Tagli indolori
Successo non garantito
La scelta di un tema così specifico è stata sollecitata dalla crescente percentuale di persone che riportano di aver sofferto dolore lombare e dolore al collo nei tre mesi precedenti all'indagine: rispettivamente, il 26% e il 14% degli adulti americani intervistati nel 2002. Per altro, dicono le stime, se si escludono le visite di routine negli ambulatori del medico di base per ipertensione e diabete, che sono le più frequenti, a seguire ci sono quelle motivate dal dolore lombare, che rappresenta il 2% del totale delle visite ambulatoriali. Inoltre, recenti dati pubblicati indicano una tendenza all'aumento di esami per imaging, di infiltrazioni, di consumi di farmaci antidolorifici oppiacei e della chirurgia spinale. A fronte di questo spettro di possibilità di diagnosi e di terapia, non esistono dati che permettono di chiarire se sono poi accompagnate da un miglioramento delle condizioni del paziente. Lo si potrebbe intuire: se aumenta il ricorso e l'accesso ai servizi sanitari dedicati a lombalgia e dolore al collo, il loro impatto sui disturbi dovrebbe essere positivo: ci si cura di più quindi si sta meglio. Ma non è così scontato un risultato del genere. E, infatti, non lo hanno trovato gli autori del bilancio che hanno adottato, in primo luogo, un questionario per chiedere ai partecipanti non ospedalizzati di autovalutare le proprie condizioni fisiche, condizioni di salute mentale ed emotiva (malinconia, tristezza, ansia), di segnalare incidenti o danni subiti in qualsiasi parte del corpo. Le informazioni sono state incrociate con i dati di spesa, che, escludendo solo i farmaci da banco, si riferivano a tutte le spese fatte di tasca propria dai pazienti (out-of-pocket), dalle compagnie assicurative, dai programmi di assistenza Medicare e Madicaid e da tutte le altre possibili fonti. Senza entrare nel merito di distinzioni delle zone della colonna interessate, sono stati definiti i pazienti con problemi spinali come quelli che avevano problemi al collo, alla schiena, ai dischi intervertebrali e danni alla colonna.
Bilancio in perdita si cambia
Nell'intervallo temporale considerato, dal 1997 al 2005, alla rapida crescita della spesa non è corrisposto, secondo le autovalutazioni riportate dei pazienti con i problemi spinali, un miglioramento dello stato di salute, delle disabilità funzionali, delle limitazioni nel lavoro e della funzionalità sociale. Aggiustando i dati per età, sesso e inflazione, l'aumento della spesa in questo ambito è stato del 65% ma la popolazione adulta con problemi spinali è aumentata appena del 12% nel 2000 e del 15% nel 2005, e la voce più alta era rappresentata dai trattamenti con farmaci. Per altro, rispetto a chi non aveva nessun problema spinale, la spesa corrispondente era superiore del 73%. Facendo i dovuti calcoli, gli autori indicano una spesa totale di 85,9 miliardi di dollari. Certo, per ictus e patologie cardiache se ne spendono molti di più, 257,6; ma per l'artrite i miliardi di dollari spesi sono 80,3, per il cancro 89, per il diabete 98,1. Vale a dire cifre non così distanti da quelle investite per i problemi della colonna vertebrale, probabilmente in gran parte dovute proprio alla voce farmaci, in particolare oppiacei. Gli autori ammettono che il loro studio presenta, tra i vari limiti, anche quello di non aver distinto più dettagliatamente i vari disturbi, così da definirne anche la loro gravità, ma sulla base dei dati raccolti dichiarano che si è speso troppo senza aver ottenuto un miglioramento. E in termini di economia sanitaria, le persone con il disturbo sono molte e il singolo paziente ha un costo eccessivo rispetto ai risultati che si possono ottenere, e quindi eventuali tagli possono rappresentare un'occasione per ridurre gli investimenti senza per questo abbassare gli esiti clinici.
Simona Zazzetta
Fonti
- Martin BI et al. Expenditures and health status among adults with back and neck problems. JAMA. 2008 Feb 13;299(6):656-64
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