rimane comunque difficile distinguere l'origine dello stato febbrile durante il travaglio sia perché non si conoscono bene le ragioni fisiologiche dell'associazione, sia perché mancano dei marcatori che consentano di distinguere.
In molte donne che hanno subito l'epidurale compare mal di schiena, ma uno studio condotto su 385 donne al primo parto non supporta questa associazione. Resta comunque un fattore di rischio la tecnica di inserimento del catetere: se il suo posizionamento viene eseguito in modo maldestro si possono verificare gravi mal di testa, che però risultano trattabili nel 75% dei casi.
Infine, una delle complicanze temute è la cosiddetta sindrome di Mendelson: l'aspirazione del contenuto acido gastrico nei polmoni. Per aumentare la sicurezza le partorienti devono osservare uno stretto digiuno.
Parto cesareo durante e dopo
L'anestesia epidurale rappresenta anche una scelta elettiva per la gestione del dolore operatorio e post operatorio del parto cesareo, voluto o di emergenza. L'esclusione dell'anestesia generale è dettata dall'elevato rischio di morte, 17 volte più alto, riscontrato nelle pazienti di ostetricia. In questo caso gli oppioidi vengono iniettati per via epidurale e controllano significativamente il dolore nelle 24 ore dopo l'intervento, con quantità di farmaco di gran lunga inferiore a quella necessaria per l'applicazione sistemica. Gli oppioidi agiscono su recettori specifici ma possono diffondere attraverso il flusso passivo del liquido cerebrospinale e raggiungere particolari distretti cerebrali; questo spiega i possibili effetti collaterali: nausea, vomito, prurito, difficoltà respiratorie.
Nonostante i dubbi non ancora dissolti, e gli effetti collaterali, le attuali conoscenze supportano l'anestesia epidurale come terapia del dolore durante il parto sicura ed efficace. Ma il metodo rimane comunque una scelta, che può essere accolta o esclusa, a condizione, però, che avvenga con un consenso informato.
Simona Zazzetta
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Già a metà dell'800 venivano fatti dei tentativi per sedare la sofferenza che prova la donna durante il parto e per migliorare le condizioni del lieto evento. Il ricorso all'anestesia è oggi la scelta del 60% delle donne che spesso sono sottoposte all'anestesia epidurale o combinata spinale-epidurale. L'obiettivo è eliminare il dolore che sopraggiunge all'inizio del travaglio, trasmesso attraverso le radici dei nervi sacrali, lombari e basso toracici. La tecnica consiste nell'inserimento, a livello lombare, di un catetere molto sottile che permette all'anestetico di raggiungere lo spazio epidurale, un tessuto situato nella colonna vertebrale adiacente alle fibre nervose. In alternativa, la tecnica combinata raggiunge uno "strato" più profondo e inietta, con un ago più sottile, la soluzione anestetica nello spazio subaracnoideo, sottostante l'epidurale.
Le donne che scelgono il parto non doloroso sono più frequentemente alla prima gravidanza, giungono in ospedale con travaglio in fase iniziale, hanno una dilatazione cervicale più lenta e un'apertura pelvica minore e danno alla luce neonati più grandi.
Epidurale e metodi di parto
L'analgesia somministrata con queste tecniche agisce molto più efficacemente di quella indotta dagli oppiacei assunti per via endovenosa, ma comporta delle modificazioni più profonde nel controllo muscolare che possono condizionare il metodo con cui avviene il parto. Tuttavia non è ancora possibile stabilire una correlazione tra l'anestesia epidurale e la variazione della percentuale di parti cesarei, di parti vaginali aiutati con il forcipe o con l'aspirazione, condizioni associate a un maggior rischio di complicanze, e di prolungati travagli.
Gli studi in merito continuano a dare risultati variabili e contraddittori. Per esempio, una recente metanalisi su 2400 partorienti, assegnate a terapia del dolore, ha rilevato un prolungamento nella prima e nella seconda fase del travaglio nel gruppo sottoposto a epidurale rispetto al gruppo con oppioidi per via parenterale, mentre non risultavano differenze significative nella percentuale di parti cesarei.
Al contrario, uno studio ha dimostrato che il 17% di un gruppo di pazienti affidate all'anestesia epidurale aveva fatto ricorso a taglio cesareo a causa di difficoltà durante il parto, contro il 2% del gruppo sotto oppioidi.
Sono numerosi gli studi di questo genere che si alternano nel sostenere l'una o l'altra tesi, ma è probabile che tali oscillazioni dipendano dalla pratica ostetrica applicata e dalla popolazione osservata: in uno studio con 1533 pazienti seguite da 11 équipe diverse, la percentuale di parti cesarei variava dal 19 al 41%.
E' certo, invece, che l'impiego dell'anestesia epidurale aumenta il ricorso al forcipe e ad altri ausili durante il parto: nel confronto con l'analgesia con oppioidi la percentuale passa dal 3% al 12%. Una possibile spiegazione è data dal blocco motorio indotto dall'epidurale che impedisce alla madre di spingere adeguatamente. Inoltre, la tecnica è associata a una maggior frequenza della posizione occipitale posteriore del feto, condizione che contribuisce ad aumentare la percentuale di parti aiutati.
Complicanze
Se l'anestesia epidurale negli altri pazienti abbassa la temperatura corporea, somministrata alle donne in fase di travaglio la fa aumentare a 38°C. Il sintomo, per quanto apparentemente banale, solleva sospetti su possibili infezioni della madre o del neonato favorite, magari, proprio dalla tecnica, con conseguente diagnosi di setticemia e terapia antibiotica. Molti ricercatori tendono a escludere questa ipotesi, se così fosse l'incidenza attesa di neonati, nati con anestesia epidurale, con setticemia dovrebbe essere più alta. Si pensa, invece che la febbre sia attribuibile ad alterazioni della produzione e dissipazione di calore. Rimane comunque difficile distinguere l'origine dello stato febbrile durante il travaglio sia perché non si conoscono bene le ragioni fisiologiche dell'associazione, sia perché mancano dei marcatori che consentano di distinguere.
In molte donne che hanno subito l'epidurale compare mal di schiena, ma uno studio condotto su 385 donne al primo parto non supporta questa associazione. Resta comunque un fattore di rischio la tecnica di inserimento del catetere: se il suo posizionamento viene eseguito in modo maldestro si possono verificare gravi mal di testa, che però risultano trattabili nel 75% dei casi.
Infine, una delle complicanze temute è la cosiddetta sindrome di Mendelson: l'aspirazione del contenuto acido gastrico nei polmoni. Per aumentare la sicurezza le partorienti devono osservare uno stretto digiuno.
Parto cesareo durante e dopo
L'anestesia epidurale rappresenta anche una scelta elettiva per la gestione del dolore operatorio e post operatorio del parto cesareo, voluto o di emergenza. L'esclusione dell'anestesia generale è dettata dall'elevato rischio di morte, 17 volte più alto, riscontrato nelle pazienti di ostetricia. In questo caso gli oppioidi vengono iniettati per via epidurale e controllano significativamente il dolore nelle 24 ore dopo l'intervento, con quantità di farmaco di gran lunga inferiore a quella necessaria per l'applicazione sistemica. Gli oppioidi agiscono su recettori specifici ma possono diffondere attraverso il flusso passivo del liquido cerebrospinale e raggiungere particolari distretti cerebrali; questo spiega i possibili effetti collaterali: nausea, vomito, prurito, difficoltà respiratorie.
Nonostante i dubbi non ancora dissolti, e gli effetti collaterali, le attuali conoscenze supportano l'anestesia epidurale come terapia del dolore durante il parto sicura ed efficace. Ma il metodo rimane comunque una scelta, che può essere accolta o esclusa, a condizione, però, che avvenga con un consenso informato.
Simona Zazzetta
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