16 gennaio 2009
Aggiornamenti e focus
Il cesareo mette a rischio il respiro
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Prima della 39a settimana di gravidanza il parto cesareo pre-travaglio elettivo (in assenza di specifiche indicazioni materne o fetali) non viene consigliato se non si è evidenziata la maturità polmonare fetale, in quanto si associa a un aumentato rischio di complicanze respiratorie neonatali. E un incremento di rischio è presente con il cesareo nei nati a termine, cioè dopo almeno 37 settimane, ma prima di 39, come ha evidenziato un ampio studio statunitense. Un aspetto che si è voluto indagare per una sua importanza di salute pubblica data la crescita del fenomeno, rilevano gli autori: i cesarei infatti negli Stati Uniti sono passati dal 20,7% del 1996 al 31% del 2006, soprattutto per incremento di quello ripetuto (40% degli 1,3 milioni annuali con questa modalità) e per più di un quarto quelli primari sono pre-travaglio. Il fatto è che questa modalità si va affermando sempre più non per indicazioni cliniche ma per esigenze organizzative dei medici o delle stesse donne: d'altra parte la stessa tendenza c'è in Europa e l'Italia risulta addirittura in testa, con dati che indicano aumenti dall'11% del 1980 al 33% del 2000 e punte recenti anche molto superiori in alcune zone della penisola.
La ricerca multicentrica ha selezionato 13.258 casi di parto cesareo ripetuto elettivo, prima dell'inizio del travaglio e senza indicazioni riconosciute per l'esecuzione prima delle 39 settimane, nel periodo tra 1999 e 2002. Obiettivo era accertare la presenza di complicanze neonatali comprese quelle respiratorie, l'ipoglicemia, la sepsi, l'enterocolite necrotizzante, l'encefalopatia ipossico-ischemica, il ricovero in terapia intensiva, e al limite la mortalità neonatale. Gli esiti avversi di tipo respiratorio consistevano in sindrome da distress respiratorio o tachipnea transitoria del neonato, la seconda in genere meno severa e prolungata della prima dovuta a malattia delle membrane ialine tipicamente nei nati prematuri. Dalla ricerca è emerso innanzitutto che più di un terzo, il 35,8%, dei cesarei considerati era stato eseguito prima del completamento della 39a settimana gestazionale, e il 49% alla 39a settimana. Nel confronto con le nascite a 39 settimane, quelle a 37 e a 38 settimane si associavano a un incremento di rischio di esiti avversi: per quelli respiratori, la ventilazione meccanica, la sepsi neonatale, l'ipoglicemia, il ricovero in terapia intensiva, l'ospedalizzazione per almeno cinque giorni l'aumento era di un fattore da 1,8 a 4,2 per le nascite a 37 settimane e da 1,3 a 2,1 per quelle a 38 settimane. Interessante che anche il parto ritardato oltre le 40 settimane si associava a un incremento di esiti sfavorevoli (oltre quest'età aumenta anche il rischio di nati morti). In compenso nella coorte studiata si è registrato un solo caso di morte neonatale e non ne sono risultati di encefalopatia ipossico-ischemica o di enterocolite necrotizzante. Gli autori sottolineano l'accuratezza nell'individuare ed escludere i casi con indicazione per il parto prima delle 39 settimane e nell'assegnare l'età gestazionale, anche se ritengono che in qualche caso di sospetta compromissione fetale i medici potrebbero non aver indagato con i test prima del parto a termine.
Lo studio mostra un'alta proporzione di parti cesarei elettivi eseguiti negli Stati Uniti prima delle 39 settimane (ma in Europa, si ricorda, sono dal 50 all'80%), fatto che per gli autori si lega a vari fattori, compresi il desiderio delle gestanti di partorire appena giunte a termine e di medici e ostetriche di organizzarsi. Rivelatrici, come nota l'editoriale, anche alcune differenze tra chi non ha atteso le 39 settimane e chi sì: le prime erano più frequentemente sposate, bianche, analizzate ecograficamente già nel primo o secondo trimestre, con assicurazione privata che risultava premiante per il medico che effettuava il parto. Dato che i parti precoci si associano a un aumento di morbilità neonatale prevenibile (e di costi, basti pensare alla terapia intensiva), si conclude, è raccomandabile attendere fino alle 39 settimane. Quanto alla mortalità è invece imperativo ridurla; il rischio di morte perinatale a termine risulta basso; tutte le complicanze osservate con il parto tra 37 e 39 settimane andrebbero soppesate con il rischio di morte fetale attendendo almeno le 38 settimane, stimato in 1 su 1000.
Elettra Vecchia
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Più di un terzo non aspetta quella fase
La ricerca multicentrica ha selezionato 13.258 casi di parto cesareo ripetuto elettivo, prima dell'inizio del travaglio e senza indicazioni riconosciute per l'esecuzione prima delle 39 settimane, nel periodo tra 1999 e 2002. Obiettivo era accertare la presenza di complicanze neonatali comprese quelle respiratorie, l'ipoglicemia, la sepsi, l'enterocolite necrotizzante, l'encefalopatia ipossico-ischemica, il ricovero in terapia intensiva, e al limite la mortalità neonatale. Gli esiti avversi di tipo respiratorio consistevano in sindrome da distress respiratorio o tachipnea transitoria del neonato, la seconda in genere meno severa e prolungata della prima dovuta a malattia delle membrane ialine tipicamente nei nati prematuri. Dalla ricerca è emerso innanzitutto che più di un terzo, il 35,8%, dei cesarei considerati era stato eseguito prima del completamento della 39a settimana gestazionale, e il 49% alla 39a settimana. Nel confronto con le nascite a 39 settimane, quelle a 37 e a 38 settimane si associavano a un incremento di rischio di esiti avversi: per quelli respiratori, la ventilazione meccanica, la sepsi neonatale, l'ipoglicemia, il ricovero in terapia intensiva, l'ospedalizzazione per almeno cinque giorni l'aumento era di un fattore da 1,8 a 4,2 per le nascite a 37 settimane e da 1,3 a 2,1 per quelle a 38 settimane. Interessante che anche il parto ritardato oltre le 40 settimane si associava a un incremento di esiti sfavorevoli (oltre quest'età aumenta anche il rischio di nati morti). In compenso nella coorte studiata si è registrato un solo caso di morte neonatale e non ne sono risultati di encefalopatia ipossico-ischemica o di enterocolite necrotizzante. Gli autori sottolineano l'accuratezza nell'individuare ed escludere i casi con indicazione per il parto prima delle 39 settimane e nell'assegnare l'età gestazionale, anche se ritengono che in qualche caso di sospetta compromissione fetale i medici potrebbero non aver indagato con i test prima del parto a termine.
Motivazioni non di tipo clinico
Lo studio mostra un'alta proporzione di parti cesarei elettivi eseguiti negli Stati Uniti prima delle 39 settimane (ma in Europa, si ricorda, sono dal 50 all'80%), fatto che per gli autori si lega a vari fattori, compresi il desiderio delle gestanti di partorire appena giunte a termine e di medici e ostetriche di organizzarsi. Rivelatrici, come nota l'editoriale, anche alcune differenze tra chi non ha atteso le 39 settimane e chi sì: le prime erano più frequentemente sposate, bianche, analizzate ecograficamente già nel primo o secondo trimestre, con assicurazione privata che risultava premiante per il medico che effettuava il parto. Dato che i parti precoci si associano a un aumento di morbilità neonatale prevenibile (e di costi, basti pensare alla terapia intensiva), si conclude, è raccomandabile attendere fino alle 39 settimane. Quanto alla mortalità è invece imperativo ridurla; il rischio di morte perinatale a termine risulta basso; tutte le complicanze osservate con il parto tra 37 e 39 settimane andrebbero soppesate con il rischio di morte fetale attendendo almeno le 38 settimane, stimato in 1 su 1000.
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