07 aprile 2004
Aggiornamenti e focus
Vaccini: nuova assoluzione
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Le vaccinazioni infantili sono spesso messe sotto la lente di ingrandimento, e con qualche apprensione. In effetti anche l'ultima accusa, quella di determinare lo sviluppo del diabete tipo 1 (quello insulino-dipendente) è però smentita da un corposo studio condotto in Danimarca su quasi tutte le possibili combinazioni di vaccini.
In effetti il diabete tipo 1 è in aumento nei paesi industrializzati, e c'è stata una coincidenza temporale di questo fenomeno con l'introduzione delle vaccinazioni obbligatorie. Poi vi erano stati alcuni risultati sulla cavia, dove si era visto che alcune vaccinazioni potevano prevenire la malattia e altre favorirla. Infine, viste le anormalità di distribuzione dei casi anche tra consanguinei, prendeva sostanza l'ipotesi che il diabete insulino-dipendente avesse nel contatto con gli agenti infettivi una causa scatenante. In particolare le attenzioni si erano concentrate sulla vaccinazione contro l'Hemophilus infuentiae b, (Hib), un batterio responsabile soprattutto nei più piccoli di diverse malattie, anche gravi come la meningite. Tuttavia l'accusa era stata estesa anche alle vaccinazioni contro morbillo, rosolia, pertosse e parotite. Insomma tutto il corredo delle immunizzazioni pediatriche cui va aggiunta l'antipolio (oggi con vaccino inattivato). In particolare, secondo i dati disponibili il diabete tendeva a comparire da 2 a 4 anni dopo le vaccinazioni. Però, attenzione: il quadro non era chiarissimo, in quanto vi era chi sosteneva che le vaccinazioni avessero un effetto ambivalente: eseguite dopo i primi due mesi di vita erano un fattore predisponente al diabete mentre se praticate entro il primo mese avevano un effetto protettivo.
Lo studio ha seguito tutti i bambini danesi nati tra il 1 gennaio 1990 e il 31 dicembre 2000, tenendo presenti sia le immunizzazioni subite sia le diagnosi di diabete tipo 1 sia, infine, la presenza di consanguinei affetti dalla malattia. Per la precisione, nel periodo indicato, in Danimarca erano previste le seguenti vaccinazioni: pertosse, morbillo, parotite, rosolia, difterite, tetano, poliomielite, e H. influenzae tipo b. Il tutto in diverse combinazioni, cioè ricorrendo anche a vaccini trivalent (per esempio morbillo, parotite rosolia) e magari a cosomministrazioni (per esempio con l'antipolio). In totale su oltre 4 milioni/anno di bambini si sono verificati 681 casi di diabete tipo1, 26 dei quali in piccoli che avevano un consanguineo con la malattia. Tuttavia non è stato possibile ritrovare segni statistici che indicassero un ruolo delle vaccinazioni, di qualsiasi vaccinazione, nel sorgere della malattia. Se così fosse stato, infatti, si sarebbe dovuto osservare un aumento dei casi in corrispondenza delle dosi successive, oppure all'interno della finestra che va dal secondo al quarto anno dopo la vaccinazione. Nemmeno nei casi in cui vi siano indicazioni di una predisposizione genetica la vaccinazione sembra avere un ruolo, anche se in questo caso i dati erano più limitati. Insomma, vaccinazioni assolte ancora una volta. Non che per questo si debba smettere di sorvegliare questa pratica: la cautela è sempre d'obbligo, così come non nascondere i sospetti. A patto, poi, di comunicare anche le eventuali smentite.
Maurizio Imperiali
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Che cosa ha originato il sospetto?
In effetti il diabete tipo 1 è in aumento nei paesi industrializzati, e c'è stata una coincidenza temporale di questo fenomeno con l'introduzione delle vaccinazioni obbligatorie. Poi vi erano stati alcuni risultati sulla cavia, dove si era visto che alcune vaccinazioni potevano prevenire la malattia e altre favorirla. Infine, viste le anormalità di distribuzione dei casi anche tra consanguinei, prendeva sostanza l'ipotesi che il diabete insulino-dipendente avesse nel contatto con gli agenti infettivi una causa scatenante. In particolare le attenzioni si erano concentrate sulla vaccinazione contro l'Hemophilus infuentiae b, (Hib), un batterio responsabile soprattutto nei più piccoli di diverse malattie, anche gravi come la meningite. Tuttavia l'accusa era stata estesa anche alle vaccinazioni contro morbillo, rosolia, pertosse e parotite. Insomma tutto il corredo delle immunizzazioni pediatriche cui va aggiunta l'antipolio (oggi con vaccino inattivato). In particolare, secondo i dati disponibili il diabete tendeva a comparire da 2 a 4 anni dopo le vaccinazioni. Però, attenzione: il quadro non era chiarissimo, in quanto vi era chi sosteneva che le vaccinazioni avessero un effetto ambivalente: eseguite dopo i primi due mesi di vita erano un fattore predisponente al diabete mentre se praticate entro il primo mese avevano un effetto protettivo.
Nessun legame dimostrato
Lo studio ha seguito tutti i bambini danesi nati tra il 1 gennaio 1990 e il 31 dicembre 2000, tenendo presenti sia le immunizzazioni subite sia le diagnosi di diabete tipo 1 sia, infine, la presenza di consanguinei affetti dalla malattia. Per la precisione, nel periodo indicato, in Danimarca erano previste le seguenti vaccinazioni: pertosse, morbillo, parotite, rosolia, difterite, tetano, poliomielite, e H. influenzae tipo b. Il tutto in diverse combinazioni, cioè ricorrendo anche a vaccini trivalent (per esempio morbillo, parotite rosolia) e magari a cosomministrazioni (per esempio con l'antipolio). In totale su oltre 4 milioni/anno di bambini si sono verificati 681 casi di diabete tipo1, 26 dei quali in piccoli che avevano un consanguineo con la malattia. Tuttavia non è stato possibile ritrovare segni statistici che indicassero un ruolo delle vaccinazioni, di qualsiasi vaccinazione, nel sorgere della malattia. Se così fosse stato, infatti, si sarebbe dovuto osservare un aumento dei casi in corrispondenza delle dosi successive, oppure all'interno della finestra che va dal secondo al quarto anno dopo la vaccinazione. Nemmeno nei casi in cui vi siano indicazioni di una predisposizione genetica la vaccinazione sembra avere un ruolo, anche se in questo caso i dati erano più limitati. Insomma, vaccinazioni assolte ancora una volta. Non che per questo si debba smettere di sorvegliare questa pratica: la cautela è sempre d'obbligo, così come non nascondere i sospetti. A patto, poi, di comunicare anche le eventuali smentite.
Maurizio Imperiali
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