11 giugno 2004
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Diciotto secondi è il tempo, stimato da uno studio europeo, che intercorre tra l'inizio del racconto del malato e il primo intervento del medico. Dieci, venti minuti è il tempo che, secondo l'ex ministro della Sanità Umberto Veronesi, bisognerebbe dedicare a un paziente oltre alla visita. In questo lasso di tempo passa la palese difficoltà nella relazione medico-paziente, che oggi viene denunciata da entrambe le categorie. Una difficoltà che riguarda in particolare la comunicazione. Il medico ha poco tempo e in quel poco tempo vuole scovare la malattia e se possibile scovare una cura, dimenticando che il paziente vorrebbe essere considerato una persona. Una possibile alternativa nel rapporto medico-paziente è data dall'uso di internet, che, come ha spiegato Mario Falconi, segretario nazionale Fimmg, in un recente incontro, consentirebbe oggi a qualunque cittadino italiano, in qualunque parte del mondo, di accedere via web a un server dove sono conservatidati clinici utili al medico che deve seguirlo in quel momento. Un recente numero del BMJ si è occupato diffusamente della questione.
Come sottolinea uno degli editoriali del BMJ, ormai almeno la metà dei cittadini statunitensi cerca informazioni di salute in rete, una delle attività più diffuse. Si può così ormai parlare tranquillamente di e-patients, una nuova realtà che oltre ad aumentare la diffusione delle notizie di salute, sta cambiando profondamente il rapporto medico-paziente. L'analisi del British ha identificato gli aspetti più significativi a proposito di e-patients. Per cominciare molti medici hanno sottostimato i benefici potenziali e sovrastimato i rischi. I ricercatori sono troppo concentrati nel trovare gli aspetti negativi di internet da non considerarne più i vantaggi. Del resto notizie di danni determinati dall'accesso a internet per informazioni di salute sono piuttosto rare mentre è più comune - continua l'editoriale - trovare report di cure migliorate, errori medici evitati o vite risparmiate. Non è un caso che la stessa Commissione europea abbia spinto per un nuovo piano d'azione, rispetto all'uso di internet e della tecnologia telematica e consideri il decennio in corso cruciale per la e-Health, sia per i medici sia per i pazienti e i cittadini in generale.
Da non sottovalutare, poi, il ruolo svolto dai gruppi di supporto, una risorsa sanitaria sempre più rilevante. Un supporto che può essere psicologico ma anche scientifico. Unioni di cittadini, sempre attive, che incentivano l'autoeducazione, la responsabilizzazione e le iniziative dei cittadini. Ma anche la disponibilità dei medici in rete può diventare un aspetto importante nella qualità delle cure sanitarie. I medici cioè dovrebbero essere disponibili a condividere e discutere le informazioni coi cittadini. In Italia esistono esperimenti di questo tipo nei quali si prospetta, addirittura la possibilità di avere un incontro in audio-video conferenza con il proprio medico di famiglia.
I ricercatori non dovrebbero, perciò, sottovalutare la rivoluzione tecnoculturale in corso in ambito medico. Al di là delle ricerche sui contenuti dei siti e sulla valutazione dell'efficacia degli interventi professionali, bisognerebbe - sostengono i ricercatori britannici - dare più spazio alle ricerche, e ci sono, sul ruolo degli e-patients. Il campo è, comunque, ancora da esplorare e servono più studi pilota in cui, per esempio, si cerchi di esplorare nuovi modi di lavorare insieme tra medici e pazienti. Quello che conta - conclude il BMJ - è la svolta culturale. La figura degli e-patients deve essere riconosciuta come una nuova risorsa da sfruttare. Se si devono investire dei fondi meglio farlo per modelli che funzionano ma si conoscono poco piuttosto che per sperimentare quello che è stato ampiamente testato. O no?
Marco Malagutti
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...e inoltre su Dica33:
Gli e-patients
Come sottolinea uno degli editoriali del BMJ, ormai almeno la metà dei cittadini statunitensi cerca informazioni di salute in rete, una delle attività più diffuse. Si può così ormai parlare tranquillamente di e-patients, una nuova realtà che oltre ad aumentare la diffusione delle notizie di salute, sta cambiando profondamente il rapporto medico-paziente. L'analisi del British ha identificato gli aspetti più significativi a proposito di e-patients. Per cominciare molti medici hanno sottostimato i benefici potenziali e sovrastimato i rischi. I ricercatori sono troppo concentrati nel trovare gli aspetti negativi di internet da non considerarne più i vantaggi. Del resto notizie di danni determinati dall'accesso a internet per informazioni di salute sono piuttosto rare mentre è più comune - continua l'editoriale - trovare report di cure migliorate, errori medici evitati o vite risparmiate. Non è un caso che la stessa Commissione europea abbia spinto per un nuovo piano d'azione, rispetto all'uso di internet e della tecnologia telematica e consideri il decennio in corso cruciale per la e-Health, sia per i medici sia per i pazienti e i cittadini in generale.
Una rivoluzione culturale
Da non sottovalutare, poi, il ruolo svolto dai gruppi di supporto, una risorsa sanitaria sempre più rilevante. Un supporto che può essere psicologico ma anche scientifico. Unioni di cittadini, sempre attive, che incentivano l'autoeducazione, la responsabilizzazione e le iniziative dei cittadini. Ma anche la disponibilità dei medici in rete può diventare un aspetto importante nella qualità delle cure sanitarie. I medici cioè dovrebbero essere disponibili a condividere e discutere le informazioni coi cittadini. In Italia esistono esperimenti di questo tipo nei quali si prospetta, addirittura la possibilità di avere un incontro in audio-video conferenza con il proprio medico di famiglia.
I ricercatori non dovrebbero, perciò, sottovalutare la rivoluzione tecnoculturale in corso in ambito medico. Al di là delle ricerche sui contenuti dei siti e sulla valutazione dell'efficacia degli interventi professionali, bisognerebbe - sostengono i ricercatori britannici - dare più spazio alle ricerche, e ci sono, sul ruolo degli e-patients. Il campo è, comunque, ancora da esplorare e servono più studi pilota in cui, per esempio, si cerchi di esplorare nuovi modi di lavorare insieme tra medici e pazienti. Quello che conta - conclude il BMJ - è la svolta culturale. La figura degli e-patients deve essere riconosciuta come una nuova risorsa da sfruttare. Se si devono investire dei fondi meglio farlo per modelli che funzionano ma si conoscono poco piuttosto che per sperimentare quello che è stato ampiamente testato. O no?
Marco Malagutti
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