19 gennaio 2007
Aggiornamenti e focus
Occhiali in eredità
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Spesso non è un caso essere miopi, ipermetropi o astigmatici, se da qualche parte della famiglia il difetto è presente. I difetti di rifrazione, il diabete, il labbro leporino, la spina bifida, il glaucoma e lo strabismo tendono a ricorrere all'interno di un gruppo familiare, ma non è stato possibile ricondurli alla mutazione di un singolo gene. E per questo motivo, disturbi o malattie del genere vengono chiamati poligenici, se condizionati anche da fattori ambientali, multifattoriali.
La capacità rifrattiva di un occhio umano dipende dal potere rifrattivo della cornea e del cristallino, dalla lunghezza assiale (cioè la lunghezza dell'occhio), dall'indice rifrattivo dell'umor vitreo e dell'umore acqueo, e infine dall'età. In realtà ciò che varia tra un occhio e l'altro sono la forma, la dimensione e il potere di cornea, cristallino e lunghezza assiale. Aspetti ampiamente determinati per ereditarietà. Nei primi anni di vita le componenti rifrattive si modificano in modo coordinato e complementare (processo di emmetropizzazione) durante la crescita dell'occhio. L'occhio umano dopo la nascita mantiene la lunghezza assiale entro il 2% dal punto focale ottimale e un'immagine chiara focalizzata sulla retina si ottiene tra i nove e i 14 anni. La rifrazione dipende dalle componenti biometriche (lunghezza assiale, curvatura della cornea, spessore del cristallino) che a loro volta vanno considerate dei tratti caratteriali quantitativi la cui variazione è strettamente correlata alla miopia (fenotipo clinico) e a un'ereditarietà familiare. Per esempio, la variabilità della lunghezza assiale dipende dall'eredità in un percentuale che varia dal 40 al 94%, per l'ereditarietà della curvatura corneale la percentuale varia tra il 60 e il 92%. Inoltre, la correlazione positiva tra la miopia dei genitori e dei loro figli indica una chiara componente genetica nella predisposizione al difetto. In uno studio è stata osservata una prevalenza della miopia del 7,3% nei bambini di sette anni quando nessuno dei genitori era miope, saliva al 26,2% se uno dei genitori lo era e al 45% se lo erano entrambi. Gli studi sui gemelli hanno confermato queste ipotesi osservando una concordanza maggiore dell'errore rifrattivo e delle componenti rifrattive in gemelli monozigoti rispetto a quelli dizigoti. Si è anche cercato di capire se determinati comportamenti familiari potessero influenzare la predisposizione genetica al difetto, come, per esempio, eseguire attività in cui è prevista una forte vicinanza dello sguardo durante il suo svolgimento. In realtà questo atteggiamento posturale non influiva, o comunque in modo non significativo sulla variabilità dell'errore rifrattivo.
Insomma, quando un difetto è scritto nei geni c'è poco da fare, vale a dire che la miopia prima o poi farà la sua comparsa. Errori di rifrazione da moderati a gravi possono implicare una degenerazione graduale della vista. Un'elevata miopia è stata associata a cataratta, glaucoma, distacco della retina e danni della parete oculare con degenerazione della retina. Per esempio, il rischio di distacco della retina è da tre a sette volte più alto nelle persone con più di cinque diottrie di miopia, rispetto a una miopia più lieve. E tra cinque e 10 diottrie il rischio diventa da 15 a 35 volte più grande rispetto a quello associato a bassi livelli di ipermetropia.Conoscere i meccanismi genetici coinvolti in questa predisposizione genetica può permettere di intervenire, per esempio per evitare una forte progressione del difetto.
Simona Zazzetta
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Un organo con tante variabili
La capacità rifrattiva di un occhio umano dipende dal potere rifrattivo della cornea e del cristallino, dalla lunghezza assiale (cioè la lunghezza dell'occhio), dall'indice rifrattivo dell'umor vitreo e dell'umore acqueo, e infine dall'età. In realtà ciò che varia tra un occhio e l'altro sono la forma, la dimensione e il potere di cornea, cristallino e lunghezza assiale. Aspetti ampiamente determinati per ereditarietà. Nei primi anni di vita le componenti rifrattive si modificano in modo coordinato e complementare (processo di emmetropizzazione) durante la crescita dell'occhio. L'occhio umano dopo la nascita mantiene la lunghezza assiale entro il 2% dal punto focale ottimale e un'immagine chiara focalizzata sulla retina si ottiene tra i nove e i 14 anni. La rifrazione dipende dalle componenti biometriche (lunghezza assiale, curvatura della cornea, spessore del cristallino) che a loro volta vanno considerate dei tratti caratteriali quantitativi la cui variazione è strettamente correlata alla miopia (fenotipo clinico) e a un'ereditarietà familiare. Per esempio, la variabilità della lunghezza assiale dipende dall'eredità in un percentuale che varia dal 40 al 94%, per l'ereditarietà della curvatura corneale la percentuale varia tra il 60 e il 92%. Inoltre, la correlazione positiva tra la miopia dei genitori e dei loro figli indica una chiara componente genetica nella predisposizione al difetto. In uno studio è stata osservata una prevalenza della miopia del 7,3% nei bambini di sette anni quando nessuno dei genitori era miope, saliva al 26,2% se uno dei genitori lo era e al 45% se lo erano entrambi. Gli studi sui gemelli hanno confermato queste ipotesi osservando una concordanza maggiore dell'errore rifrattivo e delle componenti rifrattive in gemelli monozigoti rispetto a quelli dizigoti. Si è anche cercato di capire se determinati comportamenti familiari potessero influenzare la predisposizione genetica al difetto, come, per esempio, eseguire attività in cui è prevista una forte vicinanza dello sguardo durante il suo svolgimento. In realtà questo atteggiamento posturale non influiva, o comunque in modo non significativo sulla variabilità dell'errore rifrattivo.
Rischio inevitabile
Insomma, quando un difetto è scritto nei geni c'è poco da fare, vale a dire che la miopia prima o poi farà la sua comparsa. Errori di rifrazione da moderati a gravi possono implicare una degenerazione graduale della vista. Un'elevata miopia è stata associata a cataratta, glaucoma, distacco della retina e danni della parete oculare con degenerazione della retina. Per esempio, il rischio di distacco della retina è da tre a sette volte più alto nelle persone con più di cinque diottrie di miopia, rispetto a una miopia più lieve. E tra cinque e 10 diottrie il rischio diventa da 15 a 35 volte più grande rispetto a quello associato a bassi livelli di ipermetropia.Conoscere i meccanismi genetici coinvolti in questa predisposizione genetica può permettere di intervenire, per esempio per evitare una forte progressione del difetto.
Simona Zazzetta
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