La Bse esiste ancora

12 ottobre 2005
Aggiornamenti e focus

La Bse esiste ancora



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Torna la bistecca fiorentina sulle tavole e si riaccende il dibattito sulla questione mucca pazza. Se, infatti, è da una parte l’occasione per dichiarazioni entusiastiche come quella del ministro Alemanno che parla di fine definitiva dell’emergenza Bse in Italia, dall’altra c’è chi come Maria Caramelli, responsabile del Centro di Riferimento Nazionale per le encefalopatie animali dell’Istituto zooprofilattico di Torino, ritiene la situazione migliorata ma non risolta. Anzi - ha detto la Caramelli – paradossalmente ci sono più focolai quest’anno rispetto all’anno scorso. E’ necessario, perciò, sostiene la ricercatrice, non abbassare la guardia anche perché il pericolo adesso arriva dai paesi extraeuropei e da quelli appena entrati nella UE, che non hanno ancora attivato le procedure di controllo. Tuttora al centro di rilevanza nazionale per la BSE vengono eseguiti in media 3-4 mila test al giorno su tutti gli animali sopra i trenta mesi, mentre i controlli sui mangimi vengono effettuati a campione. Ai provvedimenti recenti se ne è aggiunto un altro della Food and Drug Administration finalizzato a prevenire il diffondersi dell’infezione. Di questo si è occupato il New York Times e anche in questo caso non mancano le discussioni.

L’iniziativa della FDA


L’iniziativa della FDA mira alla proibizione di cervello e midollo spinale proveniente da bestiame “anziano” nel nutrimento degli animali. Una modalità – dicono all’FDA – per ridurre un rischio, di per sé già basso, a livelli infinitesimali. Ma l’iniziativa legislativa è meno rigida di quella proposta lo scorso anno e mai adottata, e i critici non sono mancati. Nella nuova normativa, infatti, è possibile nutrire gli animali con materiale considerato da alcuni scienziati come infettivo, ossia cervello e midollo spinale degli animali più giovani nonché occhi, tonsille, intestino e nervi di quelli più adulti. E’ evidente, dicono i critici, l’interferenza dell’industria della carne che intende continuare ad alimentare il bestiame con i resti da mattatoio. Una lobby, continuano senza mezzi termini, votata all’esportazione di proteine a buon mercato o alla loro somministrazione ai loro stessi animali. E lo stesso dicono altri esperti dell’argomento, che citano il fallimento britannico utilizzando una legislazione analoga. Solo la successiva eliminazione di tutte le proteine animali ha, infatti, prodotto risultati significativi nel Regno Unito. L’FDA non ha tardato a rispondere sostenendo che l’eliminazione del cervello e midollo spinale del bestiame adulto elimina il 90% dei potenziali rischi infettivi e, a supporto, porta i dati del Dipartimento dell’Agricoltura statunitense. E il vantaggio, aggiungono, è anche economico. La minor quantità di materiali di scarto riduce, infatti, anche la spesa. Più materiale di scarto, invece, rappresenterebbe un problema economico ma anche ambientale. I dilemmi non mancano ma il provvedimento non entrerà in vigore prima dell’anno prossimo. In tempo per risolverli?

Marco Malagutti



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