18 ottobre 2006
Aggiornamenti e focus
Stanare la resistenza
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Con certe malattie antiche, e sostanzialmente debellate, a volte il rischio maggiore è quello di non essere preparati ad affrontarle. Certi vaccini sono scomparsi, certi farmaci sono superati e altri rischiano di essere inutili, mentre le malattie trovano altre opportunità per diffondersi per esempio approfittando di altre patologie che rendono il paziente più vulnerabile. E tra le evenienze peggiori che si possono accompagnare alla diffusione è lo sviluppo della resistenza ai medicinali. Tutti questi aspetti purtroppo sono elementi di una storia recente, in cui il protagonista è la tubercolosi, che si svolge non più solo tra i poveri dei paesi poveri, ma anche nel cosiddetto mondo moderno.
Infatti, ben lontana dall'essere debellata, la tubercolosi causa ogni anno 1,7 milioni di decessi, il 98% nei paesi in via di sviluppo. In Europa è apparentemente sotto controllo con un'incidenza di 439 mila nuovi casi e 67 mila morti, come pure in Italia, con 4 mila nuovi casi all'anno. Ma è la tendenza a preoccupare gli esperti del settore: nel 2003 nei primi 15 Paesi membri UE solo 15 persone su 100 mila erano malate, ma questa percentuale é quasi doppia nei Paesi entrati nell'Unione nel 2004. E nei Paesi dell'ex Unione Sovietica il dato è cresciuto ulteriormente: 100 persone su 100 mila sono malate. La malattia conserva la sua caratteristica di malattia della povertà, per esempio nella città di Milano, dove i casi accertati sono 400 all'anno da quasi 20 anni (una delle poche realtà in cui la tubercolosi viene monitorata), si assiste a una preoccupante evoluzione: i casi accertati sono rimasti 400, ma mentre nell'89 su dieci casi 7 erano italiani e 3 stranieri, oggi la malattia colpisce 7 stranieri e 3 italiani. Zone a forte concentramento urbano e magari a scarso tasso di igiene favoriscono il diffondersi del contagio.
Come anticipato, l'aspetto che più preoccupa è il fenomeno di resistenza perché oltre a ridurre le capacità di far fronte alla diffusione della tubercolosi ne favorisce la diffusione: curare per mesi un paziente prima di realizzare che la terapia non ha effetti, fa perdere tempo prezioso per il paziente e per la comunità. E questo rappresenta un'opportunità per il batterio, Mycobacterium tuberculosis per approfittare di altre malattie che indeboliscono il paziente e il suo sistema immunitario. Anche perché un batterio che sviluppa e mantiene una resistenza ai farmaci non è particolarmente aggressivo quindi rappresenta una minaccia soprattutto per un organismo vulnerabile. Non è un caso che l'emergenza si stia verificando in Sudafrica tra i malati di AIDS: tutti i soggetti infettati da un ceppo batterico estremamente resistente a più farmaci (XDR TB) sono anche stati colpiti da HIV. Infatti, sembra non rispondere affatto agli antibiotici usualmente utilizzati in questi casi, il che rende questa forma non trattabile con le terapie standard. Secondo le linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità già con i ceppi multi-resistenti vanno adottati almeno quattro farmaci, affrontare quelli estremamente resistenti può diventare estremamente difficoltoso.
Se il gioco vale la candela
Ma oltre alla cura esiste un altro tipo di ostacolo da superare: la diagnostica per scoprire rapidamente i ceppi resistenti. Ma, anche nei paesi con un livello economico medio, la ricerca specifica della resistenza viene effettuata solo quando si rileva, a livello clinico, una mancata risposta al regime terapeutico iniziale. Questa strategia si traduce in un ritardo di almeno 9-12 mesi prima di fornire la terapia appropriata con conseguenze potenzialmente critiche: il batterio può continuare a diffondersi, la malattia può continuare a progredire peggiorando le condizioni del paziente, si possono creare livelli successivi di resistenza. Alcuni ricercatori hanno sperimentato un metodo di analisi della resistenza, confrontandolo con i metodi standard, cioè gli esami diretti dell'espettorato (ricerca di bacilli alcol-acido resistenti) in coltura batterica. Si tratta di un'osservazione microscopica di suscettibilità ai farmaci (MODS) che ha dimostrato una sensibilità del 97,8% contro quella degli altri metodi inferiore al 90% e che riduce i tempi di coltura da almeno 13 giorni a una settimana, tempo necessario anche per avere una risposta. I tempi, la sensibilità e i costi contenuti, rappresentano un'opportunità per i servizi sanitari di molti paesi, per scoprire e far fronte al fenomeno di resistenza ed evitare la diffusione della malattia.
Simona Zazzetta
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Colpisce ancora e forte
Infatti, ben lontana dall'essere debellata, la tubercolosi causa ogni anno 1,7 milioni di decessi, il 98% nei paesi in via di sviluppo. In Europa è apparentemente sotto controllo con un'incidenza di 439 mila nuovi casi e 67 mila morti, come pure in Italia, con 4 mila nuovi casi all'anno. Ma è la tendenza a preoccupare gli esperti del settore: nel 2003 nei primi 15 Paesi membri UE solo 15 persone su 100 mila erano malate, ma questa percentuale é quasi doppia nei Paesi entrati nell'Unione nel 2004. E nei Paesi dell'ex Unione Sovietica il dato è cresciuto ulteriormente: 100 persone su 100 mila sono malate. La malattia conserva la sua caratteristica di malattia della povertà, per esempio nella città di Milano, dove i casi accertati sono 400 all'anno da quasi 20 anni (una delle poche realtà in cui la tubercolosi viene monitorata), si assiste a una preoccupante evoluzione: i casi accertati sono rimasti 400, ma mentre nell'89 su dieci casi 7 erano italiani e 3 stranieri, oggi la malattia colpisce 7 stranieri e 3 italiani. Zone a forte concentramento urbano e magari a scarso tasso di igiene favoriscono il diffondersi del contagio.
Estremamente insidiosi
Come anticipato, l'aspetto che più preoccupa è il fenomeno di resistenza perché oltre a ridurre le capacità di far fronte alla diffusione della tubercolosi ne favorisce la diffusione: curare per mesi un paziente prima di realizzare che la terapia non ha effetti, fa perdere tempo prezioso per il paziente e per la comunità. E questo rappresenta un'opportunità per il batterio, Mycobacterium tuberculosis per approfittare di altre malattie che indeboliscono il paziente e il suo sistema immunitario. Anche perché un batterio che sviluppa e mantiene una resistenza ai farmaci non è particolarmente aggressivo quindi rappresenta una minaccia soprattutto per un organismo vulnerabile. Non è un caso che l'emergenza si stia verificando in Sudafrica tra i malati di AIDS: tutti i soggetti infettati da un ceppo batterico estremamente resistente a più farmaci (XDR TB) sono anche stati colpiti da HIV. Infatti, sembra non rispondere affatto agli antibiotici usualmente utilizzati in questi casi, il che rende questa forma non trattabile con le terapie standard. Secondo le linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità già con i ceppi multi-resistenti vanno adottati almeno quattro farmaci, affrontare quelli estremamente resistenti può diventare estremamente difficoltoso.
Se il gioco vale la candela
Ma oltre alla cura esiste un altro tipo di ostacolo da superare: la diagnostica per scoprire rapidamente i ceppi resistenti. Ma, anche nei paesi con un livello economico medio, la ricerca specifica della resistenza viene effettuata solo quando si rileva, a livello clinico, una mancata risposta al regime terapeutico iniziale. Questa strategia si traduce in un ritardo di almeno 9-12 mesi prima di fornire la terapia appropriata con conseguenze potenzialmente critiche: il batterio può continuare a diffondersi, la malattia può continuare a progredire peggiorando le condizioni del paziente, si possono creare livelli successivi di resistenza. Alcuni ricercatori hanno sperimentato un metodo di analisi della resistenza, confrontandolo con i metodi standard, cioè gli esami diretti dell'espettorato (ricerca di bacilli alcol-acido resistenti) in coltura batterica. Si tratta di un'osservazione microscopica di suscettibilità ai farmaci (MODS) che ha dimostrato una sensibilità del 97,8% contro quella degli altri metodi inferiore al 90% e che riduce i tempi di coltura da almeno 13 giorni a una settimana, tempo necessario anche per avere una risposta. I tempi, la sensibilità e i costi contenuti, rappresentano un'opportunità per i servizi sanitari di molti paesi, per scoprire e far fronte al fenomeno di resistenza ed evitare la diffusione della malattia.
Simona Zazzetta
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