Tumore scovato nel genoma

19 settembre 2008
Aggiornamenti e focus

Tumore scovato nel genoma



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Nella lotta ai tumori si punta a giocare sempre più d'anticipo con la diagnosi precoce. L'ideale sarebbe individuare le cellule neoplastiche o preneoplastiche ai primi segni d'alterazione, magari non ancora visibili con tecniche tradizionali perché interne al genoma. In pratica in tutti i tumori ci sono infatti anomalie nei cromosomi, che aumentano con la progressione. E' su questo principio che si basa una tecnica diagnostica avanzata, prospettata come sinergica e non alternativa a quelle esistenti, che dimostra già la sua validità nel riconoscimento precoce e nel monitoraggio del carcinoma della vescica, e consente di aumentare notevolmente sensibilità e velocità dell'individuazione. Ma le applicazioni possibili sono ampie, da quella, che si annuncia ora già riuscita, per il tumore uterino da Papillomavirus (HPV) ad altre in sperimentazione per carcinomi come quello del polmone o di varie sedi del sistema gastrointestinale. Si tratta della tecnica FISH (fluorescence in situ hybridization), della quale sono state illustrati in un simposio a Milano caratteristiche e risultati ottenibili in particolare grazie all'utilizzazione di un avanzato analizzatore automatico d'immagini.

Aumenta la sensibilità


Il carcinoma della vescica è una neoplasia molto diffusa, quarto per frequenza nei paesi occidentali; colpisce di più gli uomini e ha i tra fattori di rischio noti il fumo di sigaretta, l'esposizioni a sostanze chimiche e ad alcuni farmaci, l'età avanzata e certe parassitosi. Almeno nelle fasi iniziali il tumore mostra aberrazioni tipicamente dei cromosomi 3,7 e 17 (aumento di numero) e di una regione del cromosoma 9 (scomparsa), che sono già presenti quando le cellule non appaiono ancora chiaramente atipiche all'osservazione usuale di tipo morfologico. "La citologia, ricerca delle cellule nelle urine, è uno dei metodi più seguiti ma è poco obiettiva proprio perché alcune sembrano normali pur avendo le aberrazioni" dice Juan Rosai, direttore del Centro consulenza anatomia patologica oncologica del CDI (Centro diagnostico italiano). Normalmente le aberrazioni si ricercano nelle cellule urinarie marcando con sostanze fluorescenti i cromosomi e osservandoli poi al microscopio, una metodica manuale in genere limitata a 25-50 cellule. "E' importante che la diagnosi sia esatta evitando i possibili falsi negativi, date le notevoli possibilità di progressione del tumore" afferma Vittorio Grazioli, direttore del CDI "e che si possa sorvegliare l'insorgenza nel tempo delle recidive post-trattamento. Per questo occorrono strumenti aggiuntivi e innovativi di diagnosi, come la FISH informatizzata con un analizzatore automatico di immagini che consente sia di aumentare la sensibilità al 100% (70-80% con il metodo manuale), sia di esaminare rapidamente fino a 30.000 nuclei cellulari, invece di qualche decina". In pratica in mezz'ora si ottengono informazioni che richiederebbero ore di lavoro dell'operatore e con molta più precisione; tra l'altro il normale monitoraggio, per gli esami frequenti, ha costi valutati persino superiori a quelli del tumore della prostata che ha incidenza tre volte più alta.

Applicazione già possibile per HPV


Il test automatizzato in Italia è disponibile per ora al CDI ed è rimborsabile dal Servizio sanitario nazionale. Ma le sue possibili utilizzazioni sono ampie, teoricamente estensibili a tutti i carcinomi. Al simposio di Milano si è annunciato che si è riusciti ad applicarlo per il carcinoma della cervice, coprendo il varco diagnostico inesplorato tra infezione da Papillomavirus e trasformazione in senso tumorale. Dopo l'infezione (che spesso è autolimitante) e prima che al microscopio le cellule si possano definire maligne, ci può essere tipicamente un'anomala amplificazione di una regione del cromosoma 3 (3q): eventualità che si verifica nell'1% dei Pap-test, e va tenuto conto che questi sono moltissimi ogni anno (circa 6 milioni in Italia). Le displasie di basso grado progrediscono nell'11% circa dei casi ad alto grado che può diventare tumore: gli studi mostrano che usando la FISH si possono identificare sia la progressione, nel 100% dei casi, sia la regressione: obiettivo della sua introduzione non è tanto trattare il tumore quanto la displasia di alto grado, che può essere così eradicata. Al CDI si è cominciato a utilizzarla e si prevede la disponibilità con il rimborso SSN. Risultati promettenti in oncologia, per la FISH automatizzata, riguardano poi l'esofago di Barrett, i carcinomi di polmone, stomaco, pancreas, colon, linfomi e leucemie; si usa in generale per la ricerca di cellule rare e poi nel rilevamento prenatale delle alterazioni genetiche.

Elettra Vecchia



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