Ancora cinque anni

03 dicembre 2004
Aggiornamenti e focus

Ancora cinque anni



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Quanto tempo dovrà trascorrere prima di poter disporre di un vaccino efficace per l'uomo? Cinque anni - secondo Robert Gallo, uno degli scopritori del virus dell'Hiv. Solo allora, infatti, ci sarà la possibilità di verificare i risultati di alcuni vaccini interessanti oggi allo studio. Non si può ancora dire, però, se questi esperimenti saranno un successo o un fallimento né se si tratterà di un vaccino efficace e sicuro. Quello che è certo è che le prove scientifiche dimostrano che si può arrivare a un vaccino. Ma quali sono le difficoltà?

Il punto della situazione


Dal punto di vista scientifico la difficoltà nella creazione del vaccino risiede nella natura stessa del virus. Se, infatti, per infezioni come il morbillo, la polio o qualsiasi altra infezione per la quale si sia creato un vaccino, le persone dopo essere state infettate producono difese che le immunizzano, per l'Aids non è così. Il virus cioè distrugge le stesse cellule del sistema immunitario che dovrebbero essere stimolate all'azione dal vaccino. Non solo. L'Hiv si trasforma a grande velocità. Se ne conoscono nove sottotipi e una volta nel corpo comincia a mutare rapidamente rendendo arduo il suo smascheramento dal sistema immunitario. Infine il virus ha molte vie di trasmissione. Dunque sono differenti i sistemi immunitari da stimolare. Due comunque le direzioni verso cui ci si è mossi sino a ora: prevenire l'infezione, quella meno percorribile, e aiutare nel controllo della malattia.

Vaccino preventivo


I vaccini come l'antitetanica, l'antipolio, l'antimorbillo e l'antiepatite, prevengono la malattia senza prevenire l'infezione. Infatti riducono immediatamente la carica virale o batterica che invade l'organismo impedendo che questo possa provocare la malattia. Vi sono evidenze attuali che il vaccino anti-HIV possa essere in grado di ridurre drasticamente il rischio di malattia. L'elaborazione dei vaccini anti-HIV sta procedendo su diverse linee. Si è riusciti a isolare alcune proteine virali che, trattate con particolari metodiche e iniettate in tre o quattro momenti successivi, determinerebbero una risposta anticorpale, utile al controllo della malattia. Vista la grande variabilità del virus si è fatto in modo di costruire virus "chimere" formati dalle parti più conservate e strategiche dell'HIV, in modo che la difesa immunitaria, scatenata da tale vaccino, possa riconoscere la maggior parte delle varietà di HIV conosciute.

Vaccino terapeutico

Si punta molto di più sul vaccino terapeutico cioè in grado di aiutare il sistema immunitario dell'organismo infetto a ricostruire una difesa specifica e valida contro il virus. Stimolare il sistema immunitario, ma la questione è ancora discussa, potrebbe essere la strada giusta per trasformare la malattia in patologia cronica, curabile con cicli di terapie e cicli di vaccini alternando il controllo del sistema immunitario a quello dei farmaci e viceversa. Accanto alla sperimentazione dei vaccini, esiste una serie di ricerche che coinvolgono sostanze cosiddette immunostimolanti. Metodiche terapeutiche cioè che hanno come obiettivo lo stimolare o il regolare il sistema immunitario. Una di queste metodiche, la più promettente viene da una collaborazione francese-brasiliana e utilizza particolari cellule, chiamate dendritiche, che aiutano il sistema immunitario a identificare gli agenti infettivi. Un'altra delle strade possibili è italiana ed è stata intrapresa da Barbara Ensoli dei laboratori dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss). Ma a che punto siamo?

La via italiana al vaccino

La strategia italiana è quella di utilizzare come antigene una proteina che regola la replicazione virale invece di una proteina di superficie. Si tratta della proteina Tat, che rimane praticamente identica in tutti i ceppi virali, e garantisce l'efficacia del vaccino su più varianti dell'HIV. La Tat viene prodotta subito dopo l'entrata del virus nella cellula ed è fondamentale per la replicazione del virus e la progressione della malattia. Studi sperimentali sulle scimmie hanno dimostrato che la somministrazione di questa proteina non ha effetti tossici e induce una risposta immunitaria completa, cioè sia anticorpale che cellulare, in grado di bloccare la replicazione del virus e di conseguenza lo sviluppo della malattia. E sugli uomini? Sono circa 46 i volontari che sono stati arruolati per la fase I di sperimentazione del vaccino, anche se ce ne sono altri in pre-screening. Secondo le ultime precisazioni del presidente dell'Iss, Enrico Garaci, questa fase si è appena conclusa, ma alcuni dei volontari sono in trattamento e i dati in fase di elaborazione. Come a dire che i tempi sono ancora lunghi e i primi risultati ufficiali non arriveranno prima di giugno. La stessa Ensoli nel corso di un convegno svoltosi all'Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma ha precisato che il vaccino sarà prodotto in Italia e a produrlo sarà una struttura ad alta specializzazione di Fano, con il coordinamento dell'Iss e dell'università di Urbino. La fase II potrebbe iniziare già nel 2005 per concludersi nel 2007, mentre per la fase III bisognerà ancora attendere. Ma come ha dichiarato Robert Gallo: "non c'è altra strada se non quella di andare avanti".

Marco Malagutti



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