15 febbraio 2008
Aggiornamenti e focus, Speciale Bocca sana
Parodontite da cannabis
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La malattia infiammatoria parodontale o parodontite nei paesi occidentali è seconda solo alla carie come causa di perdita dei denti tra gli adulti; fino a pochi decenni fa la si considerava un problema che colpisce dopo i 35 anni e causato essenzialmente dalla placca. C'è stata poi una correzione di tiro e si è delineato il ruolo primario di un fattore di rischio comportamentale, il fumo, per l'azione pro-infiammatoria della nicotina e di altri componenti e la riduzione del flusso ematico periferico. Ora si rincara la dose: oltre che per il tabacco, una forte associazione con la malattia si evidenzia per il fumo di cannabis, non solo, il rischio di parodontopatia distruttiva aumenta per i fumatori, soprattutto di cannabis, anche prima dei 30 anni, e questo indipendentemente dalla placca. E' quanto mostra un nuovo studio che aggiunge ai danni parodontali da tabacco quelli da cannabis e li anticipa, visto che l'esperienza con gli "spinelli" riguarda già i teenager. Un fattore di rischio ulteriore, dopo per esempio l'obesità, che era stata messa in relazione a parodontopatia distruttiva anche tra i 17 e i 21 anni, e l'alterato metabolismo glucidico legato alla patologia già a 12-18 anni. Come anticipato trent'anni fa, sottolinea l'editoriale, la parodontopatia è una spia di malattie successive e di abitudini dannose che vi contribuiscono, come il fumo: un nuovo motivo di prevenzione.
La ricerca, di autori neozelandesi, ha considerato che l'inalazione profonda e il contatto e il tempo di assorbimento prolungato per il fumo di cannabis lo rendessero un probabile candidato per lo sviluppo della malattia parodontale. Si è condotto uno studio di coorte tra 903 giovani che hanno auto-raccolto informazioni sul fumo di tabacco e di cannabis a 18, 21, 26 e 32 anni; le classi di esposizione considerate erano nessuna, bassa e alta (per la cannabis bassa voleva dire da 1 a 40 volte nell'anno precedente). Obiettivo era lo stato di malattia parodontale a 32 anni, con i cambiamenti tra 26 e 32, determinata da perdita combinata di aderenza dei denti alle gengive (CAL) misurata in tre punti per dente. E' risultato che a 32 anni quasi un terzo dei giovani presentava CAL con riduzione di 4 mm e il 12% di 5 mm, c'era anche un crescendo di casi incidenti cioè nuovi dai 26 ai 32 anni in relazione al grado di esposizione alla cannabis. Dopo la correzione di fattori quali fumo di sigaretta, sesso, presenza di placca, per il gruppo con maggiore uso di cannabis il rischio relativo di CAL con perdita di 4 mm o più era 1,6 e per 5 mm o più addirittura 3,1. A sua volta il tabacco è apparso strettamente associato con la malattia parodontale, ma non è risultata un'interazione tra uso di cannabis e di tabacco nella predittività dello sviluppo della malattia. Da notare che mentre per fumo di tabacco e cannabis c'era un legame con la maggiore incidenza di parodontopatia prima dei 32 anni, per la placca non c'era ed era inconsistente anche per la prevalenza. La placca, per dirla con l'editoriale, era il cane che non abbaia o lo fa piano: ciò significherebbe che, mentre è un fattore importante nella prevenzione secondaria della parodontite distruttiva, la prevenzione primaria dovrebbe includere la correzione del fumo e di altre abitudini non salutari.
Si ritiene che il fumo di tabacco esplichi un'azione lesiva sul parodonto per via degli effetti sistemici della nicotina e di altri componenti a livello della funzione immunitaria e della risposta infiammatoria nel tessuto. Ma anche la cannabis contiene più di 400 sostanze compresi più di 60 cannabinoidi; i costituenti non cannabinoidi sarebbero simili a quelli del tabacco, eccetto la nicotina, e a loro carico sono stati indicati rischi di danni sistemici ed effetti patologici nei tessuti dello stesso tipo di quelli del fumo di sigaretta. Occorrerebbe quindi aumentare la consapevolezza, attraverso un'educazione alla prevenzione, che per la salute della bocca e dei denti non sono pericolosi solo abuso di dolciumi e scarsa igiene orale, ma anche fumo di tabacco e di cannabis; quest'ultima andrebbe considerata nell'elenco delle sostanze d'abuso potenzialmente dannose per i denti, come nelle carie associate a sospetto uso di metanfetamina. La parodontopatia distruttiva è diminuita negli USA dal 7% del 1988 al 4% del 1999-2000: potrebbe essere in parte un effetto non previsto delle campagne anti-fumo, rimarca l'editoriale, a riprova della validità delle campagne pro-prevenzione. E conta la diagnosi: fumo e cannabis si associano a una parodontopatia che può essere individuata molto prima di altre malattie fumo-correlate, come diabete, cardiovasculopatie e certi tumori, che si manifestano più in là con gli anni.
Elettra Vecchia
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Incidenza aumentata precocemente
La ricerca, di autori neozelandesi, ha considerato che l'inalazione profonda e il contatto e il tempo di assorbimento prolungato per il fumo di cannabis lo rendessero un probabile candidato per lo sviluppo della malattia parodontale. Si è condotto uno studio di coorte tra 903 giovani che hanno auto-raccolto informazioni sul fumo di tabacco e di cannabis a 18, 21, 26 e 32 anni; le classi di esposizione considerate erano nessuna, bassa e alta (per la cannabis bassa voleva dire da 1 a 40 volte nell'anno precedente). Obiettivo era lo stato di malattia parodontale a 32 anni, con i cambiamenti tra 26 e 32, determinata da perdita combinata di aderenza dei denti alle gengive (CAL) misurata in tre punti per dente. E' risultato che a 32 anni quasi un terzo dei giovani presentava CAL con riduzione di 4 mm e il 12% di 5 mm, c'era anche un crescendo di casi incidenti cioè nuovi dai 26 ai 32 anni in relazione al grado di esposizione alla cannabis. Dopo la correzione di fattori quali fumo di sigaretta, sesso, presenza di placca, per il gruppo con maggiore uso di cannabis il rischio relativo di CAL con perdita di 4 mm o più era 1,6 e per 5 mm o più addirittura 3,1. A sua volta il tabacco è apparso strettamente associato con la malattia parodontale, ma non è risultata un'interazione tra uso di cannabis e di tabacco nella predittività dello sviluppo della malattia. Da notare che mentre per fumo di tabacco e cannabis c'era un legame con la maggiore incidenza di parodontopatia prima dei 32 anni, per la placca non c'era ed era inconsistente anche per la prevalenza. La placca, per dirla con l'editoriale, era il cane che non abbaia o lo fa piano: ciò significherebbe che, mentre è un fattore importante nella prevenzione secondaria della parodontite distruttiva, la prevenzione primaria dovrebbe includere la correzione del fumo e di altre abitudini non salutari.
Possibili rischi sistemici e danni ai tessuti
Si ritiene che il fumo di tabacco esplichi un'azione lesiva sul parodonto per via degli effetti sistemici della nicotina e di altri componenti a livello della funzione immunitaria e della risposta infiammatoria nel tessuto. Ma anche la cannabis contiene più di 400 sostanze compresi più di 60 cannabinoidi; i costituenti non cannabinoidi sarebbero simili a quelli del tabacco, eccetto la nicotina, e a loro carico sono stati indicati rischi di danni sistemici ed effetti patologici nei tessuti dello stesso tipo di quelli del fumo di sigaretta. Occorrerebbe quindi aumentare la consapevolezza, attraverso un'educazione alla prevenzione, che per la salute della bocca e dei denti non sono pericolosi solo abuso di dolciumi e scarsa igiene orale, ma anche fumo di tabacco e di cannabis; quest'ultima andrebbe considerata nell'elenco delle sostanze d'abuso potenzialmente dannose per i denti, come nelle carie associate a sospetto uso di metanfetamina. La parodontopatia distruttiva è diminuita negli USA dal 7% del 1988 al 4% del 1999-2000: potrebbe essere in parte un effetto non previsto delle campagne anti-fumo, rimarca l'editoriale, a riprova della validità delle campagne pro-prevenzione. E conta la diagnosi: fumo e cannabis si associano a una parodontopatia che può essere individuata molto prima di altre malattie fumo-correlate, come diabete, cardiovasculopatie e certi tumori, che si manifestano più in là con gli anni.
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