20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus
Prepotenze nefaste
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Bullismo a scuola
E' vero: in Italia non è un fenomeno macroscopico, ma comunque imparare dalle disavventure altrui non è certo sbagliato. Negli Stati Uniti si stima che circa 30 per cento degli scolari sia soggetto a forme più o meno gravi di vessazione, che vanno dal furto della merenda alle percosse a veri e propri taglieggiamenti, soprattutto per i maschi, mentre tra le femmine un'arma tipica sono i pettegolezzi o i commenti a sfondo sessuale (in questo caso si parla di adolescenti).
In effetti questi atteggiamenti teppistici danneggiano entrambi, il bullo e la sua vittima. Secondo uno studio del 2001, vi è una forte associazione tra l'esperienza del bullismo attiva o passiva e le difficoltà di adattamento psicosociale. Queste si esprimono anche in comportamenti come il consumo di alcol e il fumo e, inutile dirlo, il basso rendimento scolastico. Ovviamente i rapporti con gli altri vengono influenzati negativamente: tanto il bullo quanto la sua vittima vivono con difficoltà la permanenza in classe, così come hanno meno amici e incontrano difficoltà a stabilire relazioni di qualche genere. Nel caso delle vittime questa scarsa abilità sociale spesso è preesistente agli episodi di bullismo, e ne è la causa. Infatti da indagini condotte risulta che spesso la vittima viene scelta perché è isolata dal resto della comunità. Certamente poi l'aggressione rinforza questa situazione.
Sempre nella vittima, soprattutto tra i più piccoli, le prepotenze possono causare disturbi psicologici a breve termine, per esempio sonno disturbato o incubi, perdita della capacità di attenzione eccetera. A lungo termine, poi, questi stati di ansia tendono a cronicizzare. Non a caso nell'adulto che presenta disturbi da ansia e panico è spesso presente una storia di infanzia repressa, il che non significa soltanto un clima famigliare rigido, ma anche un ambiente extra-domestico ostile. Infine, questo genere di situazioni tende a propagarsi: la vittima del bullismo diventa molto spesso a sua volta un bullo. Esattamente come i molestatori di bambini sono stati in molti casi a loro volta vittime di molestie.
Indizi rivelatori
La letteratura scientifica riporta che difficilmente questi episodi vengono riportati direttamente da chi ne è protagonista, vittima o prepotente che sia, e spesso sfuggono alla vigilanza del personale scolastico, dato che è ben difficile che queste vessazioni vengano condotte quando ci sono adulti in vista.
Secondo la psicologa Mary Muscari, esistono però alcuni segni che devono far sospettare al genitore, o all'insegnate o ai bidelli, che un bambino sia oggetto di bullismo:
- Il bambino presenta un inspiegabile aumento dell'aggressività nei confronti di fratelli, cugini o altri bambini.
- Presenza di lividi o escoriazioni , abiti strappati o sporchi
- Insolito appetito, a volte fame, al ritorno da scuola, dovuta al fatto che magari la merenda gli è stata sottratta
- Incubi o pianto durante il sonno
- Il bambino aspetta di tornare a casa per usare il bagno, dal momento che spesso le aggressioni si verificano in ambienti non frequentati dagli adulti come i bagni degli studenti
- Il bambino chiede supplementi alla sua "paghetta", cosa che potrebbe essere dovuta a un'estorsione
- Il bambino ha sentimenti abbandono, si sente trascurato
- Desiderio di proteggersi
- Il bambino è riluttante a parlare della vita scolastica e accampa spiegazioni poco plausibili per giustificare i segni descritti finora.
Il silenzio è un errore
Certamente il quadro descritto dalla letteratura statunitense non è direttamente riportabile alla realtà italiana. Tuttavia alcuni fatti rendono più facile il presentarsi di questo fenomeno rispetto al passato. Nelle famiglie, soprattutto dove entrambi i genitori lavorano come ormai è una necessità inelutabile se non per i più ricchi, il tempo che gli adulti dedicano ai piccoli è sempre più esiguo. Del resto non è neppure facile intervenire: a giudicare da quanto sostengono gli esperti, anche una tutela eccessivamente assidua può indebolire autonomia e autostima del giovane. Su una cosa, comunque, c'è concordia: se il genitore viene a conoscenza di atti di bullismo ne deve informare la scuola. L'eventuale problema va risolto su due fronti: privato e pubblico. Coinvolgere le istituzioni serve: lo provano le esperienze condotto in Galles e Norvegia, dove programmi di intervento nelle scuole hanno ottenuto una riduzione del 30-50% del fenomeno. Senza repressioni poliziesche, ma infrangendo il silenzio, agendo sul clima della classe e creando regole sociali chiare e condivise. Certo non è facile, ma le cose facili non sono sempre quelle efficaci.
Maurizio Imperiali
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