29 aprile 2005
Aggiornamenti e focus
La prossima epidemia
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Una delle malattie professionali che non lasciano scampo è il mesotelioma, un tumore generalmente localizzato alla pleura o al peritoneo. E' a tutt'oggi incurabile e conosce principalmente una causa: l'esposizione all'amianto. E' vero che questo minerale, praticamente uno dei materiali più largamente impiegati, ormai non viene più né estratto, né importato né impiegato in Italia dal 1992, ma il danno se si vuole è già stato fatto. E anche se in Italia se ne parla meno di quanto accada in altri paesi europei la situazione è grave. Lo confermano i dati presentati lo scorso anno dall'ISPESL (l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro). Infatti si registrano almeno 1.200 casi l'anno di mesotelioma, con un'incidenza venti volte superiore a quella attesa, che sarebbe pari 1-2 persone colpite per milione di abitanti. In pratica l'Italia è il paese europeo più colpito, se non il più colpito al mondo.
Recentemente, soprattutto in Gran Bretagna, studi ed editoriali hanno ricordato che il peggio deve ancora venire, in quanto il picco dei casi di mesotelioma da amianto è atteso per 2010-2015. Il perché è presto detto.
Lo sviluppo del tumore, che presenta due varianti istologiche, epitelioide e sarcomatoide, può richiedere non meno di 25 anni dal momento della prima esposizione per arrivare fino a 50. Si è calcolato poi che chi ha cominciato lavorazioni pericolose dai 13-14 anni, per poi proseguire per tutta la vita lavorativa, ha una possibilità di sviluppare la malattia in un caso su 5. In Gran Bretagna il massimo impiego dell'amianto si è avuto nel 1955, la sua regolamentazione ed esclusione risale alla metà degli anni ottanta, quindi il picco è atteso per il 2015-2020. Anche Francia, Germania, Irlanda e Svizzera hanno attuato misure anti-amianto nel periodo 1970-1989. Se è vero che la massima mortalità si avrà nei carpentieri navali (non a caso Genova e Trieste sono tra le province dove la malattia è più frequente) e negli addetti a opere di isolamento, è bene ricordare che anche le mogli che lavavano gli indumenti di lavoro delle persone esposte sono state colpite dal mesotelioma, come è accaduto anche in Italia.
A complicare il quadro ci sono le caratteristiche della malattia. Infatti la diagnosi non è semplice. I sintomi prevalenti sono i dolori toracici e le difficoltà respiratorie dovute al versamento di liquido nella pleura, ma si tratta di segni poco specifici, comuni ad altre malattie che interessano i polmoni. Oltretutto, anche le indagini radiologiche sono di scarsa utilità e bisogna quasi sempre ricorrere a manovre invasive come le biopsie mediante ago-aspirazione e, soprattutto, la biopsia chirurgica. Non è raro, comunque, che già quando si hanno i primi sospetti il polmone colpito presenti un anello dello spessore di 1 cm che lo costringe completamente. Difficile la diagnosi, dunque, e scarse le cure: la sopravvivenza è molto bassa e fino a non molto tempo fa non esisteva nemmeno una chemioterapia specifica. E' infatti storia di questi mesi l'arrivo di una sostanza, il pemetrexed, che associato al cisplatino ha mostrato un'azione mirata su questo tumore.
Intervenire si deve
Non è il caso, quindi, di assumere atteggiamenti rinunciatari. Infatti sembra sempre più praticabile la via della chirurgia radicale, quantomeno ai fini del miglioramento della qualità della vita residua. L'intervento consiste nell'asportazione del polmone alla quale si associano radioterapia dell'emitorace svuotato e diversi regimi di chemio adiuvante e neo-adiuvante. In alcune casistiche, peraltro molto selezionate e con tumore epitelioide, la sopravvivenza a 5 anni è del 48%. D'altra parte in Gran Bretagna sta partendo ora il trial controllato MARS (Mesothelioma and Radical Surgery) che dovrebbe fornire indicazioni più precise. Ma anche rinunciando dall'opzione più demolitiva, molto per il paziente può essere fatto, a cominciare dal controllo dei versamenti pleurici con interventi toracoscopici.
Il fatto, però, è che nei prossimi anni ci si troverà di fronte di fronte a un rilevante numero di pazienti anziani (70 anni) destinati a un progressivo degrado della funzionalità respiratoria e a un dolore difficilmente trattabile. Questo pone notevoli problemi in fatto anche di assistenza sociale, e sarebbe il caso che nell'ambito della programmazione si tenesse conto anche di questo aspetto. Invece negli ultimi tempi si sono avuti segnali preoccupanti, come i tentativi dell'INAIL di contestare nei tribunali e nelle procedure di riconoscimento i diritti dei lavoratori esposti (come nella vicenda dei lavoratori di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano) e in generale il tentativo di ridurre le previdenze. E il peggio, come sostiene un editoriale del British Medical Journal, deve ancora venire.
Maurizio Imperiali
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Un picco nei prossimi anni
Recentemente, soprattutto in Gran Bretagna, studi ed editoriali hanno ricordato che il peggio deve ancora venire, in quanto il picco dei casi di mesotelioma da amianto è atteso per 2010-2015. Il perché è presto detto.
Lo sviluppo del tumore, che presenta due varianti istologiche, epitelioide e sarcomatoide, può richiedere non meno di 25 anni dal momento della prima esposizione per arrivare fino a 50. Si è calcolato poi che chi ha cominciato lavorazioni pericolose dai 13-14 anni, per poi proseguire per tutta la vita lavorativa, ha una possibilità di sviluppare la malattia in un caso su 5. In Gran Bretagna il massimo impiego dell'amianto si è avuto nel 1955, la sua regolamentazione ed esclusione risale alla metà degli anni ottanta, quindi il picco è atteso per il 2015-2020. Anche Francia, Germania, Irlanda e Svizzera hanno attuato misure anti-amianto nel periodo 1970-1989. Se è vero che la massima mortalità si avrà nei carpentieri navali (non a caso Genova e Trieste sono tra le province dove la malattia è più frequente) e negli addetti a opere di isolamento, è bene ricordare che anche le mogli che lavavano gli indumenti di lavoro delle persone esposte sono state colpite dal mesotelioma, come è accaduto anche in Italia.
Diagnosi complessa
A complicare il quadro ci sono le caratteristiche della malattia. Infatti la diagnosi non è semplice. I sintomi prevalenti sono i dolori toracici e le difficoltà respiratorie dovute al versamento di liquido nella pleura, ma si tratta di segni poco specifici, comuni ad altre malattie che interessano i polmoni. Oltretutto, anche le indagini radiologiche sono di scarsa utilità e bisogna quasi sempre ricorrere a manovre invasive come le biopsie mediante ago-aspirazione e, soprattutto, la biopsia chirurgica. Non è raro, comunque, che già quando si hanno i primi sospetti il polmone colpito presenti un anello dello spessore di 1 cm che lo costringe completamente. Difficile la diagnosi, dunque, e scarse le cure: la sopravvivenza è molto bassa e fino a non molto tempo fa non esisteva nemmeno una chemioterapia specifica. E' infatti storia di questi mesi l'arrivo di una sostanza, il pemetrexed, che associato al cisplatino ha mostrato un'azione mirata su questo tumore.
Intervenire si deve
Non è il caso, quindi, di assumere atteggiamenti rinunciatari. Infatti sembra sempre più praticabile la via della chirurgia radicale, quantomeno ai fini del miglioramento della qualità della vita residua. L'intervento consiste nell'asportazione del polmone alla quale si associano radioterapia dell'emitorace svuotato e diversi regimi di chemio adiuvante e neo-adiuvante. In alcune casistiche, peraltro molto selezionate e con tumore epitelioide, la sopravvivenza a 5 anni è del 48%. D'altra parte in Gran Bretagna sta partendo ora il trial controllato MARS (Mesothelioma and Radical Surgery) che dovrebbe fornire indicazioni più precise. Ma anche rinunciando dall'opzione più demolitiva, molto per il paziente può essere fatto, a cominciare dal controllo dei versamenti pleurici con interventi toracoscopici.
Il fatto, però, è che nei prossimi anni ci si troverà di fronte di fronte a un rilevante numero di pazienti anziani (70 anni) destinati a un progressivo degrado della funzionalità respiratoria e a un dolore difficilmente trattabile. Questo pone notevoli problemi in fatto anche di assistenza sociale, e sarebbe il caso che nell'ambito della programmazione si tenesse conto anche di questo aspetto. Invece negli ultimi tempi si sono avuti segnali preoccupanti, come i tentativi dell'INAIL di contestare nei tribunali e nelle procedure di riconoscimento i diritti dei lavoratori esposti (come nella vicenda dei lavoratori di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano) e in generale il tentativo di ridurre le previdenze. E il peggio, come sostiene un editoriale del British Medical Journal, deve ancora venire.
Maurizio Imperiali
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