Divorati dalla malattia

12 luglio 2006
Aggiornamenti e focus

Divorati dalla malattia



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"Nel 2001 la mia equipe visitò una comunità agricola nel nord ovest della Nigeria. La notizia si diffuse velocemente e arrivò quasi subito un contadino con una delle sue tre mogli e la loro figlioletta di due anni. La madre ci raccontò che la bambina era la sua quinta figlia e che tre degli altri fratelli erano morti entro i cinque anni, due di febbre alta e uno di noma, una malattia infettiva non contagiosa che distrugge i tessuti molli e ossei della bocca e può portare a deturpazione del volto" con queste parole Cyril O. Enwonwu dell'università del Maryland raccontava sul New England Journal of Medicine una terribile malattia, pressoché dimenticata dal mondo civilizzato, e ribattezzata appunto noma. Lo stesso ricercatore sull'ultimo numero di Lancet riporta all'attenzione generale il problema della stomatite cancerosa (questo il nome tecnico) e i numeri della sua diffusione. Numeri che si spera diano una scossa alle coscienze.

L'ulcera della povertà


Il nome, per cominciare: che cosa significa noma? Deriva dal greco nemo che significa erodere o divorare, a sottolinearne la straordinaria velocità evolutiva. L'incidenza di noma acuto raggiunge il suo picco tra il primo e il quarto anno di vita, anche se casi tardivi possono verificarsi anche in adolescenti e adulti. Se oggi questa infezione opportunistica è tipica dei paesi che vivono in estrema povertà un tempo di noma si parlava anche alle nostre latitudini. La malattia, poi, salvo alcuni casi sporadici nei campi di concentramento di Bergen-Belsen e Auschwitz, e alcuni più recenti associati alla diffusione dell'Aids, era già scomparsa agli inizi del XX secolo. Noma è diffusa oggi solo nelle comunità caratterizzate da povertà estrema, malnutrizione, acqua potabile contaminata, servizi igienici scadenti, scarsa pratica di igiene orale, elevata mortalità infantile, limitata accessibilità ai servizi sanitari. Fattori che comportano infezioni frequenti e quindi una stimolazione cronica e ricorrente del sistema immunitario. Il noma è, infatti, preceduto da una malattia come morbillo, malaria, diarrea o gengivite ulcerosa necrotizzante. Tutti fenomeni piuttosto frequenti nei paesi del Terzo Mondo e in particolare nella fascia dell'Africa Subsahariana. Del resto le stime più recenti dell'OMS parlano di 140 mila casi l'anno nel mondo, con una mortalità del 70-80% nei soggetti non adeguatamente trattati. Cifre importanti soprattutto se si tiene conto del fatto che ben poche delle persone affette si rivolge all'assistenza medica. Ma si può curare? Il noma insorge generalmente come un'ulcera gengivale, molto spesso sostenuta da Fusobacterium necrophorum ma anche da altri agenti patogeni, e all'inizio può essere facilmente trattata con disinfettanti locali, antibiotici e miglioramento dell'alimentazione. Se questo non succede l'ulcera si estende velocemente alla guancia e al labbro. L'esito finale dipende dalla zona coinvolta, dall'estensione e dalla profondità della lesione nonché dallo stadio di sviluppo della mucosa orale. Ma sopravvivere alla malattia vuol dire comunque essere gravemente sfigurato ed emarginato dalla società. Un esito inaccettabile, soprattutto se si considera che la malattia è facilmente prevenibile. E l'articolo di Lancet lo ribadisce. Sensibilizzare nelle aree più colpite perché i genitori e i presidi sanitari locali siano informati dei rischi collegati alle piccole lesioni del cavo orale nella prima infanzia, eliminare le peggiori sacche di penuria alimentare, stimolare l'adozione di norme igieniche minime e l'allattamento al seno. Missione impossibile?

Marco Malagutti



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