20 ottobre 2006
Aggiornamenti e focus
Fratelli di sangue (e di artrite)
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L'artrite reumatoide (AR) è una malattia autoimmune, cioè causa la produzione di anticorpi diretti verso l'organismo stesso: interessa circa l'1% della popolazione e predilige le femmine in rapporto di 3 a 1 rispetto ai maschi.
Nella donna, la sua incidenza varia col passare degli anni e aumenta dal menarca a poco prima della menopausa; probabilmente gli ormoni influiscono sulla patologia, che si attenua durante la gravidanza e acuisce nel post parto e durante l'allattamento. Si sospetta anche - ma non è ancora definitivamente provato- un ruolo protettivo dei contraccettivi ormonali. Nell'uomo, invece, la patologia raramente si osserva sotto i 45 anni di età. Essere giovani e di sesso maschile implica un basso fattore di rischio di AR sporadica; è stato quindi ipotizzato che gli uomini che si ammalano devono essere sottoposti a uno stimolo particolarmente potente in grado di annullare questo effetto positivo. Nell'artite reumatoide familiare, un parente di primo grado malato rappresenta un fattore predisponente e quindi si può sospettare che questo stimolo sia di origine genetica.
Per verificare questa ipotesi, e tracciare una sorta di identikit degli uomini malati, è stato eseguito un ampio studio su più di 1000 pazienti negli Stati Uniti i cui risultati sono stati pubblicati di recente sulla rivista Arthritis and rheumatism.
Sono state incluse nell'indagine 467 famiglie che si sono rivolte al consorzio nordamericano per l'artirte reumatoide. Il ritratto è stato composto partendo da dati demografici, storia clinica ed esami radiologici, e aggiungendo la misurazione dei livelli dei due principali anticorpi considerati indicatori della malattia, anti-CCP (peptidi ciclici citrullinati) e RF (fattore reumatoide). Per verificare anche l'ipotesi dello stimolo genetico è stata poi esaminata l'espressione degli HLA-DRB1 "sharing epitope" (SE), frazioni di DNA ritenute responsabili della codifica di aminoacidi importanti per l'insorgere della AR.
I risultati hanno dimostrato che i maschi sviluppano la patologia in età più avanzata rispetto alle femmine e hanno più alti livelli di anticorpi RF e anti-CCP. Molto spesso chi sviluppa la malattia è - o era - un fumatore ed è positivo per l'espressione degli SE.
Un altro dato interessante è che le donne con un fratello malato hanno a loro volta un più alto titolo di anti-CCP rispetto alle altre, e sono a loro volta positive per gli SE.
Sembra quindi che l'elevata produzione di anticorpi sia proprio una caratteristica di famiglia.
Queste informazioni sono importanti perché alti livelli di anti-CCP comportano una maggiore gravità della patologia, e una accurata anamnesi familiare - raccolta il più precocemente possibile - potrebbe permettere di prevedere le forme di AR erosiva o generalizzata in pazienti ancora asintomatiche, iniziando per tempo una terapia di fondo efficace.
Raffaella Bergottini
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Nella donna, la sua incidenza varia col passare degli anni e aumenta dal menarca a poco prima della menopausa; probabilmente gli ormoni influiscono sulla patologia, che si attenua durante la gravidanza e acuisce nel post parto e durante l'allattamento. Si sospetta anche - ma non è ancora definitivamente provato- un ruolo protettivo dei contraccettivi ormonali. Nell'uomo, invece, la patologia raramente si osserva sotto i 45 anni di età. Essere giovani e di sesso maschile implica un basso fattore di rischio di AR sporadica; è stato quindi ipotizzato che gli uomini che si ammalano devono essere sottoposti a uno stimolo particolarmente potente in grado di annullare questo effetto positivo. Nell'artite reumatoide familiare, un parente di primo grado malato rappresenta un fattore predisponente e quindi si può sospettare che questo stimolo sia di origine genetica.
L'identikit dei malati
Per verificare questa ipotesi, e tracciare una sorta di identikit degli uomini malati, è stato eseguito un ampio studio su più di 1000 pazienti negli Stati Uniti i cui risultati sono stati pubblicati di recente sulla rivista Arthritis and rheumatism.
Sono state incluse nell'indagine 467 famiglie che si sono rivolte al consorzio nordamericano per l'artirte reumatoide. Il ritratto è stato composto partendo da dati demografici, storia clinica ed esami radiologici, e aggiungendo la misurazione dei livelli dei due principali anticorpi considerati indicatori della malattia, anti-CCP (peptidi ciclici citrullinati) e RF (fattore reumatoide). Per verificare anche l'ipotesi dello stimolo genetico è stata poi esaminata l'espressione degli HLA-DRB1 "sharing epitope" (SE), frazioni di DNA ritenute responsabili della codifica di aminoacidi importanti per l'insorgere della AR.
I risultati hanno dimostrato che i maschi sviluppano la patologia in età più avanzata rispetto alle femmine e hanno più alti livelli di anticorpi RF e anti-CCP. Molto spesso chi sviluppa la malattia è - o era - un fumatore ed è positivo per l'espressione degli SE.
Un altro dato interessante è che le donne con un fratello malato hanno a loro volta un più alto titolo di anti-CCP rispetto alle altre, e sono a loro volta positive per gli SE.
Sembra quindi che l'elevata produzione di anticorpi sia proprio una caratteristica di famiglia.
Queste informazioni sono importanti perché alti livelli di anti-CCP comportano una maggiore gravità della patologia, e una accurata anamnesi familiare - raccolta il più precocemente possibile - potrebbe permettere di prevedere le forme di AR erosiva o generalizzata in pazienti ancora asintomatiche, iniziando per tempo una terapia di fondo efficace.
Raffaella Bergottini
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