06 luglio 2007
Aggiornamenti e focus
Spiegare il rischio
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Sono molte le occasioni nelle quali le parole hanno un peso determinante, e tra queste quelle che vedono a confronto medico e assistito: ancor più se il primo deve convincere il secondo che non è ancora manifestamente "paziente" dell'opportunità di usare oggi farmaci contro una futura probabile malattia che metta a rischio la vita. Il compito del medico di guida alle scelte informate del paziente è più arduo quando si tratta di prevenzione invece che di terapia, e la forma del messaggio diventa importante come il contenuto. A riprova, condizioni come l'ipertensione, l'ipercolesterolemia e l'osteoporosi registrano scarsa adesione alle cure: gli stessi esempi vengono utilizzati da ricercatori norvegesi per dimostrare come le decisioni in risposta a quanto appreso siano condizionate dalla diversa presentazione degli scenari, aspetto importante riguardo alla salute ma in definitiva nella vita, commentano gli autori.
Per convincere sui vantaggi della riduzione del rischio di malattia con i farmaci un esempio molto usato è il numero di individui che occorre trattare (NNT) in un dato periodo per evitare che si produca un esito sfavorevole; per fare un esempio, quanti ipertesi si devono curare per evitare un infarto. Terapie come quelle contro aterosclerosi e osteoporosi riguardano processi patologici lenti e per molti l'evento può essere più ritardato, perciò potrebbe essere più incisivo puntare sul fattore tempo, cioè descrivere il beneficio della terapia in termini di capacità di spostare in avanti l'evento. Gli autori hanno appunto confrontato l'efficacia dei due diversi approcci, saggiati in un campione di partecipanti a uno studio di popolazione, rispetto alla possibilità di prevenzione con i farmaci dell'infarto miocardico o dell'osteoporosi. Si sono calcolati profili di rischio cardiovascolare e altri parametri clinici, valutate le caratteristiche socio-demografiche, considerati gli stili di vita eccetera; i partecipanti hanno risposto a questionari dettagliati, che indagavano anche sulla percezione della difficoltà di quanto il medico aveva spiegato loro e sul rapporto tra la comprensione e l'eventuale assenso alla cura. Ai partecipanti allo studio è stato spiegato che, in base alle stime relative alla popolazione scandinava, bisognava trattare 13 soggetti per cinque anni (NNT) per prevenire un attacco cardiaco, oppure che il trattamento per cinque anni poteva ritardare per tutti di circa due mesi l'insorgenza d'infarto, o ancora che un soggetto su quattro trattato per cinque anni poteva ritardarlo per otto mesi mentre gli altri non avrebbero beneficiato della terapia. Analogamente si è proceduto per il rischio di frattura del femore per osteoporosi, con un NNT di 17, un ritardo di 16 giorni dell'evento o di 16 mesi per tre soggetti su cento.
Risultato: nel gruppo infarto miocardico, illustrando soltanto il fattore NNT ha consentito al trattamento il 93%, con l'evento ritardato per??
alcuni l'82% e con quello generale il 69%; nel gruppo frattura osteoporotica sono stati il 74%, il 56% e il 34%, rispettivamente. Gli assensi erano più numerosi tra i partecipanti che avevano meglio compreso il messaggio, in maggioranza i più istruiti e più giovani. L'ipotesi degli autori era invece che l'approccio alternativo, quello basato sul ritardare levento, fosse più facile da capire e, analizzando il risultato, sono giunti a tre possibili spiegazioni. La prima è che ha fatto più presa un beneficio maggiore per pochi piuttosto che minore per tutti, perché, come osservato da altri, si è più disposti al rischio quando si teme un peggioramento del proprio stato e invece meno quando si percepisce un guadagno. La seconda è che si tende a dare più peso a suggerimenti più facili da ricordare, come "prevenire un evento", o "quanto si ritarda un evento". Terza possibilità è che la rappresentazione attraverso il NNT appaia come una lotteria, poche persone che vincono molto e molte che non vincono nulla; questo scenario avrebbe più consenso perché sembra più plausibile: rifletterebbe infatti in modo più incerto o indiretto il fatto che, alla lunga, l'infarto e la frattura si verificheranno, cosa che non fa lo scenario dell'evento ritardato. Insomma, un'altra dimostrazione che le parole, e la psicologia, contano molto quando si tratta di salute e malattia.
Elettra Vecchia
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...e inoltre su Dica33:
Eventi evitati o invece ritardati
Per convincere sui vantaggi della riduzione del rischio di malattia con i farmaci un esempio molto usato è il numero di individui che occorre trattare (NNT) in un dato periodo per evitare che si produca un esito sfavorevole; per fare un esempio, quanti ipertesi si devono curare per evitare un infarto. Terapie come quelle contro aterosclerosi e osteoporosi riguardano processi patologici lenti e per molti l'evento può essere più ritardato, perciò potrebbe essere più incisivo puntare sul fattore tempo, cioè descrivere il beneficio della terapia in termini di capacità di spostare in avanti l'evento. Gli autori hanno appunto confrontato l'efficacia dei due diversi approcci, saggiati in un campione di partecipanti a uno studio di popolazione, rispetto alla possibilità di prevenzione con i farmaci dell'infarto miocardico o dell'osteoporosi. Si sono calcolati profili di rischio cardiovascolare e altri parametri clinici, valutate le caratteristiche socio-demografiche, considerati gli stili di vita eccetera; i partecipanti hanno risposto a questionari dettagliati, che indagavano anche sulla percezione della difficoltà di quanto il medico aveva spiegato loro e sul rapporto tra la comprensione e l'eventuale assenso alla cura. Ai partecipanti allo studio è stato spiegato che, in base alle stime relative alla popolazione scandinava, bisognava trattare 13 soggetti per cinque anni (NNT) per prevenire un attacco cardiaco, oppure che il trattamento per cinque anni poteva ritardare per tutti di circa due mesi l'insorgenza d'infarto, o ancora che un soggetto su quattro trattato per cinque anni poteva ritardarlo per otto mesi mentre gli altri non avrebbero beneficiato della terapia. Analogamente si è proceduto per il rischio di frattura del femore per osteoporosi, con un NNT di 17, un ritardo di 16 giorni dell'evento o di 16 mesi per tre soggetti su cento.
Tre ipotesi di diversa percezione
Risultato: nel gruppo infarto miocardico, illustrando soltanto il fattore NNT ha consentito al trattamento il 93%, con l'evento ritardato per??
alcuni l'82% e con quello generale il 69%; nel gruppo frattura osteoporotica sono stati il 74%, il 56% e il 34%, rispettivamente. Gli assensi erano più numerosi tra i partecipanti che avevano meglio compreso il messaggio, in maggioranza i più istruiti e più giovani. L'ipotesi degli autori era invece che l'approccio alternativo, quello basato sul ritardare levento, fosse più facile da capire e, analizzando il risultato, sono giunti a tre possibili spiegazioni. La prima è che ha fatto più presa un beneficio maggiore per pochi piuttosto che minore per tutti, perché, come osservato da altri, si è più disposti al rischio quando si teme un peggioramento del proprio stato e invece meno quando si percepisce un guadagno. La seconda è che si tende a dare più peso a suggerimenti più facili da ricordare, come "prevenire un evento", o "quanto si ritarda un evento". Terza possibilità è che la rappresentazione attraverso il NNT appaia come una lotteria, poche persone che vincono molto e molte che non vincono nulla; questo scenario avrebbe più consenso perché sembra più plausibile: rifletterebbe infatti in modo più incerto o indiretto il fatto che, alla lunga, l'infarto e la frattura si verificheranno, cosa che non fa lo scenario dell'evento ritardato. Insomma, un'altra dimostrazione che le parole, e la psicologia, contano molto quando si tratta di salute e malattia.
Elettra Vecchia
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