28 novembre 2003
Aggiornamenti e focus
Sempre più raro morire di AIDS
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Prima del 1996 quando, almeno in Italia, sono diventati disponibili i farmaci antiretrovirali la sopravvivenza media di un paziente sieropositivo dal momento della diagnosi di AIDS era di circa 10-12 mesi. La terapia ha rappresentato in questo senso una svolta con una significativa riduzione della mortalità e, almeno stando ai risultati dello studio prospettico EuroSIDA, continua a esserlo. Ci si attendeva, infatti, una stabilizzazione dei numeri se non, addirittura, un aumento nelle percentuali di morte e di malattia conclamata, ma, secondo la responsabile della ricerca, in un articolo pubblicato su Lancet, la tendenza resta invariata. Per capire le statistiche, però, è bene riepilogare come si sviluppa l'infezione.
Il decorso è caratterizzato da tre distinte fasi cliniche, dal momento del contagio fino alla malattia conclamata. La fase iniziale dell'infezione è detta infezione acuta primaria ed è rappresentata dal periodo immediatamente successivo al contagio. Nelle prime settimane di infezione gli anticorpi specifici contro l'HIV non si sono ancora formati, per cui il test per la diagnosi di sieropositività risulta negativo. Durante questa fase è in corso una lotta tra il virus e il sistema immunitario, il cui esito andrà a influenzare la successiva evoluzione della malattia. Un precoce inquadramento di una infezione acuta da HIV può essere molto importante, in quanto è stato dimostrato che, se viene iniziata al più presto la terapia antiretrovirale (HAART), si ottengono ottime risposte in termini di riduzione della carica virale e quindi della futura evoluzione dell'infezione. La fase successiva dell'infezione è la cosiddetta infezione asintomatica, caratterizzata da un lungo periodo di latenza clinica. Durante questa fase la replicazione del virus nelle cellule del sangue è assente o molto bassa, mentre invece si mantiene sempre alta a livello delle ghiandole linfonodali. Questa persistenza provoca una lenta ma graduale perdita di linfociti CD4+. La durata di questa fase è molto variabile, e può essere influenzata da vari fattori, tra i quali soprattutto l'impiego di una terapia antiretrovirale. La fase successiva è rappresentata dallo stato di malattia, caratterizzato da una fase ARC (complesso AIDS-correlato) che precede la malattia conclamata se non si interviene con la terapia antiretrovirale. La fase di malattia conclamata, definita con il termine di AIDS, ha inizio con il comparire delle infezioni opportunistiche, cui è esposto l'organismo per la marcata riduzione dei linfociti CD4+. E lo studio dell'EuroSIDA group, pubblicato sulla rivista Lancet, ha analizzato proprio i cambiamenti che si sono osservati nella presentazione clinica delle patologie AIDS-correlate, dopo l'introduzione della terapia antiretrovirale.
Gli obiettivi dello studio multicentrico, partito nel 1994, sono di rilevare differenze regionali e tendenze evolutive nella malattia, per quel che riguarda aspetti come la sopravvivenza, le terapie e altri co-fattori su pazienti sieropositivi. I ricercatori hanno preso in considerazione 9803 pazienti sieropositivi in tre differenti "ere" terapeutiche: la pre-HAART che va dal 1994 al 1995, la HAART precoce dal 1996 al 1997 e la tarda HAART dal 1998 al 2002, con il preciso scopo di monitorare le variazioni nei livelli di malattia conclamata e di morte negli 8 anni esaminati. Ebbene durante l'era pre-HAART l'incidenza della malattia, misurata in tasso per 100 anni-paziente, era del 43,5%. Una percentuale che è scesa progressivamente fino ad arrivare a 5 eventi per 100 anni-paziente nel settembre del 1998. Risultati analoghi se si analizzano i dati secondo la conta dei CD4. I pazienti con una conta inferiore alle 20 cellule per microlitro evidenziavano una mortalità del 68,9%, precipitata al 34,6% dell'ultima rilevazione. Come a dire che il rischio di morire per la malattia è sceso drasticamente, tanto è vero che la mortalità per AIDS, anche negli Stati Uniti, si è ridotta del 60% dal 1995 al 1998, passando dal 1° al 5° posto tra le cause di decesso nella popolazione adulta. Numeri trionfali che fanno concludere ai ricercatori che l'introduzione e l'uso continuato della terapia antiretrovirale ha determinato tassi di morbidità e mortalità estremamente bassi in Europa. Non solo. I potenziali effetti collaterali a lungo termine non alterano la sua efficacia nel trattare la malattia.
Marco Malagutti
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...e inoltre su Dica33:
L'infezione da HIV
Il decorso è caratterizzato da tre distinte fasi cliniche, dal momento del contagio fino alla malattia conclamata. La fase iniziale dell'infezione è detta infezione acuta primaria ed è rappresentata dal periodo immediatamente successivo al contagio. Nelle prime settimane di infezione gli anticorpi specifici contro l'HIV non si sono ancora formati, per cui il test per la diagnosi di sieropositività risulta negativo. Durante questa fase è in corso una lotta tra il virus e il sistema immunitario, il cui esito andrà a influenzare la successiva evoluzione della malattia. Un precoce inquadramento di una infezione acuta da HIV può essere molto importante, in quanto è stato dimostrato che, se viene iniziata al più presto la terapia antiretrovirale (HAART), si ottengono ottime risposte in termini di riduzione della carica virale e quindi della futura evoluzione dell'infezione. La fase successiva dell'infezione è la cosiddetta infezione asintomatica, caratterizzata da un lungo periodo di latenza clinica. Durante questa fase la replicazione del virus nelle cellule del sangue è assente o molto bassa, mentre invece si mantiene sempre alta a livello delle ghiandole linfonodali. Questa persistenza provoca una lenta ma graduale perdita di linfociti CD4+. La durata di questa fase è molto variabile, e può essere influenzata da vari fattori, tra i quali soprattutto l'impiego di una terapia antiretrovirale. La fase successiva è rappresentata dallo stato di malattia, caratterizzato da una fase ARC (complesso AIDS-correlato) che precede la malattia conclamata se non si interviene con la terapia antiretrovirale. La fase di malattia conclamata, definita con il termine di AIDS, ha inizio con il comparire delle infezioni opportunistiche, cui è esposto l'organismo per la marcata riduzione dei linfociti CD4+. E lo studio dell'EuroSIDA group, pubblicato sulla rivista Lancet, ha analizzato proprio i cambiamenti che si sono osservati nella presentazione clinica delle patologie AIDS-correlate, dopo l'introduzione della terapia antiretrovirale.
Lo studio
Gli obiettivi dello studio multicentrico, partito nel 1994, sono di rilevare differenze regionali e tendenze evolutive nella malattia, per quel che riguarda aspetti come la sopravvivenza, le terapie e altri co-fattori su pazienti sieropositivi. I ricercatori hanno preso in considerazione 9803 pazienti sieropositivi in tre differenti "ere" terapeutiche: la pre-HAART che va dal 1994 al 1995, la HAART precoce dal 1996 al 1997 e la tarda HAART dal 1998 al 2002, con il preciso scopo di monitorare le variazioni nei livelli di malattia conclamata e di morte negli 8 anni esaminati. Ebbene durante l'era pre-HAART l'incidenza della malattia, misurata in tasso per 100 anni-paziente, era del 43,5%. Una percentuale che è scesa progressivamente fino ad arrivare a 5 eventi per 100 anni-paziente nel settembre del 1998. Risultati analoghi se si analizzano i dati secondo la conta dei CD4. I pazienti con una conta inferiore alle 20 cellule per microlitro evidenziavano una mortalità del 68,9%, precipitata al 34,6% dell'ultima rilevazione. Come a dire che il rischio di morire per la malattia è sceso drasticamente, tanto è vero che la mortalità per AIDS, anche negli Stati Uniti, si è ridotta del 60% dal 1995 al 1998, passando dal 1° al 5° posto tra le cause di decesso nella popolazione adulta. Numeri trionfali che fanno concludere ai ricercatori che l'introduzione e l'uso continuato della terapia antiretrovirale ha determinato tassi di morbidità e mortalità estremamente bassi in Europa. Non solo. I potenziali effetti collaterali a lungo termine non alterano la sua efficacia nel trattare la malattia.
Marco Malagutti
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