20 settembre 2002
Aggiornamenti e focus
Prevenire senza estrogeni
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In alternativa alla TOS oggi è possibile optare per una serie di trattamenti non ormonali, i quali si sono dimostrati efficaci nel ridurre uno o più sintomi e disturbi da post-menopausa, come il rischio di problemi cardiovascolari e l'osteoporosi (con conseguente aumento del rischio di fratture).
Attualmente le molecole non ormonali disponibili in alternativa o in associazione alla classica HRT sono principalmente 6:
Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato che una corretta assunzione quotidiana di calcio e vitamina D rappresenta un ruolo fondamentale nella prevenzione della perdita di tessuto osseo, un problema che tende ad aumentare con l'avanzare dell'età, specialmente con l'arrivo della menopausa. Il fabbisogno quotidiano di una donna in climaterio è pari a circa 1.500 mg/giorno, quota che nella maggior parte dei casi risulta difficile da raggiungere, soprattutto a causa della minore capacità di assorbimento intestinale del minerale, che tende a ridursi con l'avanzare degli anni. Da qui la facilità per le donne in menopausa di essere vittime di una progressiva perdita di massa ossea, meglio nota come osteoporosi.
Ecco, quindi, l'utilità degli integratori di calcio, che molto spesso si trovano in associazione a dosi di vitamina D. Quest'ultima, infatti, ha il compito di stimolare l'assorbimento di calcio a livello intestinale, riducendo così l'eliminazione attraverso i reni. Senza la vitamina D l' organismo non riuscirebbe ad assorbire più del 10% del calcio disponibile. Va sottolineato, però, che la vitamina D può essere prodotta anche attraverso una giornaliera esposizione ai raggi solari di almeno 15 minuti.
Si tratta di un farmaco sintetico con un'azione simile a quella ormonale e, come il calcio e la vitamina D, è risultato efficace nel prevenire la progressiva perdita di tessuto osseo. A dimostrarlo, tra gli altri, è uno studio pubblicato sulla rivista Osteoporosis International, finalizzato a valutare i benefici sulla densità minerale ossea di un utilizzo a lungo termine di 2,5 mg/giorno di tibolone in un gruppo di 59 donne in post-menopausa. Al termine dello studio, durato 8 anni, le donne sottoposte a dosi quotidiane di tibolone, rispetto al gruppo di controllo (51 donne in menopausa senza alcun trattamento), hanno evidenziato un aumento della densità minerale ossea. In particolare le donne sottoposte a trattamento hanno rilevato un aumento del 4,1% della densità minerale ossea a livello della colonna vertebrale (contro una riduzione del 7,5% nel gruppo di controllo) e un aumento del 4,6% della densità minerale ossea a livello femorale (contro una riduzione nel gruppo di controllo di circa il 6,7%).
Altre ricerche, tra cui quella pubblicata di recente sulla rivista Acta Obstetricia et Gynecologia Scandinavica, hanno dimostrato che il tibolone fornisce anche un valido aiuto nel contrastare altri tipici sintomi della menopausa, come la riduzione dell'attività sessuale dovuta al calo ormonale. Lo studio citato, in particolare, sottolinea che il farmaco è in grado sia di aumentare l'afflusso di sangue nella zona genitale, sia di stimolare a livello cerebrale l'attività estrogenica/androgenica.
I bisfosfonati
Si tratta di una classe di molecole (come: alendronato, etidronato e clodronato) utilizzate per contrastare l'osteoporosi e prevenire il rischio di fratture. In pratica, i bisfosfonati sono in grado di bloccare l'attività degli osteoclasti, cellule responsabili del riassorbimento osseo. Spesso sono associati a integrazioni di calcio e vitamina D. L'efficacia di queste molecole è emersa in particolar modo durante il più grande studio sulle fratture: il FIT (Fracture Intervention Trial) i cui risultati sono stati presentati nel 1996 ad Amsterdam durante il Congresso Mondiale sull'Osteoporosi. Lo studio è stato realizzato in collaborazione da 4.000 specialisti in osteoporosi provenienti da 37 Paesi diversi e ha coinvolto oltre 6.500 persone. Al termine dello studio l'alendronato è risultato essere in grado di ridurre del 51% circa il rischio di fratture del femore, del 46% circa il rischio di nuove fratture vertebrali in donne in post-menopausa con osteoporosi e del 44% il rischio di fratture al polso. In particolare, il farmaco ha ridotto dell'84% il rischio di fratture vertebrali multiple.
I fitoestrogeni
Tra le varie molecole prese in considerazione in alternativa alle terapie ormonali vi sono anche i fitoestrogeni, molecole di derivazione naturale presenti in alcune piante, soprattutto nella soia e nei suoi derivati. L'interesse verso queste sostanze è dovuto a numerosi studi epidemiologici, in cui è stata evidenziata una ridotta incidenza di sintomi e patologie da post-menopausa nelle popolazioni in cui il consumo di vegetali ricchi di fitoestrogeni è molto alto. Queste molecole, in particolare, sembrano poter ridurre il rischio cardiovascolare, così come dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Nutrition Metabolism and Cardiovascular Diseases. In menopausa l'attività cardiovascolare è messa a dura prova a causa del modificarsi dei livelli lipidici ematici, con conseguente aumento del rischio di aterosclerosi (formazione di placche nelle arterie). L'azione dei fitoestrogeni, quindi, sarebbe quella di ridurre i livelli nel sangue di colesterolo "cattivo" (LDL), aumentando allo stesso tempo i livelli di colesterolo "buono" (HDL). Un ulteriore effetto benefico dei fitoestrogeni sembra riguardare l'attività protettiva contro l'osteoporosi, come dimostrano alcuni studi recenti, tra cui quello pubblicato a Marzo sulla rivista Clinical Endocrinology, dove emerge un'evidente correlazione tra un elevato consumo di fitoestrogeni e un aumento della densità minerale ossea nelle donne in menopausa. Attualmente, però, i dati di studi clinici ampi e controllati sull'effettiva efficacia dell'uso di fitoestrogeni in menopausa in alternativa alla HRT sono ancora pochi e questo spiega perché oggi il loro utilizzo in terapia di post-menopausa sia ancora in fase iniziale.
I SERMs
La sigla significa "Selective Estrogen Receptor Modulators", che in italiano si traduce con: modulatori selettivi del recettore estrogenico o antiestrogeni. In pratica, sono molecole in grado di agire come estrogeno agoniste o antagoniste, in quanto possono agire al pari degli estrogeni in alcuni organi e, al contrario, contrastare l'azione degli estrogeni in altri organi. La più nota di questa classe di molecole è senza dubbio il raloxifene. Sono molti, infatti, gli studi che hanno associato questa molecola alla riduzione di alcuni sintomi da post-menopausa, come l'osteoporosi, il rischio di fratture e i rischi cardiovascolari. Sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, per esempio, un gruppo di ricercatori, dopo aver analizzato 7.705 donne in post-menopausa con osteoporosi, ha notato che le pazienti trattate con raloxifene (60-120 mg/giorno) hanno mostrato una riduzione del rischio di fratture vertebrali considerevole, rispetto alle donne trattate con placebo. In particolare, trattamenti giornalieri di 60 mg di raloxifene hanno evidenziato una riduzione del 39% circa del rischio di nuove fratture vertebrali.
Un altro studio pubblicato sul Journal of the American Academy of Nurse Practitioners ha, invece, messo in evidenza la capacità del raloxifene a ridurre la concentrazione di lipidi nel sangue. L'effetto più importante del raloxifene, però, sembra essere quello di ridurre il rischio di cancro al seno, come dimostra anche uno studio uscito a giugno 2002 sul Clinical Breast Cancer. Dai risultati dell'indagine sull'osteoporosi denominata "Multiple Outcomes of Raloxifene Evaluation", infatti, la molecola si è dimostrata capace di ridurre l'incidenza di cancro al seno fino a circa il 70%.
Annapaola Medina
Fonti
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Attualmente le molecole non ormonali disponibili in alternativa o in associazione alla classica HRT sono principalmente 6:
- Il calcio;
- La vitamina D;
- Il tibolone;
- I bisfosfonati;
- I fitoestrogeni;
- I SERMs (Selective Estrogen Receptor Modulators);
Il calcio e la vitamina D
Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato che una corretta assunzione quotidiana di calcio e vitamina D rappresenta un ruolo fondamentale nella prevenzione della perdita di tessuto osseo, un problema che tende ad aumentare con l'avanzare dell'età, specialmente con l'arrivo della menopausa. Il fabbisogno quotidiano di una donna in climaterio è pari a circa 1.500 mg/giorno, quota che nella maggior parte dei casi risulta difficile da raggiungere, soprattutto a causa della minore capacità di assorbimento intestinale del minerale, che tende a ridursi con l'avanzare degli anni. Da qui la facilità per le donne in menopausa di essere vittime di una progressiva perdita di massa ossea, meglio nota come osteoporosi.
Ecco, quindi, l'utilità degli integratori di calcio, che molto spesso si trovano in associazione a dosi di vitamina D. Quest'ultima, infatti, ha il compito di stimolare l'assorbimento di calcio a livello intestinale, riducendo così l'eliminazione attraverso i reni. Senza la vitamina D l' organismo non riuscirebbe ad assorbire più del 10% del calcio disponibile. Va sottolineato, però, che la vitamina D può essere prodotta anche attraverso una giornaliera esposizione ai raggi solari di almeno 15 minuti.
Il tibolone
Si tratta di un farmaco sintetico con un'azione simile a quella ormonale e, come il calcio e la vitamina D, è risultato efficace nel prevenire la progressiva perdita di tessuto osseo. A dimostrarlo, tra gli altri, è uno studio pubblicato sulla rivista Osteoporosis International, finalizzato a valutare i benefici sulla densità minerale ossea di un utilizzo a lungo termine di 2,5 mg/giorno di tibolone in un gruppo di 59 donne in post-menopausa. Al termine dello studio, durato 8 anni, le donne sottoposte a dosi quotidiane di tibolone, rispetto al gruppo di controllo (51 donne in menopausa senza alcun trattamento), hanno evidenziato un aumento della densità minerale ossea. In particolare le donne sottoposte a trattamento hanno rilevato un aumento del 4,1% della densità minerale ossea a livello della colonna vertebrale (contro una riduzione del 7,5% nel gruppo di controllo) e un aumento del 4,6% della densità minerale ossea a livello femorale (contro una riduzione nel gruppo di controllo di circa il 6,7%).
Altre ricerche, tra cui quella pubblicata di recente sulla rivista Acta Obstetricia et Gynecologia Scandinavica, hanno dimostrato che il tibolone fornisce anche un valido aiuto nel contrastare altri tipici sintomi della menopausa, come la riduzione dell'attività sessuale dovuta al calo ormonale. Lo studio citato, in particolare, sottolinea che il farmaco è in grado sia di aumentare l'afflusso di sangue nella zona genitale, sia di stimolare a livello cerebrale l'attività estrogenica/androgenica.
I bisfosfonati
Si tratta di una classe di molecole (come: alendronato, etidronato e clodronato) utilizzate per contrastare l'osteoporosi e prevenire il rischio di fratture. In pratica, i bisfosfonati sono in grado di bloccare l'attività degli osteoclasti, cellule responsabili del riassorbimento osseo. Spesso sono associati a integrazioni di calcio e vitamina D. L'efficacia di queste molecole è emersa in particolar modo durante il più grande studio sulle fratture: il FIT (Fracture Intervention Trial) i cui risultati sono stati presentati nel 1996 ad Amsterdam durante il Congresso Mondiale sull'Osteoporosi. Lo studio è stato realizzato in collaborazione da 4.000 specialisti in osteoporosi provenienti da 37 Paesi diversi e ha coinvolto oltre 6.500 persone. Al termine dello studio l'alendronato è risultato essere in grado di ridurre del 51% circa il rischio di fratture del femore, del 46% circa il rischio di nuove fratture vertebrali in donne in post-menopausa con osteoporosi e del 44% il rischio di fratture al polso. In particolare, il farmaco ha ridotto dell'84% il rischio di fratture vertebrali multiple.
I fitoestrogeni
Tra le varie molecole prese in considerazione in alternativa alle terapie ormonali vi sono anche i fitoestrogeni, molecole di derivazione naturale presenti in alcune piante, soprattutto nella soia e nei suoi derivati. L'interesse verso queste sostanze è dovuto a numerosi studi epidemiologici, in cui è stata evidenziata una ridotta incidenza di sintomi e patologie da post-menopausa nelle popolazioni in cui il consumo di vegetali ricchi di fitoestrogeni è molto alto. Queste molecole, in particolare, sembrano poter ridurre il rischio cardiovascolare, così come dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Nutrition Metabolism and Cardiovascular Diseases. In menopausa l'attività cardiovascolare è messa a dura prova a causa del modificarsi dei livelli lipidici ematici, con conseguente aumento del rischio di aterosclerosi (formazione di placche nelle arterie). L'azione dei fitoestrogeni, quindi, sarebbe quella di ridurre i livelli nel sangue di colesterolo "cattivo" (LDL), aumentando allo stesso tempo i livelli di colesterolo "buono" (HDL). Un ulteriore effetto benefico dei fitoestrogeni sembra riguardare l'attività protettiva contro l'osteoporosi, come dimostrano alcuni studi recenti, tra cui quello pubblicato a Marzo sulla rivista Clinical Endocrinology, dove emerge un'evidente correlazione tra un elevato consumo di fitoestrogeni e un aumento della densità minerale ossea nelle donne in menopausa. Attualmente, però, i dati di studi clinici ampi e controllati sull'effettiva efficacia dell'uso di fitoestrogeni in menopausa in alternativa alla HRT sono ancora pochi e questo spiega perché oggi il loro utilizzo in terapia di post-menopausa sia ancora in fase iniziale.
I SERMs
La sigla significa "Selective Estrogen Receptor Modulators", che in italiano si traduce con: modulatori selettivi del recettore estrogenico o antiestrogeni. In pratica, sono molecole in grado di agire come estrogeno agoniste o antagoniste, in quanto possono agire al pari degli estrogeni in alcuni organi e, al contrario, contrastare l'azione degli estrogeni in altri organi. La più nota di questa classe di molecole è senza dubbio il raloxifene. Sono molti, infatti, gli studi che hanno associato questa molecola alla riduzione di alcuni sintomi da post-menopausa, come l'osteoporosi, il rischio di fratture e i rischi cardiovascolari. Sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, per esempio, un gruppo di ricercatori, dopo aver analizzato 7.705 donne in post-menopausa con osteoporosi, ha notato che le pazienti trattate con raloxifene (60-120 mg/giorno) hanno mostrato una riduzione del rischio di fratture vertebrali considerevole, rispetto alle donne trattate con placebo. In particolare, trattamenti giornalieri di 60 mg di raloxifene hanno evidenziato una riduzione del 39% circa del rischio di nuove fratture vertebrali.
Un altro studio pubblicato sul Journal of the American Academy of Nurse Practitioners ha, invece, messo in evidenza la capacità del raloxifene a ridurre la concentrazione di lipidi nel sangue. L'effetto più importante del raloxifene, però, sembra essere quello di ridurre il rischio di cancro al seno, come dimostra anche uno studio uscito a giugno 2002 sul Clinical Breast Cancer. Dai risultati dell'indagine sull'osteoporosi denominata "Multiple Outcomes of Raloxifene Evaluation", infatti, la molecola si è dimostrata capace di ridurre l'incidenza di cancro al seno fino a circa il 70%.
Annapaola Medina
Fonti
- Osteoporosis International; Vol.12 Issue 6 (2001) pp 478-483
- Clin Breast Cancer 2002 Jun;3(2):153-9
- Acta Obstetricia et Gynecologia Scandinavica;Vol.81 Issue 7 Pag.649;July 2002
- National Osteoporosis Foundation
- Nutr Metab Cardiovasc Dis 2000 Jun;Vol.10(3):pp.154-167
- Clinical Endocrinology Vol.56; Issue 3 Pag. 321; March 2002
- The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism Vol. 87, No. 8 3609-3617
- American Academy of Nurse Practitioners
- Clin Breast Cancer 2002 Jun;3(2):153-9
Aggiornamenti
- Linee guida per la prevenzione dell'osteoporosi - Ministero della Salute
- The North American Menopause Society
- Menopause Online
- The British Menopause Society
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