07 luglio 2006
Aggiornamenti e focus
Vecchi batteri tornano
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Delle tante classificazioni possibili nel mondo dei batteri, la distinzione tra gram-negativi e gram-positivi è forse la più importante. L'origine di questa classificazione risale agli albori della microbiologia, e si basa sulla capacità di una certa colorazione, messa a punto dal danese Hans Christian Gram, appunto, di aderire al batterio. La distinzione è fondamentale soprattutto per la scelta della terapia: gram-positivi e negativi, infatti, sono suscettibili, o più suscettibili, ad antibiotici differenti. Un esempio di batterio gram-negativo largamente diffuso è l'E.coli, responsabile tra l'altro di buona parte delle cistiti batteriche; un formidabile campione dei gram-positivi è invece lo Streptococcus pneumoniae, o pneumococco, cui si deve un gran numero di polmoniti nell'adulto e di meningiti nella popolazione pediatrica. I gram-positivi sono di norma più sensibili alle penicilline e simili, che però sono relativamente meno efficaci verso i negativi, sui quali invece sono molto efficaci i chinoloni, per esempio.
Gram-positivi e Gram-negativi hanno, complessivamente, una diffusione abbastanza simile anche se, come già detto, in alcune infezioni si può riconoscere una prevalenza degli uni o degli altri. Però questo non è un dato statico, ma si osservano alcune fluttuazioni. E' il caso di una delle infezioni più gravi e pericolose: la sepsi, cioè la situazione in cui il batterio non ha colonizzato un organo o un distretto (l'orecchio piuttosto che il polmone) ma il sangue, ragion per cui si ha una malattia diffusa che può portare alla morte con grande facilità. Spesso questo tipo di infezione è intra-ospedaliera, si verifica cioè in persone ricoverate e altrettanto spesso è una conseguenza dell'uso di cateteri venosi centrali e altre manovre invasive. Nella sepsi, fino agli anni settanta, i batteri più spesso coinvolti erano gram-negativi; in seguito, invece, si è visto un aumento del ruolo dei gram-positivi. Ora, però, uno studio statunitense, condotto dal 1996 al 2003 in un grande ospedale da 625 letti, ha segnalato un ritorno dei gram-negativi come causa della sepsi. Dal 199 al 2003, le infezioni del sangue sostenute da batteri di questo tipo hanno superato per numero quelle dovute agli enterococchi e allo Staphylococcus aureus, i gram-positivi più facilmente associati alla sepsi assieme ai cosiddetti CNS (stafilococchi coagulasi-negativi). In un dato, la presenza di questi batteri è passata dal 15,9% al 24% in quattro anni.
Secondo gli autori della ricerca, questo ritorno ha di molto complicato il lavoro del medico, anche perché nel frattempo i batteri gram-negativi hanno sviluppato un certo numero di resistenze ai farmaci normalmente impiegati. In queste infezioni gravi, infatti, è importantissimo cominciare da subito una terapia quanto più possibile efficace, e questo senza poter aspettare gli esami microbiologici che rivelano di quale batterio si tratta e a quali antibiotici è vulnerabile. Si procede dunque in modo empirico, somministrando l'antibiotico più efficace per la famiglia di batteri più probabilmente alla base della malattia. Però, se i dati sono cambiati, è chiaro che il medico non può più fidarsi di un farmaco che abbia una potente azione sui gram-positivi e una minore efficacia sui negativi. La questione è ulteriormente complicata dal fatto che negli ultimi anni l'attenzione della ricerca sugli antibiotici si è concentrata sui gram-positivi, tanto che anche i chinolonici di ultima generazione hanno tra le loro caratteristiche, per esempio, l'azione sullo pneumococco.
Gli autori della ricerca ammettono che questa situazione va confermata da indagini più ampie, ma il campanello d'allarme è suonato.
Maurizio Imperiali
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La prevalenza cambia nel tempo
Gram-positivi e Gram-negativi hanno, complessivamente, una diffusione abbastanza simile anche se, come già detto, in alcune infezioni si può riconoscere una prevalenza degli uni o degli altri. Però questo non è un dato statico, ma si osservano alcune fluttuazioni. E' il caso di una delle infezioni più gravi e pericolose: la sepsi, cioè la situazione in cui il batterio non ha colonizzato un organo o un distretto (l'orecchio piuttosto che il polmone) ma il sangue, ragion per cui si ha una malattia diffusa che può portare alla morte con grande facilità. Spesso questo tipo di infezione è intra-ospedaliera, si verifica cioè in persone ricoverate e altrettanto spesso è una conseguenza dell'uso di cateteri venosi centrali e altre manovre invasive. Nella sepsi, fino agli anni settanta, i batteri più spesso coinvolti erano gram-negativi; in seguito, invece, si è visto un aumento del ruolo dei gram-positivi. Ora, però, uno studio statunitense, condotto dal 1996 al 2003 in un grande ospedale da 625 letti, ha segnalato un ritorno dei gram-negativi come causa della sepsi. Dal 199 al 2003, le infezioni del sangue sostenute da batteri di questo tipo hanno superato per numero quelle dovute agli enterococchi e allo Staphylococcus aureus, i gram-positivi più facilmente associati alla sepsi assieme ai cosiddetti CNS (stafilococchi coagulasi-negativi). In un dato, la presenza di questi batteri è passata dal 15,9% al 24% in quattro anni.
Scelta del farmaco più complessa
Secondo gli autori della ricerca, questo ritorno ha di molto complicato il lavoro del medico, anche perché nel frattempo i batteri gram-negativi hanno sviluppato un certo numero di resistenze ai farmaci normalmente impiegati. In queste infezioni gravi, infatti, è importantissimo cominciare da subito una terapia quanto più possibile efficace, e questo senza poter aspettare gli esami microbiologici che rivelano di quale batterio si tratta e a quali antibiotici è vulnerabile. Si procede dunque in modo empirico, somministrando l'antibiotico più efficace per la famiglia di batteri più probabilmente alla base della malattia. Però, se i dati sono cambiati, è chiaro che il medico non può più fidarsi di un farmaco che abbia una potente azione sui gram-positivi e una minore efficacia sui negativi. La questione è ulteriormente complicata dal fatto che negli ultimi anni l'attenzione della ricerca sugli antibiotici si è concentrata sui gram-positivi, tanto che anche i chinolonici di ultima generazione hanno tra le loro caratteristiche, per esempio, l'azione sullo pneumococco.
Gli autori della ricerca ammettono che questa situazione va confermata da indagini più ampie, ma il campanello d'allarme è suonato.
Maurizio Imperiali
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