180? Va bene così!

09 settembre 2005
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180? Va bene così!



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"Il malato non è solo un malato ma un uomo". Queste parole sintetizzano più di qualsiasi altra il pensiero di Franco Basaglia, psichiatra scomparso venticinque anni fa, cui si deve un nuovo modo di affrontare la malattia mentale. Il suo pensiero, infatti, è ancora oggi considerato un cardine per l'assistenza psichiatrica, anche perché ha ispirato la legge 180 con la quale si è arrivati al superamento degli ospedali psichiatrici. E' a partire dal 1978, anno di nascita della 180, che la legge viene messa in discussione e gli ultimi anni in particolare hanno visto un fioccare di proposte per modificarla. Ma la legge 180 è davvero da cambiare o sarebbe sufficiente applicarla nei suoi principi cardine? Per capirne di più abbiamo intervistato Carmine Munizza, specialista in malattie nervose e mentali e past president della Società Italiana di Psichiatria. Ma qual'è stato il merito storico di Basaglia?

Ridare dignità ai malati


"Basaglia", risponde Munizza, "ha dato dignità ai malati, ma anche agli psichiatri, rendendo la disciplina psichiatrica non più una pseudoscienza di chiusura e contenimento, come era considerata, ma una vera e propria scienza medica. Ha capito, cioè, che il manicomio non era un posto dove si potevano curare le persone. Un fatto evidente per molti ma che lui ha avuto il merito di denunciare per primo". E la legge 180, da lui ispirata, è ancora un punto fermo? O le continue proposte di modifica hanno qualche fondamento? " La legge 180 " puntualizza lo psichiatra torinese "non è organizzativa, bensì di principi. Intendo dire che ci sono due principi base di orientamento. Il primo, quello principale, supera l'ospedale psichiatrico, il manicomio vecchio stile, per favorire invece il ricovero dei pazienti psichiatrici presso ospedali pubblici. Come avviene per tutte le malattie. Il secondo punto è quello che regolamenta il trattamento sanitario obbligatorio, il principio in base al quale il paziente che rifiuta di farsi curare può essere ricoverato non per un atto di ordine pubblico ma sanitario. Significa che è un medico a sancire la necessità di un ricovero con il suggello di un secondo medico". E il ricovero avviene presso strutture pubbliche? "Adesso si fa nelle strutture pubbliche" dice Munizza "anche se alcune delle proposte di revisione propongono il ricovero presso strutture residenziali private. Una revisione che non condivido". Perché? "Secondo me il primo "filtro" deve essere pubblico, è una garanzia per il malato. All'interno della struttura sanitaria può anche cominciare un percorso di riabilitazione, poi si vedrà". E quanto dura il trattamento sanitario obbligatorio? "La durata iniziale" precisa l'esperto "è di sette giorni ma è importante puntualizzare che si può prorogare se il medico lo ritiene necessario. E si può addirittura arrivare a sei mesi". La legge 180 per come è stata concepita perciò dà garanzie? "Assolutamente sì" risponde convinto lo psichiatra. "Si tratta di una legge valida che" ribadisce Munizza "non è organizzativa. E' chiaro che essendo l'applicazione della legge demandata alle regioni in alcune si applica di più in altre meno. Ma oggi tutte le aziende sanitarie hanno un dipartimento di salute mentale con personale analogo. Il problema è piuttosto che rispetto alla psichiatria si hanno grosse aspettative, addirittura magiche. Se viene diagnosticato un cancro in qualche modo ci si rassegna alla possibilità che si possa non guarire". Non è così per le malattie psichiatriche? "No" sostiene lo psichiatra. "Ci si aspetta un intervento e un esito soddisfacente. Ma esiste un margine di errore e può succedere che il paziente non risponda al trattamento. E magari si suicidi. Il medico, però, non va colpevolizzato perché esiste un 30% dei casi in cui non si ha risposta". Ma da Basaglia a oggi la patologia mentale è cambiata? "Non esattamente" risponde Munizza. "E' aumentata la sensibilità ai problemi psichiatrici e sono aumentate le possibilità diagnostiche. Per cui non sono tanto in aumento le malattie ma si fanno più diagnosi. Quindi la riduzione della schizofrenia e l'aumento della depressione che i dati epidemiologici testimoniano, potrebbero essere falsi positivi". Cioè? "Prima", conclude Munizza, "si consideravano schizofrenici quelli che in realtà erano pazienti depressi".

Marco Malagutti



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