21 aprile 2006
Aggiornamenti e focus
Sanità al servizio dei cittadini
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Il buon funzionamento della sanità è considerato un valore prioritario dai cittadini. Un dato intuitivo che i numeri confermano. Il cittadino medio, secondo i dati del Forum di Ricerca Biomedica del Censis sogna una sanità più flessibile, fatta di servizi territoriali rivolti alla persona (l'80% ritiene che sarebbe importante creare un fondo apposito per finanziare l'assistenza domiciliare). Tra le priorità per il futuro del Servizio Sanitario, oltre lo sviluppo dei servizi sul territorio, ci sono per il 40% degli intervistati la modernizzazione delle attrezzature e delle tecnologie e, per il 36%, l'incentivazione alla scoperta di farmaci per patologie attualmente incurabili. Per paura di una mancanza di assistenza territoriale il 75% considera inaccettabile la chiusura dei piccoli presidi ospedalieri in quanto strumento di rassicurazione degli utenti. Da questi dati risulta che per il 77% degli intervistati, la spesa per la salute è valutata come un investimento che contribuisce alla tutela di un bene strategico da preservare senza badare a spese, mentre il 58% considera la spesa per i farmaci non come un costo che sottrae risorse a spese più importanti ma come un investimento. Così si esprimono i pazienti. E chi i farmaci li produce? Un'occasione per rispondere a questa domanda è stata fornita da un convegno sui sistemi sanitari svoltosi nella Repubblica di San Marino. Tra i presenti Sergio Dompé, presidente di Farmindustria e Guido Riva della Commissione Sanità di Confindustria. I loro interventi non fanno che ribadire l'importanza del settore sanitario anche in prospettiva futura e la necessità, sempre più impellente, di trovare le risorse finanziarie per sostenerlo.
Il dato di partenza, ha spiegato Riva, non è molto dissimile da quello degli altri paesi di area Ocse. Anzi, la spesa sanitaria (totale e pubblica) italiana è sostanzialmente allineata alle rispettive medie internazionali. Del resto tutti i sistemi sanitari moderni, pur così diversi tra loro per molti aspetti, sono costantemente alle prese con analoghi problemi di bilancio. Di che cosa ci si lamenta allora? Di un semplice fatto, mentre negli altri paesi i disavanzi vengono prontamente ripianati perché i conti pubblici lo consentono; in Italia non è così: l'enorme debito pubblico è un oggettivo impedimento a fare altrettanto e lo resterà ancora per chissà quanto tempo. Ma i problemi non finiscono qui. La carenza di strutture lifesaver sia per le cure domiciliari per pazienti cronici sia per la riabilitazione nonché le intollerabili liste di attesa. E ancora differenze regionali inaccettabili. Sembrerebbe la premessa a un'invocazione di sempre più privato rispetto al pubblico, ma Riva nega la volontà di privatizzare il servizio da parte di Confindustria, arrivando a indicare il modello americano come un modello fallimentare. Qual è la ricetta degli industriali farmaceutici allora?
Una premessa è d'obbligo. Non vi è, precisa Riva, alcuna contrapposizione tra universalità ed efficienza. Perciò centrale resta la tutela della salute, mentre sostenibilità ed efficienza sono strumentali rispetto a questo obiettivo. Ecco perché bisogna ripensare il rapporto tra pubblico e privato e va avviato un confronto con le Istituzioni centrali e regionali. Ripensare, perché l'aziendalizzazione delle strutture erogatrici del servizio non ha finora dato i risultati sperati. In questo quadro i medici di base devono diventare il fulcro del servizio pubblico. In più andrebbe rivista la struttura complessiva dell'offerta di servizi sanitari, attualmente centrata in grandissima parte sull'ospedale. Per farlo urge costruire una rete telematica, in cui siano presenti tutti gli elementi che partecipano al sistema sanità, a partire dalla casa del paziente fino al più evoluto centro di eccellenza. Per ottenere tutto questo, infine, non si può prescindere da una vera efficienza gestionale e amministrativa. Tutte le attività hanno dei costi ma non tutte sono utili o producono valore, puntualizza Riva. Chi può fare tutto questo? Senza dubbio la politica, passando però dalle parole ai fatti. Il rischio è che la crisi finanziaria esploda, allora la situazione si farebbe veramente preoccupante.
Marco Malagutti
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Troppo debito pubblico
Il dato di partenza, ha spiegato Riva, non è molto dissimile da quello degli altri paesi di area Ocse. Anzi, la spesa sanitaria (totale e pubblica) italiana è sostanzialmente allineata alle rispettive medie internazionali. Del resto tutti i sistemi sanitari moderni, pur così diversi tra loro per molti aspetti, sono costantemente alle prese con analoghi problemi di bilancio. Di che cosa ci si lamenta allora? Di un semplice fatto, mentre negli altri paesi i disavanzi vengono prontamente ripianati perché i conti pubblici lo consentono; in Italia non è così: l'enorme debito pubblico è un oggettivo impedimento a fare altrettanto e lo resterà ancora per chissà quanto tempo. Ma i problemi non finiscono qui. La carenza di strutture lifesaver sia per le cure domiciliari per pazienti cronici sia per la riabilitazione nonché le intollerabili liste di attesa. E ancora differenze regionali inaccettabili. Sembrerebbe la premessa a un'invocazione di sempre più privato rispetto al pubblico, ma Riva nega la volontà di privatizzare il servizio da parte di Confindustria, arrivando a indicare il modello americano come un modello fallimentare. Qual è la ricetta degli industriali farmaceutici allora?
Serve la politica
Una premessa è d'obbligo. Non vi è, precisa Riva, alcuna contrapposizione tra universalità ed efficienza. Perciò centrale resta la tutela della salute, mentre sostenibilità ed efficienza sono strumentali rispetto a questo obiettivo. Ecco perché bisogna ripensare il rapporto tra pubblico e privato e va avviato un confronto con le Istituzioni centrali e regionali. Ripensare, perché l'aziendalizzazione delle strutture erogatrici del servizio non ha finora dato i risultati sperati. In questo quadro i medici di base devono diventare il fulcro del servizio pubblico. In più andrebbe rivista la struttura complessiva dell'offerta di servizi sanitari, attualmente centrata in grandissima parte sull'ospedale. Per farlo urge costruire una rete telematica, in cui siano presenti tutti gli elementi che partecipano al sistema sanità, a partire dalla casa del paziente fino al più evoluto centro di eccellenza. Per ottenere tutto questo, infine, non si può prescindere da una vera efficienza gestionale e amministrativa. Tutte le attività hanno dei costi ma non tutte sono utili o producono valore, puntualizza Riva. Chi può fare tutto questo? Senza dubbio la politica, passando però dalle parole ai fatti. Il rischio è che la crisi finanziaria esploda, allora la situazione si farebbe veramente preoccupante.
Marco Malagutti
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