La castità non è tutto

26 ottobre 2007
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La castità non è tutto



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La prevenzione è l'arma migliore contro l'HIV, lo si dice da decenni e il tempo l'ha dimostrato, e per questo è fondamentale insegnarla ai giovani. Sì ma insegnare che cosa, soprattutto? La domanda è meno oziosa di quanto sembri, perché sull'alternativa tra puntare nelle strategie educative di più sull'astinenza prematrimoniale o di più sul sesso sicuro a cominciare dall'uso del preservativo c'è un confronto serrato. Che è o dovrebbe svolgersi prima di tutto sul piano scientifico-sanitario, mentre viene spesso surclassato da quello politico e morale prevalente: ed è proprio con un approccio "laico" che la questione viene affrontata da lavori sulla rivista PloS Medicine, nei quali si confrontano e valutano scientificamente gli effetti delle due strategie educative rispetto a quello che è poi il vero obiettivo, la diminuzione del rischio di contagio. Si fa riferimento in particolare a un'analisi di autori britannici di studi relativi a interventi che hanno coinvolto 37.700 giovani in Nord America, e si ragiona sull'obiettivo educativo considerato oggi prioritario dal Governo degli Stati Uniti per la salute sessuale e riproduttiva giovanile, cioè l'astinenza prematrimoniale. Le conclusioni danno ragione alle critiche sollevate in primis dagli esperti da un'iniziativa italiana del 2002 degli allora ministri Sirchia e Moratti, una brochure a diffusione scolastica che indicava la castità come la sola vera protezione dall'AIDS.

Prima volta precoce e nozze tardive


C'è da domandarsi se la promozione dell'astinenza prematrimoniale sia un obiettivo realistico di salute, premette l'editoriale, a parte il rischio contagio nelle coppie sposate specie per le donne convolate a nozze presto e infettate da mariti più maturi e navigati. Infatti da un lato l'età dei primi rapporti è scesa e negli ultimi quarant'anni si è stabilizzata nella maggior parte dei paesi sviluppati intorno a 17 anni, dall'altro quella alla quale ci si sposa è salita. Per esempio negli Stati Uniti il 90% dei 25enni è sessualmente attivo e solo il 3% rimanda al matrimonio: il divario è crescente e l'educazione alla castità avrebbe quindi un impatto modesto. Obiezioni etiche e scientifiche sono giunte da Società pediatriche, mediche e di salute pubblica americane contro la promozione della sola astinenza, attuata con interventi nelle scuole che avrebbero prevalso su un'educazione sessuale più completa, cosicché è diminuita anche quella contraccettiva volta a evitare gravidanze indesiderate. Recenti studi hanno mostrato che rimandare sul breve termine la "prima volta" non impatta sulle infezioni sessualmente trasmesse e che iniziative solo pro-castità anche ben studiate falliscono nel ritardare l'iniziazione sessuale o nel ridurre comportamenti a rischio di contrarre l'HIV. Ora la nuova analisi sistematica mostra la superiorità degli approcci educativi comprensivi, che propongono l'astinenza come strategia prioritaria ma incoraggiano anche l'uso del condom e altre cautele (per esempio evitare la promiscuità).

Programmi educativi combinati pagano


Sul totale dei 39 studi selezionati e analizzati dagli autori britannici, su interventi educazionali così concepiti, 23 hanno dimostrato l'efficacia protettiva almeno riguardo a un aspetto. Su 12 trial che includevano la valutazione della frequenza di rapporti sessuali non protetti l'effetto preventivo si è raggiunto in 6; su 21 che consideravano anche il numero di rapporti protetti e non, lo si è ottenuto in 5; su 13 che riscontravano la frequenza dei partner lo si è avuto in 4; su 26 che valutavano anche l'uso del profilattico lo si è ottenuto in 14 e su 19 comprendenti l'età dell'esordio sessuale lo si è raggiunto in 4 (c'è sovrapposizione negli studi). Complessivamente questi programmi che andavano oltre l'astinenza non hanno aumentato il rischio d'infezione giovanile da HIV in nessuno studio. A fronte dell'inefficacia degli interventi solo pro-castità e di risultati come questi , si spingono a dire gli autori, sarebbe prudente riconsiderare l'esclusione dei finanziamenti federali per interventi educativi misti di questo tipo. E le evidenze hanno implicazioni anche al di fuori degli Stati Uniti, nazione che influenza programmi in molti altri paesi. Chi vuol intendere, intenda.

Elettra Vecchia



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