30 novembre 2007
Aggiornamenti e focus
Aids in ribasso?
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L'Aids ha raggiunto il suo picco nel 1998 e oggi la situazione si è stabilizzata. Non solo, Unaids, l'agenzia Onu per la lotta all'Aids ha appena ridotto le stime precedentemente comunicate sul numero di persone affette dal virus: non più 40 milioni bensì 33 milioni. Ragioni sufficienti ad esultare? Non proprio, osservano molti commentatori. E comunque non bisogna abbassare la guardia, per non ripetere l'errore, rievocato dal New York Times, di quando l'approdo alla triterapia sembrava aver debellato l'infezione definitivamente. O comunque averla cronicizzata. Un fatto, in parte vero, che ha inevitabilmente indotto, però, un certo rilassamento. Niente di più sbagliato. Per la malattia nel 2007 sono morte più di due milioni di persone e ogni giorno ci sono 6800 nuovi casi e oltre 5700 decessi. In Italia ogni giorno undici italiani diventano sieropositivi e i nuovi casi di malattia conclamata alla fine del 2007 saranno circa 1200. Eppure la media dei nuovi contagi e il livello di mortalità sono in declino. Come è possibile?
Lo ha spiegato Paul De Lay di Unaids: "Abbiamo adottato un nuovo metodo di misurazione - ha dichiarato - più accurato, che ha consentito di abbassare il numero delle nuove infezioni annuali di milioni di casi. Il nuovo metodo ha allargato i test dell'Aids, prima condotti quasi esclusivamente su donne che si erano rivolte a strutture pubbliche nel timore di essere incinte o di aver contratto una malattia venerea, a migliaia di famiglie in aree urbane e rurali". Cifre corrette al ribasso, perciò, con gran parte delle nuove stime, riguardanti l'India e cinque stati dell'Africa Subsahariana (Nigeria, Kenya, Mozambico, Zimbabwe, Angola). Ora, come sottolineato da Peter Piot , direttore esecutivo di Unaids, si è giunti a un'immagine più chiara dell'epidemia. I nuovi numeri, però, non dicono che siano diminuiti gli ammalati, quanto piuttosto che sono migliorate le capacità di indagine statistica. Ecco i numeri nel dettaglio. L'Africa rimane il continente più colpito, anche se in alcune zone asiatiche (Indonesia e Vietnam in particolare) si registra il più veloce tasso di crescita dei contagi. Due terzi delle nuove infezioni sono nell'Africa subsahariana, anche se il numero totale dei malati nella regione è sceso di 1,7 milioni rispetto allo scorso anno. In termini procapite la regione più colpita al mondo sono i Caraibi con l'1% degli adulti contagiati. Qualche buon risultato, perciò, è stato ottenuto e questo sia per la naturale evoluzione della malattia sia per le politiche di prevenzione. Ma se ci si sposta nel continente europeo le cose non vanno altrettanto bene.
Il dato è emerso chiaramente dalla conferenza "HIV in Europa 2007" che ha riunito a Bruxelles medici, associazioni di pazienti, rappresentanti ONU e UE. Le nuove infezioni di Aids nell'Europa occidentale sono raddoppiate dal 1996 a oggi, altrettanto si può dire per il numero totale di adulti e bambini infettati dal virus. E oltre ai numeri a preoccupare è il fatto che più di metà degli individui infetti non è consapevole di aver contratto il virus. In alcune nazioni fino al 79% dei sieropositivi ignora la propria condizione. Un fenomeno che, oltre che pericoloso per la sopravvivenza aumenta i contagi e rende le cifre presumibilmente sottostimate. E' presto, perciò, per cantar vittoria anche perché oltre a una generale sottovalutazione del problema, esiste, come sottolinea al New York Times Robert Gallo, il rischio di una mutazione, un virus che si trasmetta più facilmente o più farmaco-resistente. Nel frattempo è bene non abbassare la guardia e anzi, come sottolinea Marco De Ponte di Action Aid "raddoppiare gli sforzi per mantenere le promesse per assicurare il raggiungimento dell'obiettivo dell'accesso universale alle terapie entro il 2010".
Marco Malagutti
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Contagi in declino...
Lo ha spiegato Paul De Lay di Unaids: "Abbiamo adottato un nuovo metodo di misurazione - ha dichiarato - più accurato, che ha consentito di abbassare il numero delle nuove infezioni annuali di milioni di casi. Il nuovo metodo ha allargato i test dell'Aids, prima condotti quasi esclusivamente su donne che si erano rivolte a strutture pubbliche nel timore di essere incinte o di aver contratto una malattia venerea, a migliaia di famiglie in aree urbane e rurali". Cifre corrette al ribasso, perciò, con gran parte delle nuove stime, riguardanti l'India e cinque stati dell'Africa Subsahariana (Nigeria, Kenya, Mozambico, Zimbabwe, Angola). Ora, come sottolineato da Peter Piot , direttore esecutivo di Unaids, si è giunti a un'immagine più chiara dell'epidemia. I nuovi numeri, però, non dicono che siano diminuiti gli ammalati, quanto piuttosto che sono migliorate le capacità di indagine statistica. Ecco i numeri nel dettaglio. L'Africa rimane il continente più colpito, anche se in alcune zone asiatiche (Indonesia e Vietnam in particolare) si registra il più veloce tasso di crescita dei contagi. Due terzi delle nuove infezioni sono nell'Africa subsahariana, anche se il numero totale dei malati nella regione è sceso di 1,7 milioni rispetto allo scorso anno. In termini procapite la regione più colpita al mondo sono i Caraibi con l'1% degli adulti contagiati. Qualche buon risultato, perciò, è stato ottenuto e questo sia per la naturale evoluzione della malattia sia per le politiche di prevenzione. Ma se ci si sposta nel continente europeo le cose non vanno altrettanto bene.
...ma non in Europa
Il dato è emerso chiaramente dalla conferenza "HIV in Europa 2007" che ha riunito a Bruxelles medici, associazioni di pazienti, rappresentanti ONU e UE. Le nuove infezioni di Aids nell'Europa occidentale sono raddoppiate dal 1996 a oggi, altrettanto si può dire per il numero totale di adulti e bambini infettati dal virus. E oltre ai numeri a preoccupare è il fatto che più di metà degli individui infetti non è consapevole di aver contratto il virus. In alcune nazioni fino al 79% dei sieropositivi ignora la propria condizione. Un fenomeno che, oltre che pericoloso per la sopravvivenza aumenta i contagi e rende le cifre presumibilmente sottostimate. E' presto, perciò, per cantar vittoria anche perché oltre a una generale sottovalutazione del problema, esiste, come sottolinea al New York Times Robert Gallo, il rischio di una mutazione, un virus che si trasmetta più facilmente o più farmaco-resistente. Nel frattempo è bene non abbassare la guardia e anzi, come sottolinea Marco De Ponte di Action Aid "raddoppiare gli sforzi per mantenere le promesse per assicurare il raggiungimento dell'obiettivo dell'accesso universale alle terapie entro il 2010".
Marco Malagutti
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