20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus
Uno per tutti 5 per mille
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Di tutte le novità fiscali annunciate (o minacciate, o promesse), una delle poche giunte a compimento con la Legge Finanziaria è il cosiddetto 5 per mille. Si tratta della facoltà data al cittadino contribuente di scegliere se destinare una parte delle sue imposte sul reddito, il 5 per mille, appunto a una serie di soggetti che operano con finalità sociali, in tutto o in parte. Il provvedimento, infatti, elenca così i possibili destinatari:
In realtà, enti e istituti che si occupano di ricerca in capo medico, farmacologico, biologico eccetera ce ne sono in entrambe le categorie: la differenza e che tra le Università e gli enti di ricerca scientifica compaiono anche le strutture che si occupano, per esempio, di fisica nucleare o di musicologia.
Al contribuente, peraltro, esprimere una preferenza non costa nulla, questo 5 per mille viene prelevato dalle imposte che comunque pagherebbe e non è un prelievo ulteriore (in pratica “si levano” dai soldi che incasserebbe il fisco) esattamente come accade da anni con l’8 per mille destinato alle diverse confessioni religiose. Anche le operazioni burocratiche sono abbastanza semplici: si tratta di riportare nell’apposito riquadro il codice fiscale dell’ente prescelto e di apporre una firma. Chi non compila la dichiarazione, per esempio i lavoratori dipendenti senza altri redditi, avranno comunque a disposizione un modulo aggiuntivo. L’elenco degli enti che possono ricevere la sovvenzione, completo di codice fiscale, è riportato sul sito dell’Agenzia delle entrate (il fisco, via). Questa è la pagina.
E’ chiaro che l’innovazione ha suscitato molto interesse tra gli operatori, a volte perfino troppo se, come ha scherzosamente dichiarato il professor Emilio Bajetta dell’Istituto Nazionale dei Tumori, poco ci manca che le richieste di contributi vengano fatte anche all’angolo della strada. In effetti qui si ripropone il solito discorso: che cosa ne sa il cittadino chi fa ricerca, come e con quali risultati? Anche il criterio della risonanza sui media non è certo infallibile, visto che ci sono centri abilissimi a dare il massimo risalto alla loro attività, anche quando magari si tratta di studi sul topo, e altri che, altrettanto attivi, sono però poco presenti sui giornali. D’altra parte, è pur sempre uno stanziamento a favore della ricerca (e del volontariato, e delle opere di assistenza...) quindi ben venga.
E’ augurabile, peraltro, che all’attività di ricerca italiana vengano riservati anche ben altri stanziamenti, soprattutto per quelle ricerche che hanno pochi sponsor privati ma che, magari, hanno un peso rilevante per la salute della collettività, dalla farmacovigilanza alla ricerca sui farmaci orfani, dal perfezionamento delle tecniche chirurgiche ai nuovi modelli organizzativi dell’assistenza sanitaria (non si parla di “ricerca sanitaria”?).
Maurizio Imperiali
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Ma non si tratta soltanto di sostenere azioni nel campo, per dirla con un termine generico, dell'assistenza a situazioni particolari, tra le quali rientra anche il finanziamento delle iniziative eventualmente promosse dal Comune in cui si risiede. Infatti è esplicitamente citato, a parte, il finanziamento della ricerca scientifica, e delle università, e della ricerca sanitaria.
Una procedura semplice
In realtà, enti e istituti che si occupano di ricerca in capo medico, farmacologico, biologico eccetera ce ne sono in entrambe le categorie: la differenza e che tra le Università e gli enti di ricerca scientifica compaiono anche le strutture che si occupano, per esempio, di fisica nucleare o di musicologia.
Al contribuente, peraltro, esprimere una preferenza non costa nulla, questo 5 per mille viene prelevato dalle imposte che comunque pagherebbe e non è un prelievo ulteriore (in pratica “si levano” dai soldi che incasserebbe il fisco) esattamente come accade da anni con l’8 per mille destinato alle diverse confessioni religiose. Anche le operazioni burocratiche sono abbastanza semplici: si tratta di riportare nell’apposito riquadro il codice fiscale dell’ente prescelto e di apporre una firma. Chi non compila la dichiarazione, per esempio i lavoratori dipendenti senza altri redditi, avranno comunque a disposizione un modulo aggiuntivo. L’elenco degli enti che possono ricevere la sovvenzione, completo di codice fiscale, è riportato sul sito dell’Agenzia delle entrate (il fisco, via). Questa è la pagina.
Ma certamente non basta
E’ chiaro che l’innovazione ha suscitato molto interesse tra gli operatori, a volte perfino troppo se, come ha scherzosamente dichiarato il professor Emilio Bajetta dell’Istituto Nazionale dei Tumori, poco ci manca che le richieste di contributi vengano fatte anche all’angolo della strada. In effetti qui si ripropone il solito discorso: che cosa ne sa il cittadino chi fa ricerca, come e con quali risultati? Anche il criterio della risonanza sui media non è certo infallibile, visto che ci sono centri abilissimi a dare il massimo risalto alla loro attività, anche quando magari si tratta di studi sul topo, e altri che, altrettanto attivi, sono però poco presenti sui giornali. D’altra parte, è pur sempre uno stanziamento a favore della ricerca (e del volontariato, e delle opere di assistenza...) quindi ben venga.
E’ augurabile, peraltro, che all’attività di ricerca italiana vengano riservati anche ben altri stanziamenti, soprattutto per quelle ricerche che hanno pochi sponsor privati ma che, magari, hanno un peso rilevante per la salute della collettività, dalla farmacovigilanza alla ricerca sui farmaci orfani, dal perfezionamento delle tecniche chirurgiche ai nuovi modelli organizzativi dell’assistenza sanitaria (non si parla di “ricerca sanitaria”?).
Maurizio Imperiali
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