01 giugno 2006
Aggiornamenti e focus
Un male necessario?
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Il 4% dei circa 8 milioni di italiani ricoverati in 12 mesi negli ospedali della penisola sperimentano effetti avversi legati a errori in corsia. Sviste che causano la morte di almeno 14mila pazienti e che determinano, inevitabilmente, cause di risarcimento. E proprio le cause sono in aumento esponenziale, i dati parlano di un + 184% nell'ultimo decennio. A rivelare queste cifre in un recente convegno milanese sono stati gli esperti del Cineas (Consorzio universitario per l'ingegneria nelle assicurazioni) del Politecnico di Milano secondo i quali le cause principali degli errori in corsia sono molte e vanno dal superlavoro alla stanchezza, dalla cattiva organizzazione ai macchinari vecchi senza dimenticare prescrizioni illeggibili o scambio di farmaci diversi confezionati in flaconi simili. L'esito al di là degli evidenti rischi per la salute è uno spreco di miliardi di euro a carico di Servizio sanitario nazionale e Regioni. Ma può succedere che le cause siano futili? A giudicare da uno studio pubblicato dal New England Journal of Medicine le cause infondate esisterebbero ma non sono poi così comuni. In contrasto con i dati dell'Amami (Associazione medici accusati di malpractice ingiustamente) secondo i quali solo il 25% dei circa 15 mila medici denunciati ogni anno per danni ai pazienti viene condannato. Una percentuale evidentemente bassa. Ma che cosa dice lo studio statunitense?
Il dibattito sull'argomento ferve anche negli Stati Uniti dove molti esperti, tra cui anche eminenti esponenti dell'amministrazione Bush, sostengono che le "frivole" accuse di malpractice rappresentano un onere per il sistema sanitario i cui costi lievitano. D'altro canto la risposta a questa asserzione è che in realtà gli errori medici dilagano e quindi la questione delle cause senza fondamento è inutile. Precedenti ricerche avevano, peraltro, concluso che molti pazienti pur danneggiati non fanno neanche causa. Ma stabilire se le cause inutili siano comuni e costose è fondamentale per il buon funzionamento del servizio sanitario e dei sistemi legali. Gli autori hanno così preso in esame retrospettivamente 1452 cause chiuse al fine di misurare prevalenza, costi, esiti e caratteristiche delle cause in cui mancava evidenza di errori. Le cause monitorate sono state scelte in modo casuale e sono relative a cinque strutture assicurative per responsabilità civile. I risultati sono stati significativi. Nel 3% delle richieste di risarcimento non sono state riscontrate lesioni mediche verificabili, mentre nel 37% delle richieste non erano implicati errori. La maggior parte delle richieste di risarcimento non associate a errori (370 su 515) o a lesioni (31 su 37) non ha portato ad alcun risarcimento, al contrario della maggior parte di quelle fondate su lesioni dovute a errore (653 su 889). E' più facile, notano gli autori, che non vengano risarcite richieste associate a errori piuttosto che il suo opposto (ossia il risarcimento ingiusto) e comunque quando vengono accolte richieste di risarcimento in cui non sono implicati errori, le cifre sono piuttosto basse. E proprio quello delle spese è il nodo cruciale.
Complessivamente le richieste di risarcimento in cui non erano implicati errori rappresentavano il 13-16% dei costi monetari totali del sistema. Su ogni dollaro speso in risarcimenti, 54 centesimi sono andati alle spese amministrative (incluse quelle per avvocati, esperti e tribunali). Le richieste di risarcimento motivate da errori hanno rappresentato il 78% dei costi amministrativi totali. Due le conclusioni dei ricercatori. Da una parte la rappresentazione di un sistema di malpractice causato da motivazioni futili e infondate è sopravvalutato. Perché se anche ci sono cause inutili spesso non vengono neanche pagate. E' d'altro canto vero che i costi per difendersi da queste cause non sono irrilevanti. Ma nel complesso, concludono i ricercatori, la stragrande maggioranza delle spese riguarda cause per errori e relativo risarcimento. E sono esorbitanti. La soluzione potrebbe essere, come sottolineato anche dagli esperti del Cineas, dotare le strutture ospedaliere di procedure di risk management, invece che, come sempre più spesso accade, optare per una medicina difensiva nella quale i medici nascondono gli errori o variano le prescrizioni di farmaci ed esami per proteggersi da ogni accusa. Qualsiasi sia la strategia l'importante è che gli errori in corsia vengano abbattuti. Ne va della salute ma anche del portafoglio.
Marco Malagutti
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...e inoltre su Dica33:
Futili o fondate?
Il dibattito sull'argomento ferve anche negli Stati Uniti dove molti esperti, tra cui anche eminenti esponenti dell'amministrazione Bush, sostengono che le "frivole" accuse di malpractice rappresentano un onere per il sistema sanitario i cui costi lievitano. D'altro canto la risposta a questa asserzione è che in realtà gli errori medici dilagano e quindi la questione delle cause senza fondamento è inutile. Precedenti ricerche avevano, peraltro, concluso che molti pazienti pur danneggiati non fanno neanche causa. Ma stabilire se le cause inutili siano comuni e costose è fondamentale per il buon funzionamento del servizio sanitario e dei sistemi legali. Gli autori hanno così preso in esame retrospettivamente 1452 cause chiuse al fine di misurare prevalenza, costi, esiti e caratteristiche delle cause in cui mancava evidenza di errori. Le cause monitorate sono state scelte in modo casuale e sono relative a cinque strutture assicurative per responsabilità civile. I risultati sono stati significativi. Nel 3% delle richieste di risarcimento non sono state riscontrate lesioni mediche verificabili, mentre nel 37% delle richieste non erano implicati errori. La maggior parte delle richieste di risarcimento non associate a errori (370 su 515) o a lesioni (31 su 37) non ha portato ad alcun risarcimento, al contrario della maggior parte di quelle fondate su lesioni dovute a errore (653 su 889). E' più facile, notano gli autori, che non vengano risarcite richieste associate a errori piuttosto che il suo opposto (ossia il risarcimento ingiusto) e comunque quando vengono accolte richieste di risarcimento in cui non sono implicati errori, le cifre sono piuttosto basse. E proprio quello delle spese è il nodo cruciale.
Un costo molto alto per il siztema
Complessivamente le richieste di risarcimento in cui non erano implicati errori rappresentavano il 13-16% dei costi monetari totali del sistema. Su ogni dollaro speso in risarcimenti, 54 centesimi sono andati alle spese amministrative (incluse quelle per avvocati, esperti e tribunali). Le richieste di risarcimento motivate da errori hanno rappresentato il 78% dei costi amministrativi totali. Due le conclusioni dei ricercatori. Da una parte la rappresentazione di un sistema di malpractice causato da motivazioni futili e infondate è sopravvalutato. Perché se anche ci sono cause inutili spesso non vengono neanche pagate. E' d'altro canto vero che i costi per difendersi da queste cause non sono irrilevanti. Ma nel complesso, concludono i ricercatori, la stragrande maggioranza delle spese riguarda cause per errori e relativo risarcimento. E sono esorbitanti. La soluzione potrebbe essere, come sottolineato anche dagli esperti del Cineas, dotare le strutture ospedaliere di procedure di risk management, invece che, come sempre più spesso accade, optare per una medicina difensiva nella quale i medici nascondono gli errori o variano le prescrizioni di farmaci ed esami per proteggersi da ogni accusa. Qualsiasi sia la strategia l'importante è che gli errori in corsia vengano abbattuti. Ne va della salute ma anche del portafoglio.
Marco Malagutti
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