Al sicuro prima di nascere

22 luglio 2005
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Al sicuro prima di nascere



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E' da 35 anni che alle donne in gravidanza viene offerta la possibilità di eseguire una diagnosi prenatale che permette di verificare eventuali anomalie genetiche nel nascituro. Vista l'invasività degli esami, prelievo del liquido amniotico o dei villi coriali, vengono indirizzate soltanto donne riconosciute a rischio di anomalie cromosomiali, principalmente quelle della sindrome di Down. Negli ultimi venti anni sono state implementate tecniche basate su tecnologie diverse: ricerca di marcatori biochimici nel siero materno, aumento della translucenza nucale nel primo trimestre, e combinazione di test biochimici con marcatori ecografici nel primo e nel secondo trimestre. Resta, comunque, il metodo preferito la cariotipizzazione, cioè la definizione del cariotipo, del corredo cromosomico, che evidenzia una gamma di anomalie numeriche e strutturali e le comuni trisomie autosomiche, cioè non legate ai cromosomi sessuali, come il 13 (sindrome di Patau), il 18 (sindrome di Edward) e il 21 (sindrome di Down) e anomalie dei cromosomi sessuali (X e Y).

Efficaci e sensibili


Sono esami invasivi, che prevedono il prelievo di campioni di liquido amniotico, per l'amniocentesi, o dei villi coriali, e richiedono un certo tempo per ottenere risultati, di solito due settimane perché i campioni necessitano di un periodo di coltura prima dell'analisi. Esistono tuttavia dei test rapidi, che si eseguono sullo stesso tipo di materiale organico, e si basano su tecnologie molecolari. Il DNA estratto dai campioni viene sottoposto a PCR (un metodo che amplifica il materiale genetico) oppure a FISH cioè un metodo di ibridazione con sonde fluorescenti (ibridazione fluorescente in-situ). La rapidità è dovuta al fatto che non è necessario mantenere in coltura i campioni prelevati dalla paziente, e i risultati si ottengono in 24-48 ore. Ma rapidità non è detto che sia indice di specificità e affidabilità ragion per cui molti laboratori, per esempio quelli anglosassoni, forniscono dati ottenuti dalla combinazione di tecniche molecolari e citogenetiche (cioè la definizione del cariotipo). Ed è stato proprio il governo anglosassone a suggerire di sospendere il rimborso dell'esame del cariotipo a donne riconosciute a elevato rischio di sindrome di Down e di coprire soltanto i test rapidi. Il dubbio della comunità scientifica ha però sollevato il dubbio sull'opportunità di questa scelta, e ha supportato questa ipotesi con dati oggettivi ottenuti con un studio retrospettivo che ha analizzato tutti i cariotipi osservati nei laboratori tra il 1999 e il 2004. Il primo obiettivo era verificare quanti casi di malattie determinate da un cariotipo anomalo (conseguenze fenotipiche) si sarebbero persi se ci si fosse affidati solo ai test rapidi molecolari. Ma era anche interessante verificare la sensibilità dei test rapidi nel trovare le trisomie 13, 18 e 21 rispetto all'esame del cariotipo completo.

Due è meglio di uno


Sono stati analizzati i dati riguardanti 119 mila campioni di fluido amniotico di cui l'80% erano stati considerati ad alto rischio e quindi indirizzati allo screening per la sindrome di Down. Il 33% dei cariotipi anomali identificati, per la loro natura, sarebbe sfuggito ai test rapidi, e circa il 30% di questi era considerato a rischio di esprimere la patologia. I risultati non cambiavano molto anche con i campioni di villi coriali, 23 mila, di cui il 60% erano stati sottoposti all'esame per la sindrome, ma anche in questo caso c'era una porzione di anomalie che sarebbe passata inosservata ai test molecolari e il 45% di questi presentava un rischio sostanziale di malattia. In conclusione, risultava che per i due tipi di campioni organici, liquido amniotico e villi coriali, si sarebbero persi uno su 100 e uno su 40 anomalie cromosomiche autosomiche, casi associati a un rischio non indifferente di provocare la sindrome nel nascituro.A queste considerazioni, inoltre, si aggiungeva anche il confronto tra le tecniche usate, da sole e in combinazione tra loro. Ebbene, quasi tutti gli esiti erano concordanti tra loro per qualsiasi combinazione proposta, il che non deponeva a favore di nessuno dei metodi in esame eseguito separatamente. Al contrario, gli autori concludono che il protocollo migliore per interpretare correttamente il risultato è la combinazione dell'esame del cariotipo con una delle due tecniche molecolari.

Simona Zazzetta



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