03 ottobre 2007
Aggiornamenti e focus
Infiammazione predittiva ma non troppo
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Lo screening ideale è quello che con la minor invasività garantisce un'accuratezza del risultato, cioè la possibilità di individuare la malattia a un stadio precoce. Possibili strumenti candidati sono i marcatori molecolari rintracciabili nel siero, un metodo che promette molto dal punto di vista dell'accettabilità da parte dei pazienti. Si fa già ricorso ai biomarcatori generalmente per identificare la presenza di componenti tumorali circolanti, di proteine elaborate dal tumore, di molecole di risposta immunitaria dell'ospite al tumore. Ne sono esempio il PSA (prostate-specific antigen) per il tumore della prostata, la alfa-fetoproteina per il tumore epatocellulare, il CA-125 per il tumore ovarico, ma il limite di questi metodi è la bassa sensibilità per gli stadi iniziali di tumori curabili. E affinché i marcatori siano evidenti e rintracciabili la malattia deve essere già in stadio avanzato.
Esiste un filone di ricerca che indaga sul collegamento, il primo ipotizzato, tra tumore e processo infiammatorio. In alcuni casi già documentato per esempio tra il morbo di Crohn e il carcinoma colonrettale o tra malattia da reflusso gastroeosfageo ed esofagite e l'adenocarcinoma esofageo. A suggerire ulteriormente quest'ipotesi ci sono anche studi prospettici che hanno riscontrato che parametri di infiammazione possono essere predittivi di mortalità tumorale o di rischio di sviluppo di forme tumorali specifiche. Per esempio il conteggio dei globuli bianchi e della proteina C-reattiva sono associati a un rischio aumentato di tumore colonrettale. Un'ulteriore occasione per verificare l'associazione è stata offerta agli esperti dalla Women's Health Initiative (WHI) che ha permesso di valutare oltre 160 mila donne in postmenopausa per le quali, all'inizio dello studio, è stato eseguito il conteggio dei globuli bianchi. Sulla base dei dati, il livello di globuli bianchi era associato al tumore al seno, del colonretto, dell'endometrio, del polmone, con particolare significatività per gli ultimi due. Chiaramente, commentano gli autori, non è possibile dimostrare che prima dell'insorgenza della neoplasia ci fosse un alto livello di globuli bianchi e quindi stabilire una relazione causale tra i due eventi, in quanto la condizione di infiammazione potrebbe essere insorta per altri motivi. Infatti, l'associazione diventava più debole isolando nell'analisi, per esempio, i soggetti non fumatori con il tumore del colonretto, laddove il fumo è un forte fattore di rischio.
Ma oltre alle evidenze epidemiologiche, la ricerca ha dato delle possibili spiegazioni sul ruolo dell'infiammazione nella patogenesi dei tumori. La maggior parte di essi infatti sono massivamente infiltrati di cellule infiammatorie che a loro volta producono citochine, molecole che orientano la crescita, la migrazione e la differenzianzione di cellule tumorali. Inoltre, altri elementi cellulari (neutrofili, eosinofili, cellule mononucleate) della risposta immunitaria producono specie reattive dell'azoto e dell'ossigeno che danneggiano DNA, RNA, lipidi e proteine creando una risposta a catena. Tuttavia, commentano gli esperti, nonostante la spiegazione biologica sia plausibile, non è ancora possibile immaginare il conteggio dei globuli bianchi come un possibile strumento clinico di screening perchè sono molti i fattori che possono influenzarne il valore. Tuttavia questa constatazione non ne diminuisce il valore come indagine sul sistema immunitario, può essere per esempio un mezzo relativamente non specifico per misurare la risposta immunitaria caratterizzata, oltre che dalla componente cellulare, anche da molecole pro e antinfiammatorie. Un'altra possibile proiezione di questo approccio sono le implicazioni di prevenzione e di terapia. E nella chemioprevenzione i farmaci antinfiammatori non steroidei rappresentano un'opportunità, già dimostrata in molte patologie maligne tra cui il tumore al seno, del colon, dell'esofago e della prostata.
Simona Zazzetta
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L'associazione c'è e si vede
Esiste un filone di ricerca che indaga sul collegamento, il primo ipotizzato, tra tumore e processo infiammatorio. In alcuni casi già documentato per esempio tra il morbo di Crohn e il carcinoma colonrettale o tra malattia da reflusso gastroeosfageo ed esofagite e l'adenocarcinoma esofageo. A suggerire ulteriormente quest'ipotesi ci sono anche studi prospettici che hanno riscontrato che parametri di infiammazione possono essere predittivi di mortalità tumorale o di rischio di sviluppo di forme tumorali specifiche. Per esempio il conteggio dei globuli bianchi e della proteina C-reattiva sono associati a un rischio aumentato di tumore colonrettale. Un'ulteriore occasione per verificare l'associazione è stata offerta agli esperti dalla Women's Health Initiative (WHI) che ha permesso di valutare oltre 160 mila donne in postmenopausa per le quali, all'inizio dello studio, è stato eseguito il conteggio dei globuli bianchi. Sulla base dei dati, il livello di globuli bianchi era associato al tumore al seno, del colonretto, dell'endometrio, del polmone, con particolare significatività per gli ultimi due. Chiaramente, commentano gli autori, non è possibile dimostrare che prima dell'insorgenza della neoplasia ci fosse un alto livello di globuli bianchi e quindi stabilire una relazione causale tra i due eventi, in quanto la condizione di infiammazione potrebbe essere insorta per altri motivi. Infatti, l'associazione diventava più debole isolando nell'analisi, per esempio, i soggetti non fumatori con il tumore del colonretto, laddove il fumo è un forte fattore di rischio.
Inadeguato ma utile
Ma oltre alle evidenze epidemiologiche, la ricerca ha dato delle possibili spiegazioni sul ruolo dell'infiammazione nella patogenesi dei tumori. La maggior parte di essi infatti sono massivamente infiltrati di cellule infiammatorie che a loro volta producono citochine, molecole che orientano la crescita, la migrazione e la differenzianzione di cellule tumorali. Inoltre, altri elementi cellulari (neutrofili, eosinofili, cellule mononucleate) della risposta immunitaria producono specie reattive dell'azoto e dell'ossigeno che danneggiano DNA, RNA, lipidi e proteine creando una risposta a catena. Tuttavia, commentano gli esperti, nonostante la spiegazione biologica sia plausibile, non è ancora possibile immaginare il conteggio dei globuli bianchi come un possibile strumento clinico di screening perchè sono molti i fattori che possono influenzarne il valore. Tuttavia questa constatazione non ne diminuisce il valore come indagine sul sistema immunitario, può essere per esempio un mezzo relativamente non specifico per misurare la risposta immunitaria caratterizzata, oltre che dalla componente cellulare, anche da molecole pro e antinfiammatorie. Un'altra possibile proiezione di questo approccio sono le implicazioni di prevenzione e di terapia. E nella chemioprevenzione i farmaci antinfiammatori non steroidei rappresentano un'opportunità, già dimostrata in molte patologie maligne tra cui il tumore al seno, del colon, dell'esofago e della prostata.
Simona Zazzetta
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