21 aprile 2006
Aggiornamenti e focus
I tumori non sono tutti uguali
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Il cancro al seno è nelle donne il tumore più frequente e in assoluto il secondo più mortale dopo il cancro del polmone. Con 34 mila nuovi casi e circa 11 mila morti l'anno, l'Italia è ai primi posti al mondo per incidenza della malattia, terza in classifica dietro Stati Uniti e Svezia. Sull'argomento si è svolto a Milano un convegno "Le nuove vie della targeted-therapy nel carcinoma mammario: il ruolo di HER2", è stata l'occasione per rendere noti i risultati di un gruppo di studio multicentrico italiano, che ha raccolto 3270 casi di carcinoma della mammella allo scopo di definire in dettaglio i criteri per selezionare le pazienti che possono beneficiare di un trattamento indirizzato contro HER2.. Si tratta di una particolare tipologia di carcinoma mammario, che rappresenta il 25% del totale e ha la caratteristica di essere particolarmente aggressivo. Per capirne di più sull'argomento abbiamo intervistato Sylvie Menard, direttore della Struttura Complessa Bersagli Molecolari dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Ma quante donne sono colpite dal tumore al seno?
"Calcoliamo che ogni anno in Italia, ci siano 35000 nuovi casi" risponde la Menard. "L'incidenza è in aumento ma va detto che gli strumenti diagnostici a disposizione sono migliorati notevolmente. La mortalità è invece in diminuzione e stiamo notando l'inversione di tendenza della curva di mortalità. La morale" puntualizza la ricercatrice "è che interveniamo prima e trattiamo meglio." E le forme aggressive? "Sono circa 7 mila le donne colpite dalla forma più aggressiva" dice la Menard. "E si tratta in genere delle donne più giovani, che per una serie di fattori, in particolare ormonali, hanno spesso una prognosi peggiore. Ecco perché è importante che le donne giovani si controllino e oggi con gli strumenti messi a disposizione dalla biologia molecolare si possono affrontare anche questi tumori, diversi dagli altri e più aggressivi". Come? "Con una terapia mirata" precisa l'oncologa. "Di questo si è occupato lo studio Omero, una ricerca indirizzata a studiare una delle forme più aggressive di cancro al seno, detta HER2. Questa forma è caratterizzata dall'amplificazione di un oncogene che con una terapia personalizzata mirata proprio all'oncogene può essere affrontata". Ma come si è svolto lo studio? "Lo studio, coordinato dall'Istituto Nazionale dei Tumori", ci spiega la Menard "ha coinvolto gli otto IRCCS oncologici italiani, l'Istituto Europeo di Oncologia e 12 centri oncologici, una ventina di centri in tutto. Sono state raccolte e valutate le storie cliniche di 3200 donne, di cui il 50% con l'oncogene HER2 amplificato. L'obiettivo era capire meglio le caratteristiche di queste pazienti, i fattori di rischio, ma soprattutto individuare un trattamento il più possibile mirato, che colpisca le cellule tumorali lasciando indenni quelle normali". E i risultati? "Abbiamo individuato" risponde la Menard "protocolli di tipo clinico e abbiamo un farmaco specifico, un anticorpo monoclonale, che inoculato nelle pazienti con metastasi ha dato ottimi risultati." Ma esistono altre terapie personalizzate? "Esistono ma per altri tipi di tumore, dal rene al polmone, e i risultati finora visti sono ottimi". E' emerso qualche altro dato dallo studio? "Un dato interessante riguarda la lieve disparità tra le regioni italiane in materia di diagnosi precoce. Se, infatti, i risultati terapeutici sono uniformi, le lesioni osservate al sud Italia sono in fase più avanzata. Questo vuol dire" precisa la ricercatrice "che la diagnosi precoce nel Meridione non è ancora ottimale". E le prospettive future? "Ora", conclude la ricercatrice "è in partenza un nuovo studio, Demetra, con l'obiettivo di ottimizzare la cura. L'obiettivo cioè è capire meglio quali sono i risultati a lungo termine e quali sono gli effetti sulla qualità della vita".
Marco Malagutti
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Il progetto Omero
"Calcoliamo che ogni anno in Italia, ci siano 35000 nuovi casi" risponde la Menard. "L'incidenza è in aumento ma va detto che gli strumenti diagnostici a disposizione sono migliorati notevolmente. La mortalità è invece in diminuzione e stiamo notando l'inversione di tendenza della curva di mortalità. La morale" puntualizza la ricercatrice "è che interveniamo prima e trattiamo meglio." E le forme aggressive? "Sono circa 7 mila le donne colpite dalla forma più aggressiva" dice la Menard. "E si tratta in genere delle donne più giovani, che per una serie di fattori, in particolare ormonali, hanno spesso una prognosi peggiore. Ecco perché è importante che le donne giovani si controllino e oggi con gli strumenti messi a disposizione dalla biologia molecolare si possono affrontare anche questi tumori, diversi dagli altri e più aggressivi". Come? "Con una terapia mirata" precisa l'oncologa. "Di questo si è occupato lo studio Omero, una ricerca indirizzata a studiare una delle forme più aggressive di cancro al seno, detta HER2. Questa forma è caratterizzata dall'amplificazione di un oncogene che con una terapia personalizzata mirata proprio all'oncogene può essere affrontata". Ma come si è svolto lo studio? "Lo studio, coordinato dall'Istituto Nazionale dei Tumori", ci spiega la Menard "ha coinvolto gli otto IRCCS oncologici italiani, l'Istituto Europeo di Oncologia e 12 centri oncologici, una ventina di centri in tutto. Sono state raccolte e valutate le storie cliniche di 3200 donne, di cui il 50% con l'oncogene HER2 amplificato. L'obiettivo era capire meglio le caratteristiche di queste pazienti, i fattori di rischio, ma soprattutto individuare un trattamento il più possibile mirato, che colpisca le cellule tumorali lasciando indenni quelle normali". E i risultati? "Abbiamo individuato" risponde la Menard "protocolli di tipo clinico e abbiamo un farmaco specifico, un anticorpo monoclonale, che inoculato nelle pazienti con metastasi ha dato ottimi risultati." Ma esistono altre terapie personalizzate? "Esistono ma per altri tipi di tumore, dal rene al polmone, e i risultati finora visti sono ottimi". E' emerso qualche altro dato dallo studio? "Un dato interessante riguarda la lieve disparità tra le regioni italiane in materia di diagnosi precoce. Se, infatti, i risultati terapeutici sono uniformi, le lesioni osservate al sud Italia sono in fase più avanzata. Questo vuol dire" precisa la ricercatrice "che la diagnosi precoce nel Meridione non è ancora ottimale". E le prospettive future? "Ora", conclude la ricercatrice "è in partenza un nuovo studio, Demetra, con l'obiettivo di ottimizzare la cura. L'obiettivo cioè è capire meglio quali sono i risultati a lungo termine e quali sono gli effetti sulla qualità della vita".
Marco Malagutti
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