Un gene nell'occhio

13 dicembre 2002
Aggiornamenti e focus

Un gene nell'occhio



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La ricerca oftalmologica italiana può vantare un nuovo fiore all'occhiello, un progetto che vede protagonisti l'azienda farmaceutica Farmilia-Thea, da sempre impegnata nella salute dell'occhio, e l'equipe di ricercatori del Centro di Genetica Oculare dell'Ospedale San Raffaele di Milano. La ricerca genetica, finora applicata con difficoltà alle malattie oculari, dovrà affiancare la ricerca clinica per mappare e codificare i geni responsabili delle patologie a carattere ereditario.

Cercare un gene nell'occhio


"La diagnostica molecolare richiede molto tempo" afferma il professor Rosario Brancato, direttore della Divisione di Oculistica del San Raffaele "attualmente un'indagine genetica, per identificare la mutazione in un paziente già malato può richiedere più di sei mesi; verificare la predisposizione genetica permetterebbe di intervenire con provvedimenti terapeutici di prevenzione che ritardano la comparsa della malattia". Precedenti ricerche condotte presso la Columbia University, hanno isolato il gene della malattia di Stargardt scoprendolo poi responsabile anche della forma degenerativa senile. Ora è importante snellire la diagnostica per identificarla nei soggetti ancora sani.
Obiettivo prioritario, infatti, è il miglioramento dell'applicabilità della tecnologia esistente alla diagnosi precoce della mutazione genetica che predispone l'individuo alla malattia oculare, in particolare della degenerazione maculare senile.

Laboratori in miniatura


La diagnostica molecolare sviluppata negli ultimi 20 anni è inadeguata ad eseguire uno screening genetico come prassi clinica, per altro, su un numero di pazienti che si prospetta aumentare del 30-40%.
Da due anni il Centro di Genetica Oculare del San Raffaele ha abbracciato la nanotecnologia introducendo i DNA-chip o biochip, laboratori miniaturizzati in cui si saggiano le reazioni biologiche ricercate. Sono veri e propri circuiti integrati elettronici sulla cui superficie sono distribuiti fino a 100 microscopici punti di test. Grazie alle proprietà elettriche delle molecole organiche, le sonde genetiche possono essere distribuite su questi "nanolaboratori" per mezzo di piccole correnti, generate e controllate da un computer. Dopodiché nel nanochip può essere immesso il campione da analizzare, materiale genetico nel caso specifico, che si dirigerà nel punto test in cui è presente la sonda genetica giusta. Grazie a questo sistema è possibile studiare le singole alterazioni geniche in modo molto rapido e su larga scala.
Lo screening genetico dovrà essere eseguito su pazienti sani ma con una certa familiarità della malattia, la prospettiva dei ricercatori aspira all'inserimento dell'indagine nel check-up di routine specifico per fasce d'età.

Simona Zazzetta

Fonte

Conferenza stampa: "Le tecnologie biochips: nuovi progetti e ricerche del Centro di Genetica Oculare nell'ambito delle patologie oftalmiche" - Milano, 10 luglio 2002



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