Mininvasivi su maxipesi

27 aprile 2007
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Mininvasivi su maxipesi



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E' di pochi giorni fa la notizia della morte di una quattordicenne in cura contro l'obesità. Un'eventualità purtroppo più probabile negli eccessi di peso che configurano una vera obesità: che, è utile ribadirlo, è una malattia, non un problema estetico. Definita da indici di massa corporea (BMI, peso diviso quadrato dell'altezza in metri) che superano il valore 30 e nelle forme gravi 35, contro una soglia di normalità di 25, nei casi severi l'obesità si accompagna infatti a un incremento di complicanze come diabete, ipertensione, insufficienza d'organo (cardiaca, respiratoria, epatica), colelitiasi, osteoartrosi, alcuni tumori e rischio di morte improvvisa circa 60 volte più alto che nei normopeso. Oltre certi livelli di BMI, nei casi indicati, offre chance di guarigione la chirurgia, detta in questo caso bariatrica, che si è rinnovata e dispone di possibilità diversificate d'intervento, in gran parte realizzabili con modalità mininvasiva e cioè in videolaparoscopia. Il punto lo farà a Bergamo il 3-5 maggio il XV Congresso della SICOB (Società italiana di chirurgia dell'obesità), presentato a Milano. "La chirurgia è l'unico approccio che consente risultati duraturi nel tempo, a differenza di trattamenti farmacologici o dietetici" rileva Pietro Forestieri, presidente SICOB. Ma il problema va affrontato dalla prevenzione (a partire dalle scuole) e l'attenzione va rivolta non all'obesità bensì al paziente obeso, come enfatizza il titolo del meeting.

Interventi in videolaparoscopia


Il numero di italiani affetti da obesità è stimato intorno a cinque milioni (contro 16 circa soprappeso), con un incremento del 9% solo rispetto a cinque anni fa e più marcato per le forme gravi; il 10% è francamente obeso, soprattutto donne e residenti nel Meridione; c'è poi il record europeo di bambini sovrappeso e obesi. Questo comporta, in aggiunta a rischi di morbilità e mortalità, peggioramento generale della qualità di vita, con abbandono dell'attività lavorativa per tre gravi obesi su tre, e costi sociali valutabili in 23 miliardi di euro annui per sole spese sanitarie. Circa 1,5 milioni sono gli obesi che potrebbero giovarsi della chirurgia bariatrica, che si rivolge a casi con BMI >35 in presenza di copatologie o >40, dopo terapie dietologiche e farmacologiche; gli studi ne hanno mostrato i benefici a lungo termine in termine di riduzione di morbilità e mortalità, confermati dal Registro SICOB. "La chirurgia però non basta, occorrono la consapevolezza del paziente e un team multidisciplinare comprensivo di nutrizionista, psicologo e fisiatra" precisa Roberto Sacco, responsabile di Chirurgia dell'Humanitas Gavazzeni di Bergamo e presidente del congresso. "L'intervento va personalizzato" aggiunge. "Comunque non è più epoca di "grandi tagli", con la laparoscopia bastano incisioni di 1-2 cm e la ripresa post-operatoria è più rapida, ci si può operare nel fine settimana e tornare al lavoro i primi giorni della successiva".

Una varietà di opzioni


Ci sono due tipi di interventi, i restrittivi gastrici che riducono il cibo introdotto (ma non si soffre la fame), e i malassorbitivi che diminuiscono appunto il suo assorbimento. Tra i primi il palloncino intragastrico che dà sazietà e si lascia circa sei mesi; il bendaggio gastrico regolabile con un anello di silicone definitivo nella parte alta dello stomaco; la gastroplastica verticale che crea una tasca permanente; il by-pass gastrico che riduce anche l'assorbimento e può richiedere l'uso di integratori. Tra i secondi la diversione bilio-pancreatica che necessita anch'essa di supplementazioni dietetiche e il by-pass bilio-intestinale. Varianti in studio sono per esempio la defunzionalizzazione dello stomaco, o il pace-maker gastrico per indurre la sazietà che sembra però più utile per il mantenimento. Con la chirurgia si possono perdere 40 chili e anche più. "Tutti gli operati richiedono perciò la chirurgia plastica, per rimodellare arti, mammelle e addome, ma il problema è che i centri sono pochissimi, inoltre i sistemi retributivi delle prestazioni o DRG ormai inadeguati e molto variabili tra Regioni" conclude Forestieri.

Elettra Vecchia



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