Testimonial in camice bianco

25 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

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Per fare entrare un nuovo farmaco nella pratica clinica non è sufficiente che venga approvato dalle autorità predisposte, ma deve essere lanciato sul mercato, entrare negli ambulatori medici o negli ospedali o giungere nelle mani dei pazienti. Perchè ciò accada oltre ai requisiti previsti dall'iter burocratico, il prodotto deve conquistare credibilità e notorietà. Secondo gli esperti di marketing delle aziende farmacolgiche le evidenze scientifiche e l'esercito di informatori del farmaco non bastano, serve un'opinione autorevole che confermi quanto la documentazione dovrebbe già aver confermato in fase di approvazione. Motivo per cui si fa ricorso agli opinion leader, medici e specialisti di indubbia fama, il cui parere ha un peso, che partecipano agli studi clinici o presenziano momenti di lancio del prodotto.

Regole chiare e trasparenti


Si tratta di una pratica molto diffusa che prevede una retribuzione del professionista, in alcuni paesi regolamentata all'interno degli Ordini professionali, secondo tariffari ben precisi. La British Medical Association, per esempio, stabilisce che per la partecipazione a uno studio vanno corrisposte almeno 200 sterline per ogni ora di lavoro. Dal canto loro le aziende li considerano parte integrante della loro forza vendite, stando a quanto dichiara sulle pagine del British Medical Journal, Kimberly Elliott, che per 20 anni ha lavorato in questo ramo aziendale negli Stati Uniti. "Noi misuriamo continuamente il ritorno del nostro investimento" ha spiegato "sulla base delle prescrizioni prima e dopo la presentazione fatta da un opinion leader. Se il relatore non ha avuto l'impatto che l'azienda si attendeva non verrà più invitato". E aggiunge che alcuni medici sono stati pagati 1600 euro per la lettura di presentazioni preparate e fornite dall'azienda. In un'intervista comparsa sempre sul BMJ, il direttore medico dell'associazione degli industriali nel settore farmaceutico, Richard Tiner, afferma che le aziende reclutano specialisti affermati e di esperienza valutandoli come un investimento e dichiara: "Nel momento in cui queste persone ricevono una retribuzione, sono impiegati dell'azienda" dando come soluzione la trasparenza. Secondo Tiner i pagamenti dell'azienda al relatore dovrebbero essere dichiarati di routine per qualsiasi evento di promozione del farmaco e, rispondendo a chi considera tale pagamento una sorta di tangente, aggiunge: "Si tratta di un pagamento per un lavoro svolto, non di una tangente". I risvolti etici di tale argomento non si risolvono del tutto con la trasparenza: restano molte sfaccettature irrisolte che emergono dai pareri contrastanti contenuti in due commenti pubblicati sempre su BMJ.

Scegliere il fine o i mezzi?


Un consenso al tipo di strategia di marketing arriva dall'amministratore delegato di un'agenzia di comunicazione multinazionale, nella disillusione che né l'industria né la medicina possano realizzare i propri valori indipendentemente l'una dall'altra, riconoscendo a entrambe un ruolo nello sviluppo e nel mantenimento delle cure mediche. Charli Buckwell, ribadisce la posizione chiara dell'associazione degli industriali di settore orientata a mantenere l'indipendenza nella scelta del medico nel prescrivere una medicina, e sottolinea che il ruolo di un opinion leader è di fornire analisi, critiche e linee guida ai medici per posizionare in modo appropriato un farmaco nella pratica clinica. L'eventuale preoccupazione, a suo avviso, concerne il condizionamento invisibile e inconsapevole che può avere effetti insidiosi sulla pratica clinica o entrare in conflitto con gli obblighi del medico verso il paziente. Ribaltando il punto di vista, Buckwell considera tali interazioni dei punti di forza, dal momento che rappresentano un'occasione per i medici di conoscere meglio i benefici offerti da un farmaco.Di tutt'altro parere è Giovanni Fava, psicologo clinico e quindi medico dell'Università degli Studi di Bologna, che vuole richiamare l'attenzione su un problema che non trova soluzione: il conflitto di interesse. E in un bilancio degli interessi delle parti, quelli dell'azienda sono chiari, vale a dire, aumentare le prescrizioni del proprio prodotto. Ma anche quelli degli opinion leader che, oltre ai compensi, acquistano visibilità sopratutto se accedono ad ambienti prestigiosi che vanno dall'editoria medica alle associazioni non profit. E per spiegare i rischi che si corrono, Fava prospetta la prescrizione irrazionale, la scarsa considerazione del profilo di sicurezza, menzionando il caso del rofecoxib come esempio, e aumento dei costi. Inoltre, fa notare che eliminando il conflitto di interesse, la comunità scientifica potrebbe rappresentare un bacino di esperti che in modo del tutto indipendente potrebbe dare indicazioni sui farmaci. Ma per raggiungere questo obiettivo, ai ricercatori davvero indipendenti va offerto un sostegno con finanziamenti pubblici, con ruoli chiave nelle società scientifiche, con la possibilità di produrre linee guida e di operare nell'editoria specializzata. E conclude con fermezza: "Le industrie possono reclutare i medici per il marketing dei loro prodotti. Ma noi non possiamo accettare questi medici come esperti chiave".

Simona Zazzetta



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