07 settembre 2007
Aggiornamenti e focus
Bisturi allunga vita
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Per far fronte all'incremento dei casi di franca obesità, la chirurgia bariatrica (dal greco barus: pesante) si è andata espandendo e differenziando nelle tecniche, con risultati sempre migliori e modalità sempre meno invasive. Dato che un peso fortemente in eccesso si associa a maggiore mortalità e che l'abbassamento riduce fattori di rischio come ipertensione e dislipidemia, ne dovrebbe derivare che la diminuzione attiva aumenti l'aspettativa di vita degli obesi: le dimostrazioni degli studi sono state però carenti, alcune evidenze epidemiologiche sono state anzi opposte, ma sembra senza distinguere tra le riduzioni intenzionali e non. Ora due studi pubblicati sul New England Journal of Medicine indicherebbero un chiaro effetto allunga-vita ottenuto dalla chirurgia bariatrica. Non solo, potrebbero costituire, come si afferma nell'editoriale, la premessa per un riesame dei criteri delle linee-guida pubblicate nel 1991, che propongono di considerare questo approccio terapeutico per le obesità con un indice di massa corporea (BMI) superiore a 40 o a 35 se in presenza di comorbilità.
Il primo dei due è uno studio prospettico svedese denominato SOS (Swedish Obese Study), che ha coinvolto oltre quattromila soggetti dai 37 ai 60 anni con BMI di almeno 34 per gli uomini e almeno 38 per le donne, valori che indicano per gli Scandinavi circa un raddoppio di mortalità rispetto ai 20-25 nella norma, con un periodo di osservazione fino a 15 anni. Di essi circa metà su sua richiesta e si è sottoposto alla terapia chirurgica e l'altra metà ai trattamenti convenzionali, considerati come gruppo di controllo; gli interventi sono consistiti in bypass gastrico, gastroplastica verticale e bendaggio. Dopo dieci anni, le perdite di peso negli operati sono apparse stabilizzate tra il 14 e il 25% a seconda delle tecniche, con diminuzioni maggiori uno-due anni dopo l'intervento, in confronto al quasi 2% tra i controlli. Nei trattati chirurgicamente si è avuta una diminuzione significativa di mortalità totale: dopo l'aggiustamento per età, sesso e altri fattori il tasso è risultato calato del 29% rispetto ai controlli (principali cause di morte infarto miocardico e tumori).
Quanto all'altra ricerca, è uno studio retrospettivo su quasi 10 mila americani obesi con intervento di bypass gastrico e altrettanti come controlli. In questo caso la mortalità per tutte le cause, in un periodo medio di osservazione di sette anni e dopo gli aggiustamenti, è apparsa ridotta del 40% rispetto ai controlli; quella causa-specifica era diminuita addirittura del 92% nel caso del diabete, del 56% per la coronaropatia, del 60% per i tumori. Negli operati si è però osservato un maggior numero di decessi accidentali o per suicidio: va detto che in molti obesi gravi, prima dell'intervento, si riscontrano disturbi dell'umore o altri di ambito psichiatrico, tanto che i centri di chirurgia bariatrica raccomandano anche una valutazione psicologica ed eventualmente un trattamento specifico prima dell'operazione.
I risultati in termini di riduzione di mortalità appariranno ancora migliori che in questi studi, sottolinea l'editoriale, data la progressiva sostituzione dopo quei periodi d'osservazione delle tecniche tradizionali con quelle laparoscopiche, con minore stress operatorio, minore mortalità e più rapida ripresa post-operatoria. E va ricordato che con la terapia chirurgica c'è il vantaggio di un mantenimento più duraturo dei risultati ottenuti. Quanto al fatto che in questi come in altri studi i benefici dell'approccio chirurgico riguardo alla morbilità e alla mortalità appaiano anche per valori di BMI inferiori a quelli previsti dalle linee guida, potrebbe essere il caso di riconsiderare queste ultime. Lo suggeriscono la riduzione della mortalità per diabete e cancro, ricordando che per esempio per il primo l'obesità è il più forte elemento predittivo di rischio: uno studio aveva suggerito già nel 2004 che la chirurgia bariatrica fosse una delle migliori strategie terapeutiche contro il diabete.
Elettra Vecchia
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A dieci anni peso ridotto e meno decessi
Il primo dei due è uno studio prospettico svedese denominato SOS (Swedish Obese Study), che ha coinvolto oltre quattromila soggetti dai 37 ai 60 anni con BMI di almeno 34 per gli uomini e almeno 38 per le donne, valori che indicano per gli Scandinavi circa un raddoppio di mortalità rispetto ai 20-25 nella norma, con un periodo di osservazione fino a 15 anni. Di essi circa metà su sua richiesta e si è sottoposto alla terapia chirurgica e l'altra metà ai trattamenti convenzionali, considerati come gruppo di controllo; gli interventi sono consistiti in bypass gastrico, gastroplastica verticale e bendaggio. Dopo dieci anni, le perdite di peso negli operati sono apparse stabilizzate tra il 14 e il 25% a seconda delle tecniche, con diminuzioni maggiori uno-due anni dopo l'intervento, in confronto al quasi 2% tra i controlli. Nei trattati chirurgicamente si è avuta una diminuzione significativa di mortalità totale: dopo l'aggiustamento per età, sesso e altri fattori il tasso è risultato calato del 29% rispetto ai controlli (principali cause di morte infarto miocardico e tumori).
Quanto all'altra ricerca, è uno studio retrospettivo su quasi 10 mila americani obesi con intervento di bypass gastrico e altrettanti come controlli. In questo caso la mortalità per tutte le cause, in un periodo medio di osservazione di sette anni e dopo gli aggiustamenti, è apparsa ridotta del 40% rispetto ai controlli; quella causa-specifica era diminuita addirittura del 92% nel caso del diabete, del 56% per la coronaropatia, del 60% per i tumori. Negli operati si è però osservato un maggior numero di decessi accidentali o per suicidio: va detto che in molti obesi gravi, prima dell'intervento, si riscontrano disturbi dell'umore o altri di ambito psichiatrico, tanto che i centri di chirurgia bariatrica raccomandano anche una valutazione psicologica ed eventualmente un trattamento specifico prima dell'operazione.
Vantaggi per diabete, coronaropatia, tumori
I risultati in termini di riduzione di mortalità appariranno ancora migliori che in questi studi, sottolinea l'editoriale, data la progressiva sostituzione dopo quei periodi d'osservazione delle tecniche tradizionali con quelle laparoscopiche, con minore stress operatorio, minore mortalità e più rapida ripresa post-operatoria. E va ricordato che con la terapia chirurgica c'è il vantaggio di un mantenimento più duraturo dei risultati ottenuti. Quanto al fatto che in questi come in altri studi i benefici dell'approccio chirurgico riguardo alla morbilità e alla mortalità appaiano anche per valori di BMI inferiori a quelli previsti dalle linee guida, potrebbe essere il caso di riconsiderare queste ultime. Lo suggeriscono la riduzione della mortalità per diabete e cancro, ricordando che per esempio per il primo l'obesità è il più forte elemento predittivo di rischio: uno studio aveva suggerito già nel 2004 che la chirurgia bariatrica fosse una delle migliori strategie terapeutiche contro il diabete.
Elettra Vecchia
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