19 settembre 2007
Aggiornamenti e focus
Malattie da non dimenticare
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E' l'epidemiologia di una malattia che ne determina l'importanza a livello di sanità pubblica e che, quindi, guida le scelte delle autorità sanitarie locali e mondiali. In generale, quando una malattia risulta eradicata si smette di preoccuparsene e di agire di conseguenza, e, se ce ne sono state, si sospendono le campagne di immunizzazione. Al contrario, quando i dati epidemiologici segnalano una diffusione elevata a carattere epidemico e conseguenze severe, si prendono provvedimenti. Ne sono esempio la recente scelta di molte nazioni di adottare la vaccinazione delle giovani contro il Papillomavirus per proteggerle dal tumore cervicale, il vaccino antinfluenzale nella popolazione anziana e la vaccinazione antimeningococcica per controllare la meningite.
Tuttavia, commentano alcuni ricercatori sulle pagine del New England Journal of Medicine, ci sono patologie che, per vari motivi, perdono l'attenzione mondiale, nonostante abbiano numeri tutt'altro che trascurabili. E' il caso della febbre tifoide, che per gli epidemiologi meno allarmistici risulta colpire 22 milioni di persone e causare 216 mila decessi, per esempio, solo nel 2000, un numero non molto distante dalle 270 mila morti associate al tumore cervicale. Alcune decine di anni fa si intervenne in merito con antibiotici, relativamente poco costosi, che abbassarono la mortalità. Ma nel tempo hanno perso efficacia: il batterio Salmonella typhi ha sviluppato resistenza rendendo progressivamente i farmaci meno efficaci. Il risultato sono queste cifre per altro difficili anche da definire per la sovrapposizione del quadro clinico con altre malattie febbrili, per la mancanza di conferme da esami di laboratorio e per il sistema poco efficace di segnalazione delle malattie nei paesi in via di sviluppo, dove spesso è una patologia endemica.
Il vaccino, a questo punto unico strumento efficace per un intervento esteso, esiste ed è stato usato in Thailandia negli anni '70 e '80 per l'immunizzazione di massa dei bambini in età scolare, la fascia più colpita, con buoni risultati sul controllo della febbre tifoide. Ma a causa dell'alta frequenza di effetti collaterali, tipici dei vaccini di vecchia generazione, è stato abbandonato nella gestione della sanità pubblica. A livello teorico, sarebbero in arrivo due nuovi vaccini allestiti uno con il polisaccaride capsulare purificato Vi del batterio, l'altro con ceppo di S. typhi Ty 21a, vivo ma attenuato (il ceppo Ty 21a è un mutante stabile di S. typhi ottenuto in laboratorio e privo di alcuni enzimi). Hanno un elevato profilo di sicurezza e la protezione è stata dimostrata per sette anni, ma per averlo in commercio bisogna attendere. Tuttavia l'organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato il vaccino almeno per la fascia di età scolare nelle aree geografiche più a rischio, dove la febbre tifoide è un problema di sanità pubblica e il batterio è resistente agli antibiotici, ma solo Cina e Vietnam lo hanno incluso nelle vaccinazioni di routine. Le zone in cui si rende necessario, però, sono molte di più: lo studio DOMI (Diseases of the Most Impoverished) ha rilevato un elevata presenza della malattia tra i bambini di età compresa tra 5 e 15 anni, che vivono nei bassifondi e nelle bidonville di Calcutta di Karachi in Pakistan e Jakarta in Indonesia. Individuando, per altro, anche in batteri tradizionalmente di minore importanza (Salmonella paratyphi e S. enterica) un'ulteriore agente della malattia. Gli infettivologi auspicano che in queste aree, estendendo anche a zone del Sud e del Sud-Est Asiatico dove la malattia è endemica, si possa dare accesso al vaccino, quando sarà disponibile, attraverso il programma Expanded Program on Immunization dell'OMS. L'individuazione della popolazione più a rischio permetterà di canalizzare meglio le risorse e controllare meglio la malattia, rispetto a campagne di immunizzazione universale. Senza perdere vista patogeni precedentemente meno pericolosi.
Simona Zazzetta
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Alzare il livello di attenzione
Tuttavia, commentano alcuni ricercatori sulle pagine del New England Journal of Medicine, ci sono patologie che, per vari motivi, perdono l'attenzione mondiale, nonostante abbiano numeri tutt'altro che trascurabili. E' il caso della febbre tifoide, che per gli epidemiologi meno allarmistici risulta colpire 22 milioni di persone e causare 216 mila decessi, per esempio, solo nel 2000, un numero non molto distante dalle 270 mila morti associate al tumore cervicale. Alcune decine di anni fa si intervenne in merito con antibiotici, relativamente poco costosi, che abbassarono la mortalità. Ma nel tempo hanno perso efficacia: il batterio Salmonella typhi ha sviluppato resistenza rendendo progressivamente i farmaci meno efficaci. Il risultato sono queste cifre per altro difficili anche da definire per la sovrapposizione del quadro clinico con altre malattie febbrili, per la mancanza di conferme da esami di laboratorio e per il sistema poco efficace di segnalazione delle malattie nei paesi in via di sviluppo, dove spesso è una patologia endemica.
Nuovi vaccini, armi efficaci
Il vaccino, a questo punto unico strumento efficace per un intervento esteso, esiste ed è stato usato in Thailandia negli anni '70 e '80 per l'immunizzazione di massa dei bambini in età scolare, la fascia più colpita, con buoni risultati sul controllo della febbre tifoide. Ma a causa dell'alta frequenza di effetti collaterali, tipici dei vaccini di vecchia generazione, è stato abbandonato nella gestione della sanità pubblica. A livello teorico, sarebbero in arrivo due nuovi vaccini allestiti uno con il polisaccaride capsulare purificato Vi del batterio, l'altro con ceppo di S. typhi Ty 21a, vivo ma attenuato (il ceppo Ty 21a è un mutante stabile di S. typhi ottenuto in laboratorio e privo di alcuni enzimi). Hanno un elevato profilo di sicurezza e la protezione è stata dimostrata per sette anni, ma per averlo in commercio bisogna attendere. Tuttavia l'organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato il vaccino almeno per la fascia di età scolare nelle aree geografiche più a rischio, dove la febbre tifoide è un problema di sanità pubblica e il batterio è resistente agli antibiotici, ma solo Cina e Vietnam lo hanno incluso nelle vaccinazioni di routine. Le zone in cui si rende necessario, però, sono molte di più: lo studio DOMI (Diseases of the Most Impoverished) ha rilevato un elevata presenza della malattia tra i bambini di età compresa tra 5 e 15 anni, che vivono nei bassifondi e nelle bidonville di Calcutta di Karachi in Pakistan e Jakarta in Indonesia. Individuando, per altro, anche in batteri tradizionalmente di minore importanza (Salmonella paratyphi e S. enterica) un'ulteriore agente della malattia. Gli infettivologi auspicano che in queste aree, estendendo anche a zone del Sud e del Sud-Est Asiatico dove la malattia è endemica, si possa dare accesso al vaccino, quando sarà disponibile, attraverso il programma Expanded Program on Immunization dell'OMS. L'individuazione della popolazione più a rischio permetterà di canalizzare meglio le risorse e controllare meglio la malattia, rispetto a campagne di immunizzazione universale. Senza perdere vista patogeni precedentemente meno pericolosi.
Simona Zazzetta
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