Epatite E all'occidentale

14 novembre 2008
Aggiornamenti e focus

Epatite E all'occidentale



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Ci potrebbe essere una nuova lettera dell'alfabeto da memorizzare anche per noi occidentali rispetto alle epatiti virali: la E. L'infezione da HEV è in causa in più di metà dei casi di epatite virale acuta nelle aree endemiche, tutte nei paesi in via di sviluppo, mentre in quelli sviluppati era considerata rara e relativa solo a qualche viaggiatore in quelle zone. Casi in persone non recatesi di recente in zone a rischio si sono tuttavia registrati in Nord America, Europa, Giappone, Nuova Zelanda e Australia e questo insieme ai dati molecolari e sierologici ha portato a valutare l'epatite E autoctona, cioè acquisita localmente, come problema clinico anche in Occidente: potrebbe rivelarsi addirittura più comune dell'epatite A. Una forma che può restare asintomatica o all'estremo opposto arrivare all'insufficienza epatica e che sarebbe spesso confusa con altre epatiti non virali, soprattutto negli anziani che sono i più esposti per morbilità e mortalità. E' un'infezione che vede fortemente sospettati i maiali; la via di trasmissione principale è quella feco-orale. Spiega quello che si sa una review sul Lancet infettivologico, riportando punti da chiarire e possibilità di prevenzione, compresa l'ipotesi vaccino.

Evidenza più recente per emotrasfusione


L'HEV (un virus a RNA) è il solo membro del genere Hepevirus e ne sono state individuate due specie principali, geneticamente differenti, una dei mammiferi che causa epatite acuta nell'uomo e ha un serbatoio nei maiali (e non solo) e una aviare che fa ammalare fegato e milza degli uccelli. Di quella dei mammiferi si sono scoperti quattro genotipi, dei quali l'1 e il 2 responsabili di casi in paesi in via di sviluppo in Asia, Africa, Sud America, il 3 trovato in casi autoctoni in paesi sviluppati e anche prevalente nella popolazione suina mondiale, il 4 che ha provocato casi in zone industrializzate di Giappone, Cina e Taiwan e casi suini negli stessi paesi e in India. Focalizzandoci sui genotipo 3 e 4, dallo studio di casi come 40 sviluppatisi in Gran Bretagna, malati ricoverati con epatiti non spiegabili, sono emerse una mortalità dell'8-11%, più alta di quella generale dell'1% nei paesi in via di sviluppo (dove però sale al 20% circa nelle donne in gravidanza, nelle quali la malattia è più grave) e la presenza più elevata che nei paesi poveri in uomini di mezza età o anziani. La maggior parte dei casi era autolimitante ma in sei (15%) si sono avute complicanze; si è visto da altre casistiche che l'8-11% sviluppa epatite fulminante e insufficienza epatica e l'esito è peggiore nelle persone con una sottostante epatopatia cronica, con mortalità che sale al 70%. Si sono documentate epatiti E croniche anche in persone in terapia immunosoppressiva dopo trapianto di fegato. I livelli di anticorpi IgG anti-HEV variano nei paesi sviluppati dal 3% della zona di Tokyo o 7,3% della Catalogna al 16% dell'Inghilterra Sud-occidentale o 21,3% in donatori di sangue statunitensi, e indicano che un'infezione subclinica o non riconosciuta sia comune. Non si sa quanti siano i casi clinici autoctoni, in Gran Bretagna per esempio sono in aumento e sono più frequenti dell'epatite A, tendenza simili si evidenziano in Francia e Giappone, negli USA invece sono pochi. La possibile trasmissione attraverso trasfusione o emodialisi è un'evidenza più recente (casi anche in Arabia Saudita, Giappone, Gran Bretagna).

Allo studio vaccinazione umana


Ma qual è l'origine dei casi autoctoni "occidentali" di epatite E? La fonte e la via di trasmissione restano incerte. L'HEV dei mammiferi si è trovato in maiali, cinghiali, cervi e molluschi bivalvi, gli anticorpi (ma non il virus) anche in cani, gatti, bovini, pecore, cavalli, scimmie e topi: nei paesi sviluppati la somiglianza genetica più forte per i virus umani è però con quelli dei suini, e l'esposizione occupazionale ai maiali (veterinari, allevatori, addetti nei macelli) è stata riconosciuta come fattore di rischio, con trasmissione feco-orale; curiosamente c'è anche quella tra chi tiene maiali come animali di compagnia. Ma non basta, l'evidenza maggiore che si tratti di una zoonosi porcina viene dal Giappone, dove può essere causata dal consumo di carne di cinghiale o cervo poco cotta; fegati di maiale contaminati e in vendita si sono trovati in Giappone, Stati Uniti e Olanda. Una connessione diretta tra la malattia e il consumo di carne suina non è però stabilita. Una precauzione può essere comunque che sia ben cotta (oltre i 56 °C); altre cautele possono riguardare lavoratori del settore e una misura allo studio è la vaccinazione umana: diverse quelle in sperimentazione, una ha terminato la fase II di sperimentazione in Nepal; in Occidente si potrebbero vaccinare almeno i malati di fegato cronici. Ma ogni possibile strategia richiede prima che si faccia luce sulla trasmissione, l'incidenza e gli altri aspetti ancora oscuri dell'epatite E.

Elettra Vecchia



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